Scheda: Luogo - Tipo: Edifici monumentali

Chiesa e convento di Santa Croce

La chiesa di Santa Croce, costruita tra il 1718 e il 1732 su progetto di Filippo Juvarra, appartiene al grande complesso conventuale costruito alla fine del Seicento per le Canonichesse Lateranensi.
L'intero complesso fu colpito dal bombardamento dell’8 agosto 1943.

L'edificio destinato al Convento è ora sede della parrocchia Ortodossa Romena dell’Esaltazione della Santa Croce, del Dipartimento di Biologia animale e dell’uomo dell’Università degli Studi e della Polizia di Stato.


Indirizzo: Lat: 45.06559711084214 Long: 7.68876421447203

Costruzione: XVII Sec. (1600-1699)
alla fine del Seicento data la costruzione del complesso conventuale

Costruzione: 1718 - 1732
costruzione della chiesa

Trasformazione: 1856 - 1858
trasformazione di parte dell'ex convento in Ospedale Militare

Costruzione: 1873
costruzione della facciata e interventi sulla cupola

Bombardamento: 08 Dicembre 1942

Bombardamento: 08 Agosto 1943

1. Cenni Storici (1)*

Nel 1533 Carlo II, duca di Savoia, concede alle Canonichesse Regolari Lateranensi di “eriger in Torino un monastero”(2). Le religiose provengono dal monastero dell’Annunziata a Vercelli (3), appartengono all’Ordine di Sant’Agostino, nel 1534 ricevono in dono da Beatrice di Romagnano una casa  nel sito dell’attuale chiesa della Misericordia in via Barbaroux 41, dove si trasferiscono nel 1541 (4) costruendovi una piccola chiesa, consacrata il 5 gennaio 1603 (5).

Alla fine del Seicento il monastero è coinvolto nel riassetto della piazza della cittadella e le monache, costrette in spazi angusti e malsani, decidono di trasferirsi in una nuova sede, cedendo la chiesa e il convento alla Confraternita di San Giovanni decollato (6).

Sull’area che delimita a Sud-Est la piazza fulcro della “città nuova di Po”, piazza Carlo Emanuele II detta piazza Carlina, nel 1685 inizia la costruzione del convento di Santa Croce (7)  che segna tangibilmente l’abbandono del pensiero della piazza ottagonale che si leggeva nel disegno  di scuola di Amedeo di Castellamonte del 1674, Pensieri bellissimi di S.A.R. per i palazzi della sua Piazza Carlina, e che peraltro già l’editto di Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours del 1678  aveva superato e ridotto “à figura quadrata” (8). Le canonichesse lateranensi  si trasferiscono nel nuovo convento nel 1691, come si legge nell’iscrizione presente nel chiostro (9).

Per la costruzione della chiesa bisogna attendere quasi trent’anni e il termine ante quem, per  la conclusione dei lavori di edificazione, è il 1720, indicato da un’iscrizione letta nel 1899 da Gaudenzio Claretta e oggi non più visibile: ”D.O.M. DEIPARAE MISERICORDIAE MATRI ET THRONO  S. CRUCI. MDCCXX“ (10).

Si conoscono i disegni di Filippo Juvarra per la chiesa di San Raffaele, non costruita, conservati nel Museo Civico d’Arte Antica in Palazzo Madama: lo Spaccato del tempio da erigersi ad onore di Iddio e dell’arcangelo Rafaele per ordine di Ma. R.E. (Volume I, carta 65, 1798/DS , inv. gen. 4526) e la Pianta di una chiesa a forma di tempio obligato a 3... principale da erigersi ad onor d’ Iddio e del Arcangelo Rafaele  farsi per ordine di M.Re (Volume I, carta 66, 1799/DS, inv. gen. 4526) che la critica, ha giustamente associato al successivo progetto per Santa Croce, che il Sacchetti colloca nel 1718 (11).

 

La scheda riporta le Notizie storiche sulla chiesa di Santa Croce, redatte da Maria Paola Soffiantino del Servizio Musei e Patrimonio Culturale della Città di Torino, per il Progetto definitivo (ottobre 2012) per gli Interventi di consolidamento del campanile e restauro degli apparati decorativi interni. Lotto I, del Servizio Edilizia per la Cultura, Direzione Servizi Tecnici per l’Edilizia Pubblica della Città di Torino.

2. La chiesa

La chiesa viene realizzata con una pianta ellittica, trasformando i primi pensieri juvariani(12) per San Raffaele, che presentava una pianta circolare, con due cappelle laterali, quattro nicchie e il presbiterio rettangolare. Dietro l’altare maggiore, secondo l’uso agostiniano, c’è il coro, un’aula rettangolare e absidata, che comunica con l’interno della chiesa attraverso una grande finestra affiancata da altre più piccole a grata. L’impianto ovale della chiesa si innalza direttamente nella cupola e il tamburo è sostituito da un giro di finestre, una soluzione architettonica spettacolare e al contempo, forse, più economica. Lo spazio è scandito da un giro di otto colonne d’ordine gigante, scanalate, in marmo di Gassino, sormontate da capitelli compositi, con trabeazione arricchita da stucchi fitomorfi e da una cornice aggettante, su cui si eleva quella sorta di tamburo ellittico, spartito da otto lesene e traforato dalle finestre, di forma rettangolare e ovale, che permettono alla luce di amplificare l’effetto scenografico. Su questa fascia poggia la cupola, a doppia calotta(13), decorata da fascioni, non più esistenti, impostati sulle lesene dell’ordine sottostante e culminante nel lanternino, dotato di alte finestre che aumentano la caduta della luce sulla scenografica decorazione della chiesa. La ricercatezza della decorazione e dell’impianto architettonico sono leggibili nelle sezioni che si conservano nella raccolta di disegni di Bernardo Vittone ora al Musée des Arts Décoratifs di Parigi(14). La sezione della chiesa è rilevata anche, probabilmente per ragioni di studio, da Giacomo Antonio Paracca (15), in un disegno nell’album conservato nel Museo Civico di Torino(16), nel quale si trovano altri due disegni che raffigurano differenti soluzioni per la lanterna che sovrasta la cupola(17).

3. Gli altari

Dal Sacchetti si ha notizia dei disegni di Juvarra, del 1730, per i tre altari della chiesa e, a confermare questi anni per la loro costruzione, si cita il progetto esecutivo per l’altare maggiore di Giovanni Pietro Baroni di Tavigliano, conte Ignazio Agliaudi, databile 1731, che corrisponde con esattezza alla realizzazione(18). L’altare è costituito da un’edicola su colonne composite, in marmo policromo, inserite in larghe paraste; al centro, nella cornice centinata, la pala d’altare sormonta un’apertura mistilinea, con la grata, che permette di intravedere il coro e su cui si staglia il ciborio;  il fastigio si sviluppa dal profilo convesso di un timpano curvilineo spezzato creando una cornice mistilinea che si profila nel gioco di trasparenze della grande finestra tripartita e in cui si inserisce la decorazione plastica e scultorea: la raggiera dorata con la colomba e il trionfo di angeli; sulle due strette pareti ai lati dell’edicola si aprono, sul coro retrostante, quattro finestre rettangolari divise da riquadri decorati da intarsi in marmi policromi.

La grande tela dell’altar maggiore di Claudio Francesco Beaumont (1694-1766)(19) raffigura la Deposizione di Cristo dalla croce (20). L’opera dell’attivissimo pittore di corte è databile intorno 1731 al ritorno dal suo secondo soggiorno romano (1723-1731), manifesta una sapiente costruzione scenografica in cui la composizione e i contrasti cromatici accentuano la drammaticità e riflette il gusto del marattismo imperante nelle chiese romane e napoletane con richiami a Giacinto Brandi, Sebastiano Conca, Francesco Trevisani(21). Il dipinto ebbe un’immediata fortuna critica, segnalato ai viaggiatori del Settecento a partire dalla Guida de’ forestieri di Craveri del 1753 (22), apprezzato da Luigi Lanzi (23)e riconosciuto tra i capolavori del pittore per tutto l’Ottocento (24).

Gli altari laterali, affrontati e identici, sono inseriti nelle due nicchie rettangolari e ne occupano, con una ricca architettura in marmi policromi, tutto lo spazio. Juvarra inserisce le ancone centinate in cornici formate da lesene che culminano in marmoree e chiare teste di cherubini con le ali ripiegate su cui poggiano capitelli compositi che sostengono il fastigio mistilineo in marmo, culminante con le plastiche coppie di angeli in stucco che reggono bianche corone (25).

La pala dell’altare di destra è la Natività di Giovanni Battista Brambilla (seconda metà del XVII secolo – 1700) (26). L’attribuzione al Brambilla è già segnalata nelle guide settecentesche (27), il Bartoli scrive: “scolaro di Monsù Delfino. Fioriva nel 1670”(28). Le scelte compositive e stilistiche di quest’opera confermano il riferimento del pittore al suo maestro, Charles Dauphin, ma la datazione risulta ancora incerta. Si può ipotizzare, in assenza di documenti, che il dipinto sia stato commissionato (29) non tanto per l’antica sede delle monache quanto per il nuovo convento, costruito tra il 1685 e il 1691, e successivamente collocato sull’altare juvariano della chiesa.

L’altare di sinistra è intitolato a san Pietro, sul cartiglio in alto si legge: “APOSTOLORUM PRINCIPI”, la pala d’altare è il San Pietro in cattedra di Guglielmo Caccia detto il Moncalvo (1568-1625) (30). Il dipinto venne eseguito per la precedente chiesa delle Canonichesse Lateranensi, quella nel sito dell’attuale chiesa della Misericordia, consacrata il 5 gennaio del 1603 (31) e intitolata a San Pietro e alla Santa Croce, verosimilmente fu trasferito nella nuova sede del convento, in piazza Carlina, dove le monache si trasferirono nel 1691, e successivamente adattato per l’altare della chiesa juvariana che, come si è detto, fu realizzato intorno al 1730. La datazione del dipinto non è certa ma è credibile che si collochi intorno al 1605-1608, nel periodo della documentata attività del Moncalvo nella capitale sabauda (32).

A completare la decorazione dell’interno della chiesa vi sono gli affreschi nei semicatini delle quattro nicchie, poste sul perimetro dell’aula centrale, nelle quali si aprivano quattro porte. Nei voltini sono dipinti ad affresco quattro putti con i simboli della passione, i putti sono inseriti in grandi conchiglie collocate in fantasie architettoniche dipinte, costituite da finte cupole con ai lati putti reggimensola. Nel primo catino a destra si legge la scritta “ anno1721”, che confermerebbe il termine ante quem per la conclusione dei lavori di costruzione della chiesa(33).

4. Il coro e il campanile

Dietro l’altare maggiore è collocato il coro delle monache, coevo alla chiesa, che nel 1732-1733 viene arricchito dai due affreschi di Charles André (Carle) van Loo (1705-1765) (34): l’Ultima cena e la Moltiplicazione dei pani (35), opere contemporanee al Riposo di Diana per il soffitto della camera della Regina nella Palazzina di Caccia di Stupinigi e alle Storie della Gerusalemme Liberata del Pregadio della Regina in Palazzo Reale a Torino. Si conoscono i bozzetti per gli affreschi conservati nel Musée du Palais de Saint Vaast di Arras e forse per la commissione al pittore nizzardo non è indifferente la presenza nel convento di Santa Croce di Eugenia (Maddalena Caterina), figlia del violoncellista Somis e sorella di Cristina, che nel 1733 aveva sposato Charles Andrée (36). Nel coro vi sono altri due grandi dipinti su muro, entro riquadri, uno molto deteriorato e quasi illeggibile probabilmente raffigura la Salita al Calvario, l’altro l’Orazione nell’orto. Sono opere più tarde; la materia pittorica, riconosciuta come ottocentesca nei restauri del 1990 (37), la notizia riportata da Baudi di Vesme, che Luigi Vacca (1778-1884) “ In fondo dei claustri del noviziato delle monache di Santa Croce in Torino dipinse a fresco la conversione di S. Agostino e nel coro delle monache due gran quadri, di cui uno è Gesù nell’orto e l’altro il bacio di Giuda” (38) e i due disegni acquerellati preparatori a due dipinti per Santa Croce, Cristo nell’orto e Il bacio di Giuda, eseguiti da Vacca e conservati nell’Accademia Albertina (39), fanno verosimilmente pensare a un intervento del pittore non per due quadri perduti ma per le pareti del coro. Si ipotizza una commissione intorno al 1817, anno del rientro delle Agostiniane nella propria sede.

Completano la decorazione del coro, inserite in quattro nicchie, le statue in stucco bianco di Sant’Agostino, padre della Chiesa, San Patrizio, vescovo di Armagh (Ulster) evangelizzatore delle isole britanniche, San Frediano, vescovo di Lucca che Papa Alessandro II chiamò a guidare i Canonici Lateranensi a Roma, Sant’Ubaldo, Canonico Regolare Lateranense e vescovo di Gubbio, datate 1753 (40).

Il campanile della chiesa, con l’ardita soluzione della cuspide a ripiani, fu costruito su disegno di Giovanni Battista Borra (1713-1770) (41) dopo il 1756, data del ritorno in Piemonte dell’architetto. Nel 1776 il Bartoli cita il campanile e nel 1781 il Derossi segnala che Santa Croce è “rinnovata col campanile da Gianbattista Borra”, l’architetto è già morto ma non si conosce la documentazione che attesti la data della fine dei lavori di costruzione  (42).

5. La facciata e le vicende ottocentesche

Per quanto riguarda la facciata è necessario fare un salto cronologico, la chiesa infatti deve attendere la seconda metà dell’Ottocento. Si conoscono alcuni schizzi di Juvarra con studi per la decorazione delle edicole che incorniciano le nicchie in facciata (43), ma quest’ultima non viene realizzata infatti le guide dell’Ottocento, fino al 1873, lamentano la mancanza di quel completamento che avrebbe dato lustro alla chiesa e alla piazza (44). La costruzione della facciata, attribuita senza fondamento all’architetto Camillo Riccio (45), avviene nel 1873. Si conosce un disegno dei lavori eseguiti datato 20 ottobre 1873(46), vistato dal colonnello Morando dell’Ufficio del Genio militare, i lavori vengono intrapresi nel luglio del 1873 e terminano nel settembre dello stesso anno, in quel momento si decide di intervenire anche sulla cupola, il cui cattivo stato contrasta con gli abbellimenti eseguiti (47). Tutte le opere sono concluse entro l’8 novembre 1873 quando avvengono i grandi festeggiamenti pubblici per l’inaugurazione del monumento, opera di Giovanni Duprè, a Camillo Benso di Cavour, collocato al centro della piazza che, senza la facciata della chiesa, non avrebbe avuto un degno sfondo (48).

Del 22 novembre 1800 è la soppressione dell’Ordine delle Canonichesse Lateranensi e la collocazione nel convento dell’Opera delle Partorienti (49), mentre la chiesa viene eretta in parrocchia, evitando così la spoliazione degli arredi (50). Con la Restaurazione le monache ritornano in Santa Croce, la supplica è del 1814, il Regio Decreto del 27 dicembre 1815 e il rientro avviene nel 1816. Si collocano in questo periodo lavori di ripristino, in particolare nel convento, attuati entro il 1828 (51).

La nuova espulsione è quella del 1854, la comunicazione del decreto di espulsione, firmato da Urbano Rattazzi, è del 27 luglio, diviene esecutivo il 17 agosto e, il 18 agosto 1854, i funzionari del Governo requisiscono il monastero per destinarlo a usi concernenti la salute pubblica. Le canonichesse sono ospiti per tre anni nel Casino Barolo, tra Lucento e Altessano, proprietà della marchesa Giulia Falletti di Barolo, nel 1857 si spostano a Chieri dove rimangono sino al 1901 quando si  trasferiscono a Rivoli (52).

Tra il 1856 e il 1858 vengono eseguiti i lavori per la conversione a l’adeguamento all’uso sanitario dell’ex convento trasformato nell’Ospedale Militare Divisionario di Torino (53), i progetti sono dell’ ingegnere Giovanni Castellazzi (1824-1876) generale del Genio Militare, e pare che tali interventi abbiano risparmiato la chiesa. L’edificio juvariano non viene coinvolto neppure nel 1861-1863 dai lavori di ampliamento che si rendono necessari per l’Ospedale e che comportano la costruzione di un nuovo corpo di fabbrica su via San Massimo, nello spazio rimasto libero verso Est, un tempo adibito a orto del convento (54).

6. La storia nel Novecento

Il 14 aprile 1904 l’intero complesso, che è costituito dall’isolato compreso tra le vie Accademia Albertina, Ospedale (ora Giolitti), San Massimo e la piazza Carlo Emanuele II e che comprende anche la chiesa, viene assegnato in proprietà al Comune di Torino ma continua a essere utilizzato dall’Ospedale Militare sino al 1914 quando, completate le nuove costruzioni (1903-1913) dell’Ospedale Militare Alessandro Riberi, si trasferisce nella zona della nuova piazza d’armi, attuale corso Quattro Novembre 66 (55) .

Parallelamente nel primo decennio del Novecento tra il 1909 e il 1912 prende forma l’ipotesi di demolire l’isolato per dare spazio all’officina delle carte valori dell’Intendenza di Finanza. La commissione appositamente costituita dal Ministero della Pubblica Istruzione, presieduta da Camillo Boito che è irremovibile sulla necessità di conservare la chiesa juvariana, giudica inopportuna la demolizione e, dopo il vaglio di proposte alternative, il progetto viene abbandonato (56). Il 15 luglio 1914 il Municipio rientra in possesso dello stabile che però viene nuovamente requisito dall’Autorità Militare, che vi alloggia i soldati delle Compagnie di Sanità e di Sussistenza e le reclute del Battaglione Aviatori (57). Alla fine della prima guerra mondiale il complesso viene ceduto al Comando del Battaglione dei Reali Carabinieri che vi stabilisce la caserma intitolata a Podgora, la località dove si combatté la celebre battaglia (58).

Nel 1920 avviene la riconsegna da parte dell’Amministrazione Militare al Municipio di una parte dell’isolato: la chiesa, il coro e i piccoli locali annessi. Si riscontra una situazione di notevole degrado della cupola e degli apparati decorativi. I lavori di ripristino sono stimati in 20.000 lire, effettuati dal Comune, per poter destinare i locali alla Casa del Soldato, e pagati al Municipio dall’Amministrazione Militare. Gli interventi più significativi sono: il ripassamento del tetto soprastante al locale della sacrestia; la riparazione della copertura della chiesa in corrispondenza della cupola centrale, del cupolino, delle cornici laterali, faldali, canali, tubi di discesa; il rifacimento di pavimenti; il restauro di intonaci della chiesa, sacrestia e locali annessi; i lavori per la riparazione di tre altari in marmo affidati alla ditta Fratelli Catella (59).

Dal 1920 al 1926 ha sede in Santa Croce la Casa del Soldato, la chiesa viene utilizzata come sala di ricreazione e il coro come sala cinematografica. L’uso improprio ne acuisce il degrado ma l’azione congiunta del canonico don Prudente Allais e del Soprintendente Cesare Bertea favorisce il riconoscimento del valore storico artistico della chiesa e il ritorno all’uso religioso. Nel luglio del 1926 i rappresentanti del Municipio consegnano ufficialmente le chiavi della chiesa all’Istituto delle Madri Pie di Ovada (60). Nel 1927 vengono eseguiti i restauri, diretti dall’ingegnere Arturo Midana e la chiesa viene riaperta al pubblico il 14 settembre 1927 (61). I documenti restituiscono la complessità degli interventi di ripristino e di restauro (62) che interessano gli ambienti, le superfici pittoriche, gli altari, gli arredi, sono diffusi ma non completi, l’interno della cupola per esempio rimane con i mattoni a vista, scrostata e maculata, e non si vedono che “le traccie dei costoloni corrispondenti alle colonne e quelle delle decorazioni di pennello mediocre e di carattere ottocentesco” (63).

Per quanto riguarda i mobili e gli arredi sacri, ritornano nella chiesa alcuni arredi che erano stati depositati nei magazzini dell’economato municipale, otto banchi da chiesa in legno di noce, due confessionali e un armadio della sacrestia, insieme ad altri oggetti tra cui sette contraltari in damasco broccato, tre cornici per contraltare, dieci quadretti della Via Crucis, un quadro ad olio rappresentante il Beato Amedeo con la sua cornice, un reliquiario in legno scolpito e dorato, che erano stati depositati presso il Museo Civico di Torino (64).

7. I bombardamenti

Durante la seconda guerra mondiale la chiesa subisce alcuni danni: l’incursione aerea nella notte tra l’8 e il 9 dicembre del 1942 provoca un incendio della struttura lignea della copertura della cupola e il Genio Civile provvede a far eseguire una copertura con i materiali che in quel momento erano disponibili. Il bombardamento dell’8 agosto 1943, danneggia il capolino (65). Nel 1945 vengono eseguiti lavori di riparazione della cupola sostituendo le lamiere zincate del manto di copertura. Nel 1947-1948 si completano i restauri della cupola con il rifacimento, forse ad opera del pittore Mario Gilardi, della decorazione pittorica sulle tracce esistenti di una decorazione preesistente (66). La cupola subisce altri danni in seguito all’uragano del 23 maggio 1953 (67).

8. La storia più recente

La storia più recente del complesso di Santa Croce si dipana tra chiusure e interventi parziali che ne rendono agibili alcune parti.

Il 28 ottobre 1974 l’Arcivescovo autorizza la chiusura al culto per problemi di sicurezza causati dal distacco e caduta di intonaci dalla cupola, il complesso viene riconsegnato al Comune la chiesa rimane chiusa dal 1975 al 1977, quando viene nuovamente concesso all’Arcidiocesi l’uso provvisorio della chiesa e dei locali annessi ma nel 1985 la chiesa è dichiarata inagibile ed è autorizzato solo l’uso del coro. Nel 1986 l’intero complesso, esclusa la chiesa e i locali dati alla Curia, viene concesso in uso all’Università degli Studi di Torino, fino agli anni Novanta una parte del convento era ancora in uso all’Arma dei Carabinieri ma il passaggio all’Università permetterà l’avvio dei restauri conclusi nel 2004 (68).

Il convento viene interessato dai lavori di restauro a partire dal 1982  in più riprese e in diversi settori. Questi interventi hanno portato all'adeguamento dell'edificio alle esigenze dell'Università e al ritrovamento, recupero e restauro di importanti affreschi attribuiti da Cristina Mossetti e Micaela Di Macco a Bartolomeo e Domenico Guidobono.
Lo scalone centrale reca l'iscrizione murata datata 1691 che sottolinea la rilevanza dell'ordine e la consapevolezza del prestigio sociale delle religiose derivante dall'alto lignaggio delle loro famiglie di provenienza. Lo scalone, impostato a criteri di aulicità e di rappresentanza, è decorato a tempera con volute ocra su fondo azzurro-verde, al di sopra di uno zoccolo in finto bugnato di primo Novecento.

Di particolare interesse sono la finta architettura sulla porta d'entrata della sala destinata al refettorio delle monache, ora Aula Magna, e gli affreschi rinvenuti nella sala stessa che presenta, sulla parete di fondo, “Le nozze di Cana” e, sul soffitto, la “Vergine in gloria”, opere che  vengono riconosciute nello stile di Domenico Guidobono, forse in collaborazione con il fratello Bartolomeo.

Sono da attribuire a Domenico e databili al primo ventennio del Settecento gli affreschi scoperti  lungo la scala posta tra il loggiato del primo piano e l'appartamento delle dieci celle, chiamato erroneamente della Badessa, situato nel mezzanino sopra il refettorio e ora destinato alla direzione del Dipartimento. A questo appartamento si accede con la piccola ma ben disegnata scala a due rampe affrescata con le figure di un Gesù adolescente con i simboli della passione a sinistra e della Vergine a destra; segue il corridoio affrescato, illuminato da camere di luce poste all'interno di piccole cupole,  con  le finte porte dipinte e le decorazioni pittoriche con motti edificanti al di sopra delle dieci porte.

In fondo al corridoio si trova quella che si ritiene fosse la  cappella annessa all'appartamento e sulla parete è stato rinvenuto l'affresco della “Conversione di S. Agostino” che presenta invece alcune caratteristiche stilistiche tipiche di Bartolomeo Guidobono; l'affresco è visibile al fondo del corridoio di accesso e produce l’'effetto di un sapiente gioco prospettico.

Anche il chiostro grande è stato riplasmato, in foggia seicentesca, con moderne interpretazioni come la voliera centrale che contiene e mimetizza lo scarico della centrale termica interrata.

Tra il 1988 e il 1993 viene attuato il progetto di restauro dell’architetto Mario Federico Roggero approvato dal Consiglio Comunale con deliberazione del 12 gennaio 1988, gli interventi interessano la chiesa e i locali annessi, esclusi gli apparati decorativi (69). Per consentire i lavori ed evitare i rischi per le opere vengono spostati dalla chiesa e depositati presso il Museo Civico d’Arte Antica alcuni arredi e le pale d’altare (70). Del 1991 è il restauro degli affreschi del coro (71) e tra il 1995 e il 1998 si eseguono interventi di pulizia e ripristino delle decorazioni interne e della pavimentazione del coro stesso  (72). Nel 1999 avviene la consegna all’Arcidiocesi di Torino del coro e dei locali attigui, nel 2001 gli spazi sono concessi alla Chiesa Ortodossa Romena che a tutt’oggi vi ha sede. La Chiesa invece è chiusa (73), interessata nel 2014-2015 e nel 2018-2019 da importanti interventi di restauro che proseguiranno poichè hanno risanato l'abside e l'altar maggiore, il campanile e la cupola ma è ancora in attesa di restauro tutta la parte sottostante: pareti, altari,  cappelle laterali e controfacciata con l'organo.

9. Cronologia

1685-1691: Costruzione del Convento di Santa Croce.

1691: Trasferimento nel complesso di Santa Croce delle Canonichesse Lateranensi, dal convento presso l’attuale chiesa della Misericordia.

1718 circa: Disegni di Filippo Juvarra per la non costruita chiesa di San Raffaele, che vennero utilizzati per Santa Croce.

1718-1732: Costruzione della chiesa di Santa Croce su progetto di Filippo Juvarra..

1720: Termine ante quem per la conclusione dei lavori di edificazione della chiesa. Un’iscrizione letta da G. Claretta nel 1899 e oggi non più visibile :” D.O.M. DEIPARAE MISERICORDIAE MATRI ET THRONO  S.CRUCI. MDCCXX “

1721: Data della decorazione interna, leggibile sull’affresco di uno dei quattro semicatini che si trovano ai lati degli altari laterali. Gli affreschi sono attribuiti a Martino Cignaroli.

1731: Completamento della decorazione degli altari. Ideati da Juvarra nel 1730 disegno del 1731 di Giovanni Pietro Baroni di Tavigliano, conte Ignazio Agliaudi. Claudio Francesco Beaumont (1694 – 1766) dipinge la grande tela raffigurante La Deposizione per l’altar maggiore della chiesa. Agli altari laterali due dipinti: Guglielmo Caccia detto il Moncalvo (1568-1625), San Pietro in Cattedra, databile intorno al 1605-1608 che probabilmente apparteneva alla vecchia chiesa e Giovanni Battista Brambilla (seconda metà del XVII – 1700), La Natività, 1685-1691 (?), commissionato prima della costruzione degli altari, ma contemporaneo alla costruzione del convento.

1733: Charles-André Van Loo dipinge due affreschi nel coro  raffiguranti L’ultima cena e La moltiplicazione dei pani e dei pesci.

1753: Esecuzione delle statue in stucco poste entro nicchie nel coro.

dopo il 1756: Costruzione del campanile su disegno di Giovanni Battista Borra (1713-1770).

22 novembre 1800: Soppressione dell’Ordine delle Canonichesse Lateranensi. La chiesa diviene parrocchia. Nel convento ha sede L’Opera delle Partorienti

26 dicembre 1801: la Commissione Esecutiva del Piemonte ordina al generale Jourdan di alloggiare i malati gravi e gli invalidi di guerra nel convento di Santa Croce. L’Opera di Maternità venne spostata nel convento di San Michele.

1817: Ritorno in Santa Croce delle Canonichesse Lateranensi. Sono ipotizzabili lavori di ripristino, in particolare nel Convento.

1817-1848: Affreschi di Luigi Vacca (1778 – 1854) per il convento di Santa Croce e nel coro delle monache due gran quadri: Gesù nell’orto e Il bacio di Giuda.

1824: All’interno del convento sembra esistere il cimitero delle monache con sepolture dal 1824 al 1852, scoperto durante lavori di ripristino nel 1914.

1854: Chiusura della chiesa al culto, espulsione delle monache.  a seguito della soppressione degli ordini religiosi. I locali del complesso sono consegnati dalla Questura di Torino all’Amministrazione Militare, che vi stabilisce l’Ospedale Militare

1856-1858: Trasformazione dell’ex convento di Santa Croce in Ospedale Militare Divisionario di Torino. Progetti dell’ingegnere Giovanni Castellazzi (1824-1876, generale del Genio Militare) per la conversione e adeguamento all’uso sanitario.

1861-1863: Ampliamento dell’Ospedale con il nuovo corpo su via San Massimo. Progetti dell’ingegnere Giovanni Castellazzi.

1873.Costruzione della facciata e interventi sulla cupola.

14 novembre 1904: Il complesso viene assegnato in proprietà al Comune, continua però ad essere usato come ospedale militare.

1908: Atto di convenzione per la cessione del complesso di Santa Croce dal Comune allo Stato per essere adibito a officina delle carte valori. I progetti di demolizione del complesso (1909-1912) non vengono attuati.

1914: L’Ospedale Militare si trasferisce nella nuova sede ma il complesso di Santa Croce, allo scoppio della guerra, viene requisito per usi militari.

1918: Alla fine della prima guerra mondiale il complesso viene ceduto all’Arma dei Carabinieri che vi stabilisce la caserma Podgora.

15 aprile 1920: l’Amministrazione Militare riconsegna i locali al Comune, con notevoli danni alla cupola e agli apparati decorativi. I lavori di ripristino sono fatti dal Comune per poter destinare i locali a Casa del Soldato che vi ha sede fino al 1926.

1926.15 luglio - Cessione gratuita del complesso dal Comune alle Madri Pie di Ovada.

1927. Lavori di sistemazione, ripristino e restauro artistico fatti eseguire dalle Madre Pie, direzione dei lavori dell’ingegnere Arturo Midana.14 settembre 1927 riapertura al culto della chiesa.

1942-1943.8/9 dicembre - Incursione aerea: è incendiata la struttura lignea della copertura della cupola. Il Genio Civile si fa carico della ricostruzione.

8 agosto 1943, incursione aerea, danneggiato il cupolino.

1945: Lavori di riparazione alla cupola eseguiti dall’Impresa Tozzini Maurizio di Torino. Il manto di copertura è realizzato con lamiere zincate.

1948: Rifacimento della decorazione pittorica della cupola e del tamburo.

1949: Ricollocata sull’altare di destra la pala di Giovanni Battista Brambilla, Natività, dopo il restauro da parte del professor Pintor della Soprintendenza alle Gallerie del Piemonte.

1952: L’apparato marmoreo dell’altare maggiore viene restaurato dalla Ditta Caratti Angelo di Acqui.

23 maggio 1953: Cupola danneggiata da un uragano: divelti lastroni di marmo.

1974: La chiesa è chiusa al culto per problemi di distacchi degli apparati decorativi e, con i locali annessi, è riconsegnata al Comune.

1975-1977: La chiesa viene chiusa al culto dal 28.06.1975 al 12.03 1977.

1977: Il Comune concede all’Arcidiocesi di Torino l’uso provvisorio della chiesa e dei locali annessi.

1982: Inizio lavori di restauro nell'edificio conventuale.

1985: La chiesa è dichiarata inagibile, può essere usato solo il coro.

1986: L’intero complesso, ad esclusione della chiesa e dei locali dati alla Curia, viene concesso in uso trentennale all’Università degli Studi di Torino.

1988-1993: Lavori di restauro della chiesa (esclusi gli apparati decorativi) e dei locali annessi, su progetto dell’architetto Mario Federico Roggero.

1990: Restauro della tela di Guglielmo Caccia detto il Moncalvo, San Pietro in cattedra, 1605-1608, da parte della Soc. Rava s.n.c. Restauro opere d’arte.

1991: Restauro da parte della Soc. Rava S.n.c. Restauro opere d’arte degli affreschi del coro: La moltiplicazione dei pani e dei pesci e L’ultima cena di Charles-André detto Carle Van Loo (Nizza 1705-Parigi 1765) e L’orazione nell’orto e La salita al calvario, probabilmente opere del XIX secolo.

1995-1998: Intervento di pulizia e ripristino della decorazioni interne e della pavimentazione nella sala del coro, contigua alla chiesa.

12 novembre 1999: Consegna all’Arcidiocesi di Torino del coro e dei locali attigui, oltre che dei locali ai piani primo e secondo per la durata di 30 anni.

2001: Sede della Chiesa Ortodossa Romena

2003: Campagna di saggi stratigrafici sugli apparati decorativi interni della chiesa, eseguita dalla Ditta Kristine Doneux e soci.

2004: Fine lavori di restauro e ristrutturazione nel complesso conventuale.

2013: Progetto definitivo per Interventi di restauro a cura del Servizio Edilizia per la Cultura, Direzione Servizi Tecnici per l'Edilizia Pubblica della Città di Torino.

2015: Ultimato il restauro del campanile e, all'interno, dell'abside della chiesa.

2019: Ultimato il restauro della cupola.

Note

(1) La scheda riporta le Notizie storiche sulla chiesa di Santa Croce, redatte dal Servizio Musei e Patrimonio Culturale della Città di Torino, per il Progetto definitivo (ottobre 2012) per gli Interventi di consolidamento del campanile e restauro degli apparati decorativi interni. Lotto I, del Servizio Edilizia per la Cultura, Direzione Servizi Tecnici per l’Edilizia Pubblica della Città di Torino.

(2) Torino, Biblioteca del Seminario Arcivescovile, Cartario delle monache di Santa Croce, f.1. , manoscritti MS 8/10.

(3) Per le vicende del primo monastero delle Canonichesse Regolari Lateranensi di veda: Goffredo CASALIS, voce Torino, in Dizionario geografico storico-statistico commerciale degli stati di Sua Maestà il re di Sardegna, vol. XXI, Gaetano Maspero libraio e G. Marzorati tipografo, Torino 1851, pp. 618-619; Silvio SOLERO,  Le Canonichesse lateranensi di Santa Croce : frammenti di storia torinese, Artale, Torino 1960; Luciano TAMBURINI, Le chiese di Torino dal rinascimento al barocco, Edizioni Angolo Manzoni, Torino 2002 (prima ed. Le Bouquiniste, Torino 1968), pp.367 –369; Francesca Romana GAJA, La chiesa di Santa Croce di Torino. Indagine sulla storia dell’edificio e sul patrimonio figurativo tra XVI e XX secolo, tesi di Laurea in Storia dell’Arte moderna, Università degli Studi di Torino, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 2011-2012, relatore prof. Gelsomina Spione e le relative ricerche nell’Archivio della Curia Arcivescovile di Torino e nella Biblioteca del Seminario Arcivescovile

(4) Torino, Biblioteca del Seminario Arcivescovile, Cartario delle monache di Santa Croce, f.14 , manoscritti MS 8/10

(5) Luciano TAMBURINI, Le chiese di Torino dal rinascimento al barocco, Edizioni Angolo Manzoni, Torino 2002 (prima ed. Le Bouquiniste, Torino 1968), p. 369.

(6) Luciano TAMBURINI, Le chiese di Torino dal rinascimento al barocco, Edizioni Angolo Manzoni, Torino 2002 (prima ed. Le Bouquiniste, Torino 1968), p. 369, nota 10 che cita i documenti dell’Archivio Arcivescovile relativi alle vicende del trasferimento.

(7) Il terreno, rifiutato dai Gesuiti, viene acquistato dalle monache di Santa Croce il 25 novembre 1681 (Archivio di Stato di Torino, Corte, Conventi soppressi, gesuiti di Torino, mazzo 450, fasc. 1679-1687, Vendita Piazza Carlina e Censo), la prima pietra fu posta il 28 aprile 1685 e benedetta da D. Giovanni Tomaso Rusa di Mortara, Canonico Regolare Lateranense e confessore della comunità. L’ingresso solenne nel convento avvenne il 17 marzo 1691 (Silvio SOLERO, Le Canonichesse lateranensi di Santa Croce : frammenti di storia torinese, Artale, Torino 1960, p. 16). Per quanto attiene al convento si veda: Gianfranco GILARDI e Laura PALMUCCI (a cura di), L’antico convento di Santa Croce a Torino : nuova sede del dipartimento di biologia animale e dell’uomo dell’Università degli Studi di Torino, Celid, Torino 2005.

(8) Amedeo di Castellamonte, Pensieri bellissimi di S.A.R. per i palazzi della sua Piazza Carlina, 1674, Archivio Storico della Città di Torino, Collezione Simeom, serie D, n.246; Andrea BARGHINI, in Michela di MACCO, Giovanni ROMANO (a cura di), Diana trionfatrice. Arte di corte nel Piemonte del Seicento, Umberto Allemandi, Torino 1989, Scheda 333, pp. 318-319; Cristina CUNEO, in Enrico CASTELNUOVO (a cura di), La Reggia di Venaria e i Savoia.  Arte, magnificenza e storia di una corte europea, catalogo della mostra a Venaria, Umberto Allemandi e C., Torino 2007, Scheda 4.28, pp. 82-83. Per piazza Carlina si veda: Vera COMOLI MANDRACCI, Torino, Laterza, Roma-Bari 1983, pp.63-65; Giuseppe DARDANELLO, in  Giovanni ROMANO (a cura di), Torino 1675-1699.  Strategie e conflitti del Barocco, Cassa di Risparmio di Torino, Torino 1993, pp. 36-37, 187-191.

(9) Iscrizione: “ VIATOR SISTE ET VENERARE SANCTUARIUM ENIM EST SANCTIMONIAL. TIT. S. CRUCIS CONGREG. CANONIC. LATERANENSIUM SANCTITATE NON MINUS QUAM SANGUINE ILLUSTRIUM AB ANTIQUIS IN NOVISSUM TAURINUM SOLEMNITER HIC TRASLATUM ANNO DNI MDCLXXXXI” , cfr. Francesca Romana GAJA, 2011-2012, p. 10; si veda anche: E. OLIVERO, Bellezze nostre. La chiesa di Santa Croce, in “Il Momento”, 27 novembre 1926.

(10) Per l’iscrizione, datata 1720, di veda: Gaudenzio CLARETTA, I marmi scritti della città di Torino e de’ suoi sobborghi (chiese, istituti di beneficenza, palazzi ecc.) dai bassi tempi al secolo XIX con copiose annotazioni storiche, biografiche e necrologiche, Derossi, Torino 1899, p. 84; Luciano TAMBURINI, 1968 (ed. 2002), p. 370.

(11) Giovan Battista Sacchetti, Catalogo dei disegni fatti dal signor cavaliere ed Abate don Filippo Juvarra dal 1714 al 1735, pubblicato in Vera COMOLI MANDRACCI, Andreina GRISERI (a cura di), Filippo Juvarra architetto delle capitali da Torino a Madrid 1714-1736, (catalogo della mostra, Torino), Fabbri Editori, Milano 1995, pp. 495-496; Nino CARBONERI, Architettura, in Vittorio VIALE (a cura di), Mostra del Barocco piemontese, catalogo, vol. I, Torino 1963, p.49, tav. 95 a, b; Gianfranco GRITELLA, Juvarra. L’Architettura, Franco Cosimo Panini, Modena 1992, pp. 455-461; Giuseppe DARDANELLO, Filippo Juvarra: “ chi poco vede niente pensa”, in Giuseppe DARDANELLO (a cura di), Sperimentare l’architettura. Guarini, Juvarra, Alfieri, Borra e Vittone, Fondazione CRT Cassa di Risparmio di Torino, Torino 2001, pp. 172-173, tav. 60.

(12) Marziano Bernardi  nel 1950 pubblica come pensiero per l’interno di Santa Croce un altro disegno di Juvarra, da ricondurre invece all’interno della chiesa della Consolata a Torino ( Museo Civico d’Arte Antica in Palazzo Madama, Disegni di Juvarra, Volume II, carta 79r, n. 160, inv. 2084/DS) cfr.  Marziano BERNARDI, Immagini di Torino Barocca, Edizioni Radio Italiana, Roma 1950, p. 106.

(13) Per il sistema costruttivo applicato alla cupola a doppia calotta si veda: Vittorio MESTURINO, Notizie sul restauro della Chiesa di S. Croce, in “Atti e Rassegna Tecnica della società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino”, n. s., a. 1, n. 12, dicembre 1947, pp. 365-367; Gianfranco GRITELLA, Juvarra. L’Architettura, Franco Cosimo Panini, Modena 1992, pp. 458-459.

(14) Il disegno di Filippo Juvarra e collaboratore (Bernardo Vittone?), Sezione longitudinale per la chiesa di Santa Croce a Torino, 1728-1730 (?). Penna e inchiostro grigio, acquerellato in grigio e verde (Parigi, Les Arts Décoratifs, Musée des Arts Décoratifs, inv. CD 3455) è pubblicato in Giuseppe DARDANELLO, Concorsi, viaggi, topografia e archeologia, in Giuseppe DARDANELLO, Rosa TAMBORRINO (a cura di), Guarini, Juvarra e Antonelli. Segni e simboli per Torino, catalogo della mostra a Torino, Sivana Editoriale, Cinisello Balsamo 2008, pp. 89.

(15) Giacomo Antonio Paracca, architetto torinese, fu approvato architetto civile nel 1762, ancora vivente nei primi dell’Ottocento, cfr. Nino CARBONERI, Architettura, in Vittorio VIALE (a cura di), Mostra del Barocco piemontese, catalogo, vol. I, Torino 1963, p. 77.

(16) Giacomo Antonio Paracca, Sezione della cupola della chiesa di Santa Croce, a Torino, disegno n. 20, album n. 8, (Museo Civico d’arte Antica di Torino e Palazzo Madama, scheda 4952/DS), iscrizioni sul disegno: a) in alto, a inchiostro bruno: "Forma della Cupola della Chiesa delle Monache di S. Croce / alteza dal suolo sino al Cornizone / comprensivamente tr. 3:4:0 / Alteza del piediritto, osia del / Tamburro Tr. 1:5:2; b) all'interno della cupola, a inchiostro bruno: "Finestra nel Tamborno / Largheza della Chiesa";c) sul verso, nell'angolo in alto a sx, a matita: "20".

(17) Giacomo Antonio Paracca, Lanterna della cupola della chiesa di Santa Croce, a Torino, disegno n. 39, n. 40, album n. 9, (Museo Civico d’Arte Antica di Torino e Palazzo Madama, inv. 4971/DS, 4972/DS ). L’accuratezza del tratto e la proposta di due soluzioni differenti per la lanterna della chiesa potrebbero far pensare a disegni  per la presentazione di un progetto. Non è semplice trarre conclusioni da questa considerazione e, allo stato attuale degli studi, si può solo ipotizzare che la lanterna sia stata realizzata proprio da Paracca in un secondo momento ma non è impossibile che i disegni, come il precedente, siano stati realizzati per studio o per proporre soluzioni alternative ad una lanterna già esistente. Si inserisce qui il problema della datazione della copertura della cupola della chiesa che alcuni fissano al 1757 (Laura PALMUCCI e Adriana BOIDI SASSONE, La memoria: il convento di Santa Croce e la caserma Podgora, in Gianfranco GILARDI e Laura PALMUCCI (a cura di), L’antico convento di Santa Croce a Torino: nuova sede del dipartimento di biologia animale e dell’uomo dell’Università degli Studi di Torino, Celid, Torino 2005, p. 65), altri spostano al 1797, se la data del documento, è stata letta correttamente, per una fornitura di lastre di rame allo scopo di ricoprire tetto e cupola, sembra più probabile pensare, a queste date, a lavori di ripristino di una copertura già esistente e forse a interventi sul cupolino (Francesca Romana GAJA, La chiesa di Santa Croce di Torino. Indagine sulla storia dell’edificio e sul patrimonio figurativo tra XVI e XX secolo, tesi di Laurea in Storia dell’Arte moderna, Università degli Studi di Torino, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 2011-2012, relatore prof. Gelsomina Spione, p. 18, il documento: Torino Archivio di Stato, Monache di diversi paesi I, Canonichesse Lateranensi di Santa Croce, mazzo 218, foglio sciolto).

(18) Il disegno di G.P. Baroni di Tavigliano in pianta e sezione per l’altare maggiore della chiesa di Santa Croce è conservato, in un album, nella Biblioteca Nazionale di Torino (coll. Ris. 59/2 c. 28), pubblicato in Gianfranco GRITELLA, Juvarra. L’Architettura, Franco Cosimo Panini, Modena 1992, pp. 460 e affiancato a un disegno juvariano di simile impostazione (Museo Civico d’Arte Antica di Torino e Palazzo Madama, volume II, carta 17r, n. 30 scheda 1899/DS) che Gritella ritiene essere una pensiero riferibile alla prima fase progettuale del 1718, ma che più probabilmente va riconnesso alla distrutta cappella maggiore della chiesa di Sant’Andrea a Chieri che comunque apparteneva alla stessa fase stilistica e compositiva di Juvarra.

(19) Alessandro BAUDI di VESME, Schede Vesme. L’Arte in Piemonte dal XVI al XVIII secolo, Volume I, Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, Torino 1963, pp. 99-108; Andreina GRISERI, Inediti di Claudio Francesco Beaumont, estratto dal “Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti”, anno III, Torino 1949, pp. 1-14; Andreina GRISERI, Pittura, in Vittorio VIALE (a cura di), Mostra del Barocco piemontese, catalogo, vol. II, Torino 1963, pp. 81-85, 123-126; Andreina GRISERI, Beaumont Claudio Francesco, in Dizionario biografico degli Italiani, vol VII, Roma 1965, pp.378-381 (con bibliografia precedente); Elisabetta BALLAIRA, voce Beaumont Claudio Francesco, in Giuliano Briganti (a cura di), La pittura in Italia. Il Settecento, II, Electa, Milano 1989, pp. 617- 618 (con bibliografia precedente);

(20) Il dipinto, olio su tela cm 410 x 270, è attualmente in deposito presso il laboratorio di restauro di Nicola ad Aramengo, venne ritirato dalla chiesa nel 1988 e restaurato nel 1990, si ha notizia dell’esposizione alla mostra del Barocco a Torino del 1937, di una pulitura eseguita nel 1948 che rese visibile un precedente intervento, fu catalogato  nel 1952 (Soprintendenza per i Beni Artistici, Storici ed Etnoantropologici, Ufficio Catalogo, Schede storiche). Si conoscono i disegni preparatori per la figura della Vergine addolorata nell’album dei disegni di Claudio Francesco Beaumont e scuola, conservato nel Museo Civico di Torino (inv. gen. 4701), (per i disegni di Beaumont cfr. Andreina GRISERI, Pittura, in Vittorio VIALE (a cura di), Mostra del Barocco piemontese, catalogo, vol. II, Torino 1963, pp. 123-126; Silvana PETTENATI, Il libro dei disegni di Claudio Francesco Beaumont e scuola nel Museo Civico di Torino, Torino 1986; Andreina GRISERI, Juvarra regista di una rivoluzione del gusto, in Andreina GRISERI, Giovanni ROMANO (a cura di), Filippo Juvarra a Torino. Nuovi progetti per la città, Cassa di Risparmio di Torino, Torino 1989, pp.41-45; Francesca Romana GAJA, La chiesa di Santa Croce di Torino. Indagine sulla storia dell’edificio e sul patrimonio figurativo tra XVI e XX secolo, tesi di Laurea in Storia dell’Arte moderna, Università degli Studi di Torino, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 2011-2012, relatore prof. Gelsomina Spione, p. 56; Giuseppe DARDANELLO, Lavorare sui modelli. Pittori e scultori alla scuola del disegno di Beaumont, in Giuseppe DARDANELLO (a cura di), Beaumont e la scuola del disegno: pittori e scultori in Piemonte alla metà del Settecento, Cuneo 2011, pp. 3-21).

(21) Andreina GRISERI, voce Beaumont Claudio Francesco, in Dizionario della pittura e dei Pittori, I, Torino 1989, pp. 274-275.

(22) Giovanni Gaspare CRAVERI, Guida de’ forestieri per la real città di Torino, Torino 1753 (ristampa anastatica con presentazione di Ada Peyrot, Torino 1969), p.61; Francesco BARTOLI, Notizia delle pitture, sculture ed architetture  che ornano le chiese e gli altri luoghi pubblici di tutte le più rinomate città d’Italia, Savioli, Venezia 1776 (ristampa Torino 1969), pp.16-17; Onorato DEROSSI, Nuova guida per la città di Torino, Derossi, Torino 1781 (ristampa anastatica, Torino 1998), pp. 26-27.

(23) Luigi LANZI (1793) in Gianni Carlo SCIOLLA (a cura di), Viaggio del 1793 pel Genovesato e il Piemonte di Luigi Lanzi, Treviso 1984, p. 9.

(24) Modeste PAROLETTI, Turin et ses curiosités, Frères Reycend et C.e Libraires du Roi, Turin 1819, p. 189; Giammichele BRIOLO, Nuova Guida dei Forestieri per la Reale Città di Torino, Reycend et Comp.,  Torino 1822, pp. 105-106; Antonio MILANESIO, Cenni storici sulla città e Cittadella di Torino dall’anno 1418 al 1826, Stamperia di Giuseppe Favale, Torino 1826 (ristampa a cura di Luciano Tamburini, Ruggero Aprile Editore, Torino 1971), pp. 50-51; Luigi CIBRARIO, Storia di Torino, vol. II, Fontana, Torino 1846, p. 626; Goffredo CASALIS, voce Torino, in Dizionario geografico storico-statistico commerciale degli stati di Sua Maestà il re di Sardegna, vol. XXI, 1851 e vol. XXII, 1852, Gaetano Maspero librajo e G. Marzorati tipografo, Torino 1851-1852, p. 152; Pietro BARICCO, Torino descritta, Paravia, Torino 1869, p. 240; Andrea COVINO, Torino. Descrizione illustrata, Favale, Torino 1873, p. 64; Francesco CASANOVA, Carlo RATTI, Alcuni giorni in Torino: guida descrittiva, storica, artistica, illustrata, pubblicata per commissione del Municipio, Casanova, Torino 1884, p. 48; Emilio BORBONESE, Guida di Torino, Tipografia Roux e Frassati, Torino 1898, p. 61; Giuseppe Isidoro ARNEUDO, Torino Sacra illustrata nelle sue Chiese, nei suoi Monumenti Religiosi, nelle sue Reliquie, Torino 1898, pp. 128-129; Gaudenzio CLARETTA, I marmi scritti della città di Torino e de’ suoi sobborghi (chiese, istituti di beneficenza, palazzi ecc.) dai bassi tempi al secolo XIX con copiose annotazioni storiche, biografiche e necrologiche, Derossi, Torino 1899, p.84.

(25) Gianfranco GRITELLA, Juvarra. L’Architettura, Franco Cosimo Panini, Modena 1992, pp. 460-461. Anche per gli altari laterali non si conoscono i disegni di progetto ma Gritella suggerisce un suggestivo confronto con un disegno di Juvarra del Museo Civico d’arte Antica di Torino ( Volume II, carta 41r. n. 82, inv. 1951/DS).

(26) Alessandro BAUDI di VESME, Schede Vesme. L’Arte in Piemonte dal XVI al XVIII secolo, Volume I, Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, Torino 1963, pp. 207-208; Michela di MACCO, in Barbara BERTINI CASADIO, Isabella MASSABO’ RICCI (a cura di), I rami incisi dell’Archivio di Corte: sovrani, battaglie, architetture, topografia, catalogo della mostra, Torino 1981, pp. 321 e segg.; Luciano TAMBURINI, in ibidem, p. 418; Michela di MACCO, Giovanni Battista Brambilla, in Mina GREGORI, Erich SCHLEIER (a cura di), La pittura in Italia. Il Seicento, Electa, Milano 1989, p. 652; Franco MONETTI, Arabella CIFANI,  Arte e artisti nel Piemonte dei Seicento. Nuove scoperte e nuovi orientamenti, Torino 1990, p. 110-112; Cristina MOSSETTI, Un committente della nobiltà di corte: Ottavio Provana di Druent, in Giovanni ROMANO (a cura di), Torino 1675-1699.  Stategie e conflitti del Barocco, Cassa di Risparmio di Torino, Torino 1993, pp. 329-331.

(27) Giovanni Gaspare CRAVERI, Guida de’ forestieri per la real città di Torino, Torino 1753 (ristampa anastatica con presentazione di Ada Peyrot, Torino 1969), p.61; Luigi LANZI (1793) in Gianni Carlo SCIOLLA (a cura di), Viaggio del 1793 pel Genovesato e il Piemonte di Luigi Lanzi, Treviso 1984, pp. 9, 108.

(28) Francesco BARTOLI, Notizia delle pitture, sculture ed architetture  che ornano le chiese e gli altri luoghi pubblici di tutte le più rinomate città d’Italia, Savioli, Venezia 1776 (ristampa Torino 1969), p. 17.

(29) Si confronti stilisticamente la Natività di Santa Croce con l’ Annunciazione per la chiesa del Conservatorio delle Orfane a Savigliano (Clara GORIA, Scheda, in Giovanni ROMANO, Gelsomina SPIONE (a cura di), Una gloriosa sfida: opere d’arte a Fossano, Saluzzo, Savigliano 1550-1750, catalogo della mostra, Cuneo 2004, pp. 308-309); Francesca Romana GAJA, La chiesa di Santa Croce di Torino. Indagine sulla storia dell’edificio e sul patrimonio figurativo tra XVI e XX secolo, tesi di Laurea in Storia dell’Arte moderna, Università degli Studi di Torino, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 2011-2012, relatore prof. Gelsomina Spione, pp. 40-50. La Natività di Brambilla (olio su tela, cm 345 x 216) è attualmente in deposito presso il Museo Civico d’Arte Antica e Palazzo Madama di Torino, venne spostato dalla chiesa nel 1988 e restaurato dal Laboratorio Nicola Restauri di Aramengo nel 1988-1989, con la direzione di Michela di Macco ed è stato esposto alla mostra Diana Trionfatrice a Torino nel 1989 (Michela di MACCO, Giovanni Battista Brambilla “Natività”, in Michela di MACCO, Giovanni ROMANO (a cura di), Diana trionfatrice. Arte di corte nel Piemonte del Seicento, Umberto Allemandi, Torino 1989, p.206). Si ha notizia di un precedente restauro del 1949 realizzato dal professor Pintor della Soprintendenza alle Gallerie del Piemonte (Soprintendenza ai Beni Architettonici e al Paesaggio del Piemonte, Archivio corrente)

(30) Il dipinto (olio su tela, cm 352 x 257), di cui si conosce una scheda storica manoscritta (Soprintendenza per i Beni Artistici, Storici ed Etnoantropologici , Ufficio Catalogo, Schede storiche) fu esposto alla mostra Gotico e Rinascimento in Piemonte,Torino 1939, fu spostato dalla chiesa di Santa Croce nel 1988 e depositato temporaneamente in Palazzo Madama, restaurato nel 1990 dalla Soc. Rava s.n.c. Restauro Opere d’Arte di Torino, ed è attualmente in deposito presso la Galleria d’Arte Moderna di Torino. Il restauro ha messo in luce un precedente intervento sulla tela, teso ad ampliare il dipinto in alto, in modo da far assumere la forma centinata richiesta dall’altare juvariano (misure senza centina: cm 263 x 182). Si veda: Andreina GRISERI, L’autunno del Manierismo alla corte di Carlo Emanuele I e un arrivo “caravaggesco”, in “Paragone” n. 141, 1961, p. 26; Vittoria MOCCAGATTA, Guglielmo Caccia detto il Moncalvo. Le opere di Torino e la Galleria di Carlo Emanuele I, in “Arte Lombarda”, a. 8, pp.189-190; Vittoria MOCCAGATTA, Guglielmo Caccia detto il Moncalvo, in “Torino”, gennaio-febbraio 1970, pp. 38-48. Per Guglielmo Caccia detto il Moncalvo si veda: Anna Maria BAVA, Guglielmo Caccia detto il Moncalvo: una biografia, in Giovanni ROMANO, Carla Enrica SPANTIGATI (a cura di), Guglielmo Caccia detto il Moncalvo (1568-1625) dipinti e disegni, catalogo della mostra di Casale Monferrato, Lindau, Torino 1997, pp.17-26.

(31) cfr. Luciano TAMBURINI, Le chiese di Torino dal rinascimento al barocco, Edizioni Angolo Manzoni, Torino 2002 (prima ed. Le Bouquiniste, Torino 1968), p. 369, che cita i relativi documenti dell’Archivio Vescovile. La visita pastorale di Monsignor Angelo Peruzzi del 6 agosto 1584 (Torino Archivio della Curia Arcivescovile, Visitatio Episcopi Sarsinatensis Visitatoris Apostolici, 1584, vol. I, foglio 120) cita l’altare dedicato a San Pietro “in memoriam unionis eidem monasterio facte de monasterio Sancti Petri”, ma non descrive l’icona, che comunque a questa data non può essere il dipinto del Moncalvo. L’antico monastero di San Pietro fu demolito nel 1569, con l’omonimo bastione per far luogo alle fortificazioni della cittadella, e i suoi beni trasferiti alla Congregazione lateranense delle canonichesse regolari dell’Ordine di sant’Agostino.

(32) Cfr. Francesca Romana GAJA, La chiesa di Santa Croce di Torino. Indagine sulla storia dell’edificio e sul patrimonio figurativo tra XVI e XX secolo, tesi di Laurea in Storia dell’Arte moderna, Università degli Studi di Torino, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 2011-2012, relatore prof. Gelsomina Spione, pp. 24-39.

(33) Le pitture dei catini sono fortemente danneggiate, in alcuni casi le decorazioni sono illeggibili, subirono un restauro nel 1926-1927 diretto da Arturo Midana, con  interventi integrativi realizzati dal pittore Achille Paracchini e la data stessa pare interessata da ridipinture. Luciano Tamburini attribuisce le decorazioni affrescate a Martino Cignaroli (1649-1726) (Luciano TAMBURINI, Le chiese di Torino dal rinascimento al barocco, Edizioni Angolo Manzoni, Torino 2002, p 374 ), non citano questi affreschi né le guide settecentesche e ottocentesche né Alessandro Baudi di Vesme e l’argomento merita di essere studiato dopo aver individuato con precisione quanto rimane della pittura originale.

(34) per Charles Andée van Loo si veda: Alessandro BAUDI di VESME, I Van Loo in Piemonte, in “Archivio Storico dell’Arte, VI, 1893, pp. 341-351; Andreina GRISERI, Pittura, in Vittorio VIALE (a cura di), Mostra del Barocco piemontese, catalogo, vol. II, Torino 1963, pp. 78-79; Alessandro BAUDI di VESME, Schede Vesme. L’Arte in Piemonte dal XVI al XVIII secolo, Volume II, Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, Torino 1966, pp. 631-632;  Cristina MOSSETTI, La politica artistica di Carlo Emanuele III, in Sandra PINTO (a cura di), Arte di corte a Torino da Carlo Emanuele III a Carlo Felice, Cassa di Risparmio di Torino, Torino 1987, pp. 15-16; Fiorenza RANGONI, voce Vanloo (Van Loo), Carle (Charles Andrée), in Giuliano Briganti (a cura di), La pittura in Italia. Il Settecento, II, Electa, Milano 1990, pp. 892-893.

(35) I due affreschi del van Loo (cm 400 x 300) non sono citati nelle guide settecentesche, comprensibilmente poiché collocati nel coro che era accessibile esclusivamente alle monache, ma sono ricordati nella commemorazione del pittore all’Accadémie Royale da M. F. Dandré Bardon, Vie de Carle Vanloo, editeur Desaint, Paris 1765. Sono stati catalogati nel 1952 (Soprintendenza per i Beni Artistici, Storici ed Etnoantropologici, Ufficio Catalogo, schede storiche) e, in quella data, in uno stato di conservazione nel complesso buono, sono stati rilevati interventi di restauro e integrazioni pittoriche che sono stati confermati dal restauro del 1990 (condotto dalla Soc. Rava s.n.c. Restauro opere d’arte, direzione dei lavori di Michela di Macco, si veda la relazione di restauro del marzo 1991, Archivio Musei Civici, prot. 2082, a. 1991). Non si esclude che tali interventi possano risalire al secondo quarto dell’Ottocento quando nel convento e nel coro lavora il pittore Luigi Vacca (1778-1854) e successivamente al 1927, altra data di restauri nella chiesa.

(36) Andreina GRISERI, Juvarra regista di una rivoluzione del gusto, in Andreina GRISERI, Giovanni ROMANO (a cura di), Filippo Juvarra a Torino. Nuovi progetti per la città, Cassa di Risparmio di Torino, Torino 1989, pp. 30-33; P. ROSEMBERG, M. C. SAHUT (a cura di), Carle Van Loo: premier peintre du roi (Nice 1705 – Paris 1765), catalogo della mostra, Nizza 1977, pp. 31-32.

(37) Anch’essi restaurati nel 1990 (dalla Soc. Rava s.n.c. Restauro opere d’arte, direzione dei lavori di Michela di Macco)

(38) Alessandro BAUDI di VESME, Schede Vesme. L’Arte in Piemonte dal XVI al XVIII secolo, Volume III, Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, Torino 1968, pp. 1065-1066.

(39) Franca DALMASSO, Luigi Vacca (1778-1854). Cristo nell’orto. Il bacio di Giuda, in Franca DALMASSO, Giovanna GALANTE GARRONE, Giovanni ROMANO (a cura di), Le arti del disegno all’Accademia Albertina,(catalogo della mostra, Torino) Editris, Torino 1995, pp. 108-109.

(40) Allo stato attuale della ricerca non si hanno notizie di interventi di restauro effettuati sulle statue di ignoto scultore piemontese , alte cm 300 (Soprintendenza per i Beni Artistici, Storici ed Etnoantropologici, Ufficio Catalogo, schede storiche).

(41) Per Giovanni Battista Borra si veda: Alessandro BAUDI di VESME, Schede Vesme. L’Arte in Piemonte dal XVI al XVIII secolo, Volume I, Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, Torino 1963, pp.177-178  (Vesme, citando Bartoli, scrive che Giovanni Battista Borra “A Torino aggiunse il campanile e fece varie innovazioni alla chiesa di Santa Croce della Monache Lateranensi”  che, allo stato attuale delle ricerche, non sono state individuate); Nino CARBONERI, Architettura, in Vittorio VIALE (a cura di), Mostra del Barocco piemontese, catalogo, vol. I, Torino 1963, pp. 78; Nino CARBONERI, Borra, Giovanni Battista, in Dizionario biografico degli italiani, vol. XII, Roma 1970, pp. 807-809; Giovanni CONTERNO, L’architetto Giovanni Battista Borra, doglianese, in “Bollettino della Società per gli Studi Storici, Archeologici ed Artistici della Provincia di Cuneo, n. 83, 1980, pp. 181-182; Walter CANAVESIO, Anni d’apprendistato. Giovan Battista Borra nello studio di Vittone, in “Studi Piemontesi” 1997, 26, fasc.2, pp.365-381; Olga ZOLLER,Giovanni Battista Borra disegnatore e architetto nel Levante e in Inghilterra, in Giuseppe DARDANELLO (a cura di), Sperimentare l’architettura. Guarini, Juvarra, Alfieri, Borra e Vittone, Fondazione CRT Cassa di Risparmio di Torino, Torino 2001, pp.217- 279.

(42) Francesco BARTOLI, Notizia delle pitture, sculture ed architetture  che ornano le chiese e gli altri luoghi pubblici di tutte le più rinomate città d’Italia, Savioli, Venezia 1776 (ristampa Torino 1969) p. 16; Onorato DEROSSI, Nuova guida per la città di Torino, Derossi, Torino 1781 (ristampa anastatica, Torino 1998), p. 25. Per la datazione del campanile si veda: Laura PALMUCCI e Adriana BOIDI SASSONE, La memoria: il convento di Santa Croce e la caserma Podgora, in Gianfranco GILARDI e Laura PALMUCCI (a cura di), L’antico convento di Santa Croce a Torino: nuova sede del dipartimento di biologia animale e dell’uomo dell’Università degli Studi di Torino, Celid, Torino 2005, pp. 51-83, in part. p. 65.

(43)Il disegno di Filippo Juvarra del Museo Civico d’arte Antica di Torino (Volume II, carta 99r. n. 202, inv. 2130/DS) è pubblicato in Gianfranco GRITELLA, Juvarra. L’Architettura, Franco Cosimo Panini, Modena 1992, p. 456.

(44) Pietro BARICCO, Torino descritta, Paravia, Torino 1869, p. 240; Andrea COVINO, Torino. Descrizione illustrata, Favale, Torino 1873, p. 64.

(45) Luciano TAMBURINI, Le chiese di Torino dal rinascimento al barocco, Edizioni Angolo Manzoni, Torino 2002 (prima ed. Le Bouquiniste, Torino 1968), p. 373; cfr. Filippo MORGANTINI, Camillo Riccio e la costruzione della città borghese, Provincia di Torino, Torino 2004, pp. 267-268, nell’elenco delle opere di Camillo Riccio non si fa menzione della facciata di Santa Croce.

(46) Il disegno eseguito dalla Direzione del Genio Militare e approvato dalla Commissione Municipale d’Ornato il 17 giugno 1873, è conservato nell’ Archivio Storico del Comune di Torino, Affari Gabinetto del Sindaco, cart.35, fasc. 13, 1873, e pubblicato in Costanza ROGGERO BARDELLI, Luoghi e architetture di una città in divenire, in Rosanna ROCCIA, Costanza ROGGERO BARDELLI (a cura di), La città raccontata. Torino e le sue guide tra Settecento e Novecento, Torino 1997, p.260.

(47) I lavori sono eseguiti dall’impresa di Alberto Civelli si veda l’intera pratica (Archivio Storico del Comune di Torino, Affari Gabinetto del Sindaco, cart.35, fasc. 13-18, 1873): la costruzione della facciata è deliberata il 18 giugno 1873, approvata dal Consiglio Comunale il 27 giugno 1873, i lavori intrapresi il 20 luglio 1873 sono conclusi il 20 settembre 1873. Il 10 settembre 1873 la Giunta Municipale delibera l’intervento sulla cupola, per un costo di 12.000 lire, metà a carico del Municipio e l’altra metà a carico dell’Autorità Militare cui si aggiungono 400 lire per la facciata a notte dell’ospedale. Del 29 ottobre 1873 è la relazione a corredo del conto di liquidazione al signor Civelli.

(48) per l’inaugurazione del monumento si veda Aldo ACTIS CAPORALE, I monumenti e Torino fra il 1870 e il 1880, in Bruno SIGNORELLI, Pietro USCELLO (a cura di), Torino 1863-1963. Architettura, arte, urbanistica, Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, Torino 2002, pp. 22-23.

(49) Per il Periodo francese si veda: Archivio di Stato di Torino, Monache di diversi Paesi 1, Canonichesse Lateranensi di Santa Croce, mazzo 281; Archivio di Stato di Torino, Sezioni Riunite, Carte del Governo Francese, sez. 5, art. 1, vol. A, mazzo 283, p. 217; Archivio Storico della Città di Torino, Materie contenute nei verbali degli Atti della Municipalità durante l’occupazione francese dal 13 dicembre 1798 al 22 settembre 1814 (Ordinati): vol. IV, p. 224.1, 1800 fruttidoro 13 (31 agosto) Monastero di Santa Croce. Soppressione. Pensione annua alle monache espulse; vol. V, p. 179.4, 1800 frimaio 15 (6 dicembre) Monache di Santa Croce loro espulsione; vol. V, p. 180.3, 1800, primaio 16 (7 dicembre), Campane delle chiese requisizione del governo consegna alla Zecca (Si invita il commissario di Governo a far sospendere la deposizione delle campane del soppresso Monastero di Santa Croce, sinché la Municipalità abbia per mezzo del cittadini Capriata fatti alcuni accertamenti a tal riguardo); Silvio SOLERO, Le Canonichesse lateranensi di Santa Croce : frammenti di storia torinese, Artale, Torino 1960, p. 17; Luciano TAMBURINI, Le chiese di Torino dal rinascimento al barocco, Edizioni Angolo Manzoni, Torino 2002 (prima ed. Le Bouquiniste, Torino 1968), p. 373, in part. nota 20; Laura PALMUCCI e Adriana BOIDI SASSONE, La memoria: il convento di Santa Croce e la caserma Podgora, in Gianfranco GILARDI e Laura PALMUCCI (a cura di), L’antico convento di Santa Croce a Torino: nuova sede del dipartimento di biologia animale e dell’uomo dell’Università degli Studi di Torino, Celid, Torino 2005, p. 66, e note 45-49 a p. 82.

(50) Archivio Storico della Città di Torino, Carte del Periodo Francese, categoria 19 (Culto), articolo 2 (Parrocchie e succursali. Confraternite. Compagnie. Riunione dei beni delle Confraternite alle Parrocchie), cartella 80, 1802-1813: Interventi di manutenzione su diverse chiese torinesi, Nota degli arredi e delle suppellettili, che la Direzione dell’Ospizio della Maternità ha fatto rimettere alla Municipalità per il Parroco e la chiesa di Santa Croce (Sono elencati: pianete, paliotti, piviali, tunicelle, croci, candelieri, cartagloria, organo, panche, argenteria); Archivio Storico della Città di Torino, Materie contenute nei verbali degli Atti della Municipalità durante l’occupazione francese dal 13 dicembre 1798 al 22 settembre 1814 (Ordinati), vol. V, p. 542.3, 1801 pratile 7 (27 maggio), Confessionali e pulpito provvisti al Parroco di Santa Croce : “Per secondare le brame del cittadino Molinari Parroco di Santa Croce, s’invita L’Amministrazione Economica dell’Ateneo nazionale far rimettere al medesimo quattro confessionali, ed un pulpito, che egli ha dimandati, e che sono a disposizione dell’Amministrazione, senza che essa gli applichi ad alcun uso”. Un’incisione di F. Castelli, su disegno di  A. Duquesney, del 1817 raffigura Piazza Carlina utilizzata per il mercato del vino, sulla destra vi è il complesso di Santa Croce con la chiesa che, a quella data, era ancora priva di facciata (Archivio Storico della Città, Collezione Simeom, serie D, n. 373) (fig. 22).

(51) Laura PALMUCCI e Adriana BOIDI SASSONE, La memoria: il convento di Santa Croce e la caserma Podgora, in Gianfranco GILARDI e Laura PALMUCCI (a cura di), L’antico convento di Santa Croce a Torino: nuova sede del dipartimento di biologia animale e dell’uomo dell’Università degli Studi di Torino, Celid, Torino 2005, p. 68.

(52) Silvio SOLERO, Le Canonichesse lateranensi di Santa Croce : frammenti di storia torinese, Artale, Torino 1960, pp. 24-28. La data del 18 agosto 1854, per la consegna dei locali di Santa Croce dalla Questura di Torino all’Amministrazione Militare, è citata in una Nota del Ministero della Giustizia e degli Affari di Culto del 25.1.1927 (Archivio della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Ambientali) cfr. Archivio della Curia Arcivescovile di Torino, Agostiniane, fogli sciolti. Luciano Tamburini (1968, p. 373), citando Pietro Baricco (Torino 1869, p. 240) e Andrea Covino (Torino 1873, p. 64), scrive che nel 1848 la chiesa non è più officiata e anticipa a quella data la soppressione dell’Ordine e il trasferimento delle monache.

(53) Archivio Storico della Città di Torino, Progetti edilizi, Progetto di riforma della facciata verso la via S.Croce, 19 novembre 1856, anno 1856, fasc. 79 (Direzione Genio Militare, ing. Giacosa); ibidem, Riordinamento della facciate dell’Ospedale Militare Divisionario di Santa Croce, 5 aprile 1958, anno 1858, fasc. 9 (Direzione Genio Militare, autore. Martini). Per i lavori nell’ex convento di Santa Croce si veda: Laura PALMUCCI e Adriana BOIDI SASSONE, La memoria: il convento di Santa Croce e la caserma Podgora, in Gianfranco GILARDI e Laura PALMUCCI (a cura di), L’antico convento di Santa Croce a Torino : nuova sede del dipartimento di biologia animale e dell’uomo dell’Università degli Studi di Torino, Celid, Torino 2005, p. 68; Paolo CADEDDU, Le Caserme di Piazza d’Armi a Torino, Daniela Piazza Editore, Torino 2008, pp. 111-139; CeSRAMP - Centro studi e Ricerche storiche sull’Architettura Militare in Piemonte,  Scheda Ex ospedale militare divisionale Santa Croce, 2011, in www.museotorino.it;

(54) Archivio Storico della Città di Torino, Progetti edilizi, Progetto di ampliazione dello Spedale Militare di S.Croce ,9 aprile 1863, anno 1863, fasc. 71 (Direzione Genio Militare, direzione Salò).

(55) Archivio Storico della Città di Torino, Processo verbale di riconsegna da parte dell’Amministrazione Militare al Municipio di Torino dell’edificio della Chiesa di Santa Croce e locali annessi, 15 aprile 1920, in cui si cita l’atto di assegnazione in proprietà al Comune del 14 novembre 1904, registrato a Torino il 21 novembre 1904, registro 346, foglio 138, n. 2308 – atti pubblici.

(56) Un voto contro la demolizione della chiesa di Santa Croce, in “La Stampa”, 29 ottobre 1909; La minacciata demolizione della chiesa di S. Croce del Juvara per costrurre l’officina Carte-valori, in “Il Momento”, 19 dicembre 1909 (in Archivio Storico della Città di Torino, Collezione Simeom, serie C, n.9497). Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio del Piemonte, Archivio D’Andrade, Corrispondenza, 1909 ( corrispondenza sull’ipotesi di demolizione della chiesa di Santa Croce); Atto di Convenzione di cessione del complesso monumentale dal Comune allo Stato per essere adibito all’Officina Carta Valori, 18 aprile 1908; Atto di Convenzione, 23 aprile 1912 (retrocessione al Comune del complesso di Santa Croce).

(57) Un cimitero sotterraneo nell’ex Ospedale Militare, in “Il Momento”, 20 settembre 1914 (in Archivio Storico della Città di Torino, Collezione Simeom, , serie C, n.9497). L’articolo riferisce che in quel periodo nei locali dell’ex Convento e ex Ospedale Militare sono al lavoro squadre di muratori che, per conto del Municipio, attendono ai lavori di riattamento e portano alla luce un cimitero sotterraneo “ fiancheggiante via Accademia Albertina e internantesi proprio sotto la Chiesa di Santa Croce”, e trovano scritte le date delle sepolture: 1824, 1830, 1834, 1838, 1840, 1852, ovviamente precedenti al 1854, data di espulsione delle monache.

(58) Laura PALMUCCI e Adriana BOIDI SASSONE, La memoria: il convento di Santa Croce e la caserma Podgora, in Gianfranco GILARDI e Laura PALMUCCI (a cura di), L’antico convento di Santa Croce a Torino : nuova sede del dipartimento di biologia animale e dell’uomo dell’Università degli Studi di Torino, Celid, Torino 2005, p. 69; CeSRAMP - Centro studi e Ricerche storiche sull’Architettura Militare in Piemonte,  Scheda Ex caserma Podgora (già monastero di Santa Croce), ora dipartimenti dell’Università degli Studi di Torino, 2011, in www.museotorino.it

(59) Archivio Storico della Città di Torino, Affari Lavori Pubblici, vol. 5, 1917-1939, 1920, cart. 495, fasc. 15: Processo verbale di riconsegna da parte dell’Amministrazione Militare al Municipio di Torino dell’edificio della Chiesa di Santa Croce e locali annessi, 15 aprile 1920; Deliberazione 2 maggio 1920, Riconsegna al Comune della Chiesa di S. Croce e locali annessi – Esecuzione delle opere di ristauro – Riscossione dall’Amministrazione militare dell’importo di dette opere, 2 maggio 1920; Lavori di riparazione alla copertura della Chiesa di S. Croce ed annessa Sacrestia ed opere di restauro all’interno, Servizio Tecnico dei Lavori Pubblici, aprile 1920; Provviste e lavori occorrenti per la riparazione di n° 3 altari in marmo nella chiesa di Santa Croce, aprile 1920 (sono elencati nel dettaglio gli interventi e le integrazioni dei marmi degli altari); Relazione di perizia sugli oggetti appartenenti alla chiesa di Santa Croce in Torino dall’Amministrazione Militare dati in consegna al Municipio di Torino, perizia di G. Lavini (in 31 voci sono elencati gli arredi, i dipinti, le campane, i breviari).

(60) E. OLIVERO, Bellezze nostre. La chiesa di Santa Croce, in “Il Momento”, 27 novembre 1926 (Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio del Piemonte, Archivio Storico D’Andrade); La bella chiesa di Santa Croce riconsacrata e riaperta al culto, in “La Stampa”, 7 settembre 1927.

(61) Emilio ZANZI, Un capolavoro del Juvarra restaurato. “S. Croce”, in “Gazzetta del Popolo”, 7 settembre 1927;

La solenne riapertura della chiesa di Santa Croce, in “Gazzetta del Popolo”, 15 settembre 1927 (Archivio Storico della Città di Torino, Collezione Simeom, serie C, n. 9497); La bella chiesa di Santa Croce riconsacrata e riaperta al culto, in “La Stampa”, 7 settembre 1927; La chiesa di S. Croce riaperta, in “La Stampa”, 15 settembre 1927.

(62) I lavori di sistemazione, ripristino e restauro artistico sono fatti eseguire dalle Madre Pie per £. 188.707 oltre £. 22.975 per dotazione arredi sacri £. 132.336 per arredo dei singoli locali (tot. £. 344.018). Si ritiene utile trascrivere qui parte della Lettera della Madre Vittoria Timossi al Soprintendente con allegato elenco spese sostenute, del 14 maggio 1928 (Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio del Piemonte, Archivio Storico D’Andrade) per elencare gli interventi effettuati: “Lavori consistenti: nell’accurata radicale pulizia dei singoli ambienti ed ornamenti, nella demolizione e sgombero degli adattamenti interni abusivamente costrutti; nella riparazione della copertura della cupola e dei singoli tetti con sostituzione dei canali e delle grondaie e tubi di discesa dell’acque; nella provvisoria chiusura con vetri comuni dei grandi finestroni della Chiesa, del Coro e locali annessi; nel ripristino delle finestre e delle porte interne inconsultamente murate, nel rifacimento - previo scrostamento degli intonaci – stabilitura e tinteggiatura delle volte e pareti interne dei singoli vani e dello zoccolo del coro; nella demolizione dei logori pavimenti adattando i nuovi alla necessità dei singoli vani; nella ripresa di tutti le condotte interne ai muri, vetuste e trasudanti; nella razionale distribuzione delle tubazioni d’acqua con relativi accessori ed apparecchi igienici, nella ricostruzione delle vecchie scale interne aventi i gradini fortemente sbocconcellati; nella riparazione, a regola d’arte, di tutti i serramenti esterni ed interni dei locali annessi; nella sistemazione dei fondi sotterranei, installandovi le caldaie di due sistemi di riscaldamento pure eseguiti; per la Chiesa, Coro e Sacrestia, (…); nella installazione di una razionale, assicurante distribuzione dell’illuminazione elettrica per la Chiesa, il Coro, La Sacrestia e i locali annessi (…). Contemporaneamente agli elencati lavori, si iniziarono i restauri delle parti dell’edificio rivestenti carattere artistico. Lavori consistenti: nel completo restauro del cupolino della chiesa, riponendovi la caduta croce di coronamento; nel ripristino delle cornici della Sacrestia e di quella a coronamento dello zoccolo del Coro; nei tinteggi dei vari locali; nella ripresa delle pitture di decorazione delle volte a semicatino sovrastanti alle quattro porte interne della Chiesa; nella riparazione del portone e della bussola d’ingresso e delle varie porte interne della Chiesa e di quelle del Coro e della Sacrestia; nell’aggiustamento di mobili come armadio scolpito, panche, cornici, contraltari, pale d’altare, porticina del tabernacolo, candelieri etc.;nella rinnovazione, con applicazione di vetri antichi legati a piombo, dei finestroni del cupolino, di quello in fondo al coro e di altri sovrastanti alle porte interne; nella messa in opera di nuovi telai con griglie di ferro a protezione esterna di detti finestroni; nella costruzione di una nuova incastellatura in legno per le campane, (…)” Dall’elenco delle spese inoltre si deduce che lo scultore Franchino restaura il portone e la cornice della pala d’altare, il verniciatore Olivero interviene sul portone e altre numerose parti della chiesa, il decoratore Gemmi restaura i candelieri, la porta del tabernacolo, i contraltari e la cornice di una pala d’altare, il pittore Parachini i quattro voltini a semicatino, il decoratore Scaglia tinteggia l’interno e l’esterno del cupolino, il decoratore Greppi esegue opere di tinteggiatura, il fabbro Majna restaura parti metalliche e fornisce griglie e inferriate, l’operaio stuccatore Bussetti restaura cornici nel coro, in sacrestia, nel cupolino, il marmista Capelletto restaura un altare, l’ing. Maschiò si occupa dei ponteggi e del rifacimento dell’incastellatura delle campane, il marmista Botto restaura il pavimento in marmo del presbiterio, il falegname Vigone ripara otto banche antichi, inginocchiatoio, confessionali, porte e finestre della sacrestia.

(63) Emilio ZANZI, Un capolavoro del Juvarra restaurato. “S. Croce”, in “Gazzetta del Popolo”, 7 settembre 1927

(64) Per la ricostruzione delle vicende degli arredi mobili ancora esistenti a quella data si veda: Relazione di perizia sugli oggetti appartenenti alla chiesa di Santa Croce in Torino dall’Amministrazione Militare dati in consegna al Municipio di Torino, perizia di G. Lavini , che registra la situazione al 1920, quando la chiesa viene sconsacrata e in 31 voci elenca gli arredi, i dipinti, le campane, i breviari. Lo stesso elenco è allegato a una nota del Ministero della Giustizia e degli Affari di culto diretta all’Intendenza di Finanza, del 25 gennaio 1927, con appunti manoscritti che segnalano la scomparsa di alcuni degli arredi per esempio gran parte dei banchi, le tre pietre sacre degli altari, le carte gloria  (Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio del Piemonte, Archivio Storico D’Andrade). Si veda inoltre la corrispondenza tra il soprintendente Cesare Bertea e il direttore dei Musei Civici  Lorenzo Rovere relativa alla restituzione alla chiesa degli oggetti depositati in museo (Archivio Storico dei Musei Civici, “Verbali Comitato Arte Antica 1913-1924”, 2542, CAP 6,verbale n. 15, 5 giugno 1920; Corrispondenza, 1927 – Pratica unica, 367, CAA 75):

(65) Archivio Storico della Città di Torino, Danni di Guerra, Fondo UPA, Zona statistica 3, cartella 2, fasc. 31. La sezione di censimento n. 102 è l’isolato compreso tra via Santa Croce, via Accademia Albertina, via San Massimo e via Mario Gioda (ora via Giolitti) subì danni in seguito a 2 incursioni aere dell’8.12.1942 e dell’8.8.1943.

(66) Per gli interventi di restauro si vedano i documenti nell’Archivio corrente della Soprintendenza ai Beni Architettonici  e al Paesaggio del Piemonte e Vittorio MESTURINO, Notizie sul restauro della Chiesa di S. Croce, in “Atti e Rassegna Tecnica della società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino”, n. s., a. 1, n. 12, dicembre 1947, pp. 365-367. Si ha notizia anche di un intervento di restauro  alla parte marmorea dell’altare maggiore, affidato dalle Madri Pie alla ditta Caratti Angelo di Acqui nel 1952.

(67) Ai danni del 1953 (Archivio Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio, Archivio corrente) si presume che seguirono le riparazioni, ma non si è rinvenuta la puntuale documentazione. Si veda una fotografia del 1955 che testimonia lo stato di conservazione dell’esterno della chiesa (fig. 37).

(68) Gianfranco GILARDI e Laura PALMUCCI (a cura di), L’antico convento di Santa Croce a Torino : nuova sede del dipartimento di biologia animale e dell’uomo dell’Università degli Studi di Torino, Celid, Torino 2005

(69) I documenti relativi agli interventi del 1988-1993 sono conservati nell’Archivio del Settore Edifici per la Cultura della Città di Torino. I lavori, in sintesi, comportano: il rifacimento delle coperture a falde e relative opere accessorie, la realizzazione e ampliamento delle parti di copertura piana, il restauro della cupola, della lanterna e del campanile, interventi su murature portanti e tramezzi, interventi su intonaci e cornici sottofondi e pavimenti, interventi su infissi, serramenti, opere metalliche e opere da lattoniere, decorazioni interne ed esterne, realizzazione impianti termici, elettrici, telefonici, allarme, ecc., consolidamento di cornicioni e muratura, svuotamento dei materiali di riempimento dei rinfianchi delle volte, rifacimento sistematico di intonaci esterni, rifacimento di parte dei solai piani di sottotetto.

(70)Ritirati dalla chiesa e depositati al Museo Civico d’arte antica, in palazzo Madama: Croce d’altare, legno intagliato e dorato, XVIII secolo (scheda 1534/L); Raggiera, legno intagliato e dorato, XVIII secolo (scheda 1533/L).

Ritirati e depositati per il restauro presso il laboratorio di restauro di Nicola ad Aramengo: Giovanni Battista Brambilla, Natività, olio su tela; Claudio Francesco Beaumont, Deposizione, 1731, olio su tela. Ritirato e depositato presso la ditta di restauro Rava a Torino: Guglielmo Caccia detto Il Moncalvo, San Pietro in cattedra, olio su tela.

(71) cfr. nota n. 34.

(72)I  documenti relativi agli interventi del 1995-1998 sono conservati nell’Archivio del Settore Edifici per la Cultura della Città di Torino.

(73) Per consentire i necessari interventi di restauro è stata effettuata nel 2003 una campagna di saggi stratigrafici, dalla ditta Kristine Doneux e soci su incarico della Città di Torino. I risultati dell’indagine e parte della documentazione storica sono stati messi a disposizione da Emanuela Lavezzo del Servizio Edilizia per la Cultura della Città di Torino.

 

Bibliografia

Fonti Archivistiche

  • Archivio della Curia Arcivescovile di Torino
  • Archivio di Stato di Torino, -Monache di qua dai monti. Monache di Santa Croce, mazzo 2 -Monache di diversi paesi1, Canonichesse Lateranensi di Santa Croce, Mazzo 218.
  • Archivio di Stato, Sezioni Riunite, Governo francese, mazzo 283
  • Archivio Storico della Città di Torino, -Materie contenute nei verbali degli atti della Municipalità durante l’occupazione francese dal 13 dicembre 1798 al 22 settembre 1814 (Ordinati). -Collezione Simeom. -Progetti edilizi, 1856, 1858, 1863. -Affari Lavori Pubblici. -Archivio fotografico -Archivio della “Gazzetta del Popolo”
  • Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Piemonte, Torino – Archivio corrente -Archivio Storico D’Andrade
  • Soprintendenza per i Beni Artistici, Storici ed Etnoantropologici del Piemonte, -Archivio Restauri. -Archivio Fotografico. -Ufficio Catalogo.
  • Archivio dei Musei Civici
  • Fototeca della Fondazione Torino Musei -Archivio Fotografico dei Musei Civici
  • Archivio del Settore Edifici per la Cultura del Comune di Torino

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Ente Responsabile

  • Servizio Edilizia per la Cultura
  • Servizio Musei e Patrimonio Culturale
  • MuseoTorino 2013