Scheda: Itinerario - Tipo: Tematico

Sulle tracce dei santi sociali

1. I santi sociali

Nell'Ottocento una parte rilevante della popolazione torinese vive nell'indigenza assoluta. La mendicità è uno dei problemi più gravi da risolvere. La sopravvivenza di quasi un quarto degli abitanti è affidata alla pubblica beneficenza. Alcuni sobborghi sono talmente malfamati da essere sconsigliati alle persone perbene. In un ambiente così degradato operano alcune persone, di differente estrazione sociale e di diversa formazione culturale, che si prodigano nell'aiuto di tutti gli emarginati: sono i cosiddetti Santi sociali. I marchesi di Barolo, Giulia (1786-1864) e Tancredi (1782-1838) si dedicano all'assistenza dei bimbi orfani, delle ragazze sole, delle carcerate; Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786-1842) fonda la Piccola Casa della Divina Provvidenza per dare asilo agli ammalati poveri, agli handicappati bisognosi di cure e ai bimbi derelitti; Giuseppe Cafasso (1811-1860) si dedica all'assistenza dei carcerati e dei condannati a morte; Giovanni Bosco (1815-1888) fonda i Salesiani per l'educazione della gioventù; Francesco Faà di Bruno (1825-1888) dà asilo alle ragazze provenienti dalla campagna; Leonardo Murialdo (1828-1900) aiuta i giovani a inserirsi nelle attività artigianali e Giuseppe Allamano (1851-1926) fonda i Missionari che invia in aiuto ai popoli più sfruttati nel mondo. Questi santi si dedicano, con passione e fede cristiana, ad aiutare coloro che soffrono nell'indigenza e nell'oppressione.

2. Dalla Consolata a Valdocco

Il percorso inizia dal santuario della Consolata dove san Giuseppe Cafasso, confessore di Don Bosco, è ricordato nell'urna di Anacleto Barbieri e prosegue fino al Rondò d'la Forca dove un monumento, voluto da tutti i carcerati d'Italia, ne ricorda la pietosa opera di assistenza. Tocca la basilica si Maria Ausiliatrice, costruita nel 1866 sul luogo indicato in sogno a don Bosco. La Basilica è al centro del complesso che comprende la cappella delle reliquie, la cappella Pinardi, la chiesa di San Francesco di Sales, le Camerette di don Bosco e tutti gli edifici, ampliatisi nel tempo, dedicati alla formazione spirituale e professionale della gioventù  (nn.1 - 4).

3. I luoghi della carità: dai marchesi di Barolo a Giuseppe Cottolengo

Si inizia il percorso dalla Chiesa del Corpus Domini dove di trova una statua di san Giuseppe Cottolengo, opera in bronzo di Davide Calandra (1856 - 1915). Quasi di fronte, sulla Casa della "Volta rossa" , un'epigrafe ricorda l'inizio della sua attività caritativa con la fondazione del primo nucleo della Piccola Casa della Divina Provvidenza. Si raggiunge, in via Corte d'Appello, l'Albergo della dogana vecchia, dove morì una giovane francese partoriente, rifiutata dagli ospedali cittadini: fu proprio questo fatto a suggerire a Giuseppe Cottolengo la necessità di creare stutture di cura e assistenza per i rifiutati. Percorrendo le più antiche vie di Torino si giunge al "Cottolengo", come è denominato dai torinesi l'intero complesso assistenziale. Il percorso prosegue con la visita alla Piccola casa della Divina Provvidenza. Lì accanto si trova l'Istituto delle suore di Santa Maria Maddalena dove è stato ricavato un piccolo museo, aperto nel 1994, con i ricordi della marchesa Giulia di Barolo, si potrebbe infine ritornare in centro e visitare Palazzo Barolo, in via delle Orfane 7, che tutt'ora ospita l'Opera Pia Barolo, un’istituzione pubblica di assistenza e beneficenza nata per volontà della marchesa Giulia Falletti di Barolo nata Colbert di Maleuvrier (1786-1864) con testamento del 22 settembre 1856 ed eretta in ente morale il 10 luglio 1864 (nn.5 - 10)

4. Dalla contrada di Dora Grossa al Collegio degli Artigianelli

Il percorso inizia dalla contrada di Dora Grossa (oggi via Garibaldi) dove, al n. 31, c'è la casa dove nacque Leonardo Murialdo; si prosegue fino alla chiesa di San Dalmazzo dove fu battezzato e dove celebrò la sua prima messa. Si giunge alla chiesa di Santa Barbara, costruita tra il 1867 e il 1869 in sostituzione di quella abbattuta nel 1856 insieme alla cittadella, qui si celebrarono i funerali di Leonardo Murialdo e qui si trova il monumento sepolcrale, opera di Anacleto Barbieri. Un breve tratto di strada porta al Collegio degli Artigianelli dove si conservano le testimonianze della vita e dell'opera del santo, negli ambienti in cui visse e lavorò, nelle cappelle e nel museo (nn. 11 - 14).

5. Nel cuore di San Donato

Nel borgo di San Donato hanno avuto sede diverse istituzioni caritatevoli e strutture assistenziali  volute non solo dai santi e beati sociali ma anche da benefattori laici torinesi che operarono nel borgo recando aiuto alla comunità. Un esempio è costituito dal professor Casimiro Sperino (1812-1894), che abitava proprio in via San Donato 4 e che fondò a Torino (1838) un dispensario oftalmico per la cura gratuita dei poveri, quello che diventò poi il grande ospedale oftalmico che porta il suo nome, costruito tra il 1860 e il 1866 nell'isolato tra le vie Juvarra, Bertola, Passalacqua, Manzoni. Nel borgo ebbe anche la sua prima sede la Croce Verde e fu istituito l'orfanatrofio o Istituto dei bambini "esposti". Fulcro della visita ai luoghi della carità e dell'iniziativa sociale è la chiesa di Santa Zita (precedentemente intitolata alla Madonna del suffragio) con l'adiacente museo dedicato a Faà di Bruno (1825-1888) (nn. 15 - 16)

6. I luoghi di Giuseppe Allamano

Il beato Giuseppe Allamano (1851 - 1926) dedicò la vita alla formazione di missionari e missionarie, nel 1901 fondò l'Istituto dei Missionari della Consolata che ha sede in un edificio in corso Ferrucci 14 e nel 1910 istitui anche quello della Suore Missionarie della Consolata, che ha sede nel palazzo adiacente (corso Ferrucci 12). Nel complesso si trova la cappella dove è sepolto il beato Giuseppe Allamano e il Museo Etnografico e di Scienze naturali delle Missioni della Consolata, da lui fortemente voluto. Il museo conserva una grande quantità di oggetti, materiali di vario genere e fotografie, raccolte dai religiosi impegnati nell'opera di evangelizzazione in tutto il mondo, le collezioni restituiscono una variegata molteplicità di informazioni sugli usi, i costumi, i riti, le lingue e gli ambienti delle popolazioni raggiunte dalle missioni (n. 17).

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