Scheda: Tema - Tipo: Istituzioni civili, militari e religiose

I protestanti

Nessuna Immagine

Alla fine del Seicento i protestanti subirono persecuzioni, in seguito venne loro concessa una moderata libertà, sebbene la Chiesa s’opponesse e tentasse conversioni, anche forzate. A Torino erano pochissimi, ma costituivano un gruppo sociale di una certa rilevanza economica.


Periodo di riferimento: XVII secolo - XVIII secolo

Tag

  • sala 1735

L’inizio del ducato di Vittorio Amedeo II non fu certo favorevole ai protestanti: nel 1686, il duca espulse i valdesi, non potendosi opporre alla Francia che li aveva banditi. Iniziarono anni di tragiche persecuzioni che si chiusero, nonostante l’opposizione degli arcivescovi, con gli editti del 1694 e del 1698 e con le Costituzioni del 1723 e del 1729. La Chiesa cattolica torinese avviò una politica di conversioni, che ebbe un capitolo particolarmente pesante nell’Ospizio dei catecumeni, ove si portarono alla religione cattolica, non di rado a forza o con la frode, parecchi giovani, fra i quali vi fu J.-J. Rousseau.

I Protestanti, detti religionari, non erano solo i valdesi, che anzi in Torino erano poco numerosi, vivevano in città anche: artigiani e commercianti ugonotti, avversati dai locali che ne temevano la concorrenza, ufficiali svizzeri e tedeschi dell’esercito sabaudo e personale delle ambasciate straniere, infatti nel Seicento proprio la Legazione britannica proteggeva l’esercizio del culto.

Negli anni Venti del Settecento su circa 64.000 abitanti solo 144 risultavano protestanti, ma è probabile che fossero di più, perché molti si dichiaravano «di passaggio» pur non essendolo. A fine secolo, su 90.000 persone, si censirono circa 200 religionari.

La comunità divenne abbastanza benestante e vi figuravano: banchieri, orefici, mercanti di sete, spesso in rapporti d’affari con i correligionari all’estero.