Scheda: Tema - Tipo: Economia e industria

L'economia della seta nel Settecento

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Tra Sei e Settecento si sviluppò con forza il settore delle manifatture di lusso, in particolare quello della seta. Molti «capitani d’industria» e finanziatori erano torinesi, anche se gli impianti produttivi si trovavano lontano dalla città.


Periodo di riferimento: XVIII secolo

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La produzione della seta fu trainante in Piemonte, molti degli imprenditori del settore e dei banchieri che li finanziavano erano torinesi, benché gli impianti produttivi in città fossero pochi. Il settore era regolato dal Consiglio del commercio, con sede a Torino.

L’allevamento dei bachi da seta e la produzione dei bozzoli costituivano quasi un terzo dell’economia agricola complessiva e le esportazioni di sete rappresentavano il 75-80% del valore dei beni venduti oltre frontiera. 200.000 persone lavoravano nella coltivazione e nell’allevamento, 60.00, soprattutto donne, nelle filande, 25.000 nei filatoi. Per la produzione si adoperavano innovativi filatoi idraulici, simili a quelli usati altrove nel Settentrione, ma in Piemonte erano stati migliorati e resi più efficienti tanto che, intorno agli anni Venti del secolo, furono imitati in Gran Bretagna.

A metà secolo, in Torino, si contavano 135 fornelletti da seta e un solo filatoio, 1150 telai per stoffe di seta e bindelli (nastri e simili), oltre a 157  telai per tele e 48 per drappi.

Le ricadute sulla finanza furono molto significative: le banche torinesi d’inizio del secolo erano 16 e divennero 70 alla fine. Gli istituti torinesi erano, generalmente, solidi, ma non mancarono i fallimenti, si cita quello del 1719, nel quale fu coinvolto anche il consigliere comunale Costeis, e quello gravissimo della Moris nel 1751.