Scheda: Evento - Tipo: Storico

Dalla rivolta all’abdicazione di Vittorio Emanuele I (I gennaio 1821 - 12 marzo 1821)

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I primi moti della Restaurazione, volti a ottenere libertà costituzionali, scoppiano a Torino nel gennaio del 1821. Vittorio Emanuele I decide di abdicare in favore del fratello Carlo Felice, lontano dal Piemonte. La reggenza viene assunta dal Principe di Carignano


Data dell'evento: 1821

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I gennaio: l’ex ministro degli Interni e presidente del Senato conte Borgarelli, alla solenne udienza di Capodanno, ricorda al re “che le antiche leggi dello stato sono la salvaguardia della sua sicurezza e della sua gloria. Non permetta la Maestà Vostra che una mano imprudente le cangi. Le innovazioni sono sempre seguitate da grandi sventure”. È il trionfo del pensiero conservatore, ispirato anche dalla regina Maria Teresa, contro lo spirito di riforma rappresentato dal governo di Prospero Balbo.

11 gennaio: 4 studenti universitari entrano col bonnet rouge al Teatro d’Angennes. Uno di loro viene arrestato.

12 gennaio: assembramento nel cortile dell’Università di Torino. Si chiede a Balbo di intercedere perché lo studente arrestato non venga trasferito a Ivrea. Il reggimento guardie si scaglia contro un centinaio di studenti che lanciano sassi; 18 studenti sono feriti, due gravemente; ufficiali e soldati sono feriti da sassi. L’Università viene occupata militarmente, molti studenti arrestati.

15 gennaio 1821: si riapre l’Ospedale mauriziano, aggregato durante l’occupazione francese all’Ospedale di San Giovanni.

16 gennaio: un manifesto del magistrato della riforma dell’università annuncia che gli studi si riprenderanno il giorno 22 in altri locali; i locali universitari saranno destinati solo per gli esami, le pubbliche funzioni e l’ampliamento della biblioteca e dei musei; scuole per gli studenti provinciali saranno aperte nei capoluoghi di divisione e di provincia. Un secondo manifesto del giorno 21 indica agli studenti i locali, in diverse contrade di Torino, dove le diverse facoltà riprenderanno i corsi.

4 febbraio: Giuseppe Pecchio si dirige da Milano a Torino per informarsi sull’atteggiamento dei rivoluzionari piemontesi.

6 febbraio 1821, violento incendio nel Palazzo del duca del Genevese. Assistono all’estinzione Carlo Alberto e il re Vittorio Emanuele I.

11 febbraio 1821, muore GB Francesco Antonio Nicolis di Robilant, luogotenente generale, comandante della regia Accademia militare.

26 febbraio 1821, muore il conte Giuseppe De Maistre, ministro di stato reggente la gran cancelleria, accademico, storico e trattatista di diritto pubblico.

28 febbraio 1821, Carlo Alberto si reca a Milano a visitare la sorella, arciduchessa Elisabetta, viceregina, neomadre di una bimba.

3 marzo: scoperta la loro corrispondenza politica, sono arrestati il marchese Demetrio Turrinetti di Priè e il barone Ettore Perrone.

5 marzo: Carlo Felice duca del Genevese e la moglie Maria Cristina di Borbone giungono alla corte ducale di Modena.

6 marzo: nel gabinetto di Carlo Alberto, presente Roberto d’Azeglio, Santorre di Santarosa, Carlo di San Marzano, il cav. Giacinto Provana di Collegno e il conte Moffa di Lisio, informano il principe di Carignano dell’imminente rivoluzione militare per ottenere la costituzione e fare la guerra all’Austria; Carlo Alberto concede il proprio assenso.

7 marzo: Carlo Alberto si ravvede; saputo da Cesare Balbo e dal gen. Gifflenga nulla essere pronto per muovere contro l’Austria, fa avvisare gli ufficiali di artiglieria congiurati perché recedano. Rivela quanto sa al ministro della Guerra gen. Saluzzo. Quindi accompagna il re a Moncalieri. San Marzano e Collegno diramano contro ordini agli aderenti al moto.

8 marzo: i congiurati, ai quali si è unito il conte San Michele, colonnello dei cavalleggeri Piemonte (che il giorno successivo porterà il proprio reggimento da Fossano fino a Moncalieri) fissano il moto per il giorno 10. Alla sera Santarosa, San Marzano e San Michele visitano Carlo Alberto, confermandogli le intenzioni di insurrezione. Il principe non s’impegna ma approva. In una riunione di congiurati, alla presenza del cav. Ansaldi, tenente colonnello della brigata Savoia, si adottano le misure definitive per l’azione.

9 marzo: Carlo Alberto fa chiamare Santarosa, gli annuncia di aver fatto prendere misure di sicurezza per il re. Santarosa intuisce che il principe ha ormai disposto per sabotare il moto e manda contro ordini ad Alessandria, Fossano, Vercelli.

Il ministro Saluzzo e il governatore Di Revel, annunciano il pronunciamento di Fossano a Carlo Alberto, che va col ministro a fare il giro delle caserme e a ricordare ad ufficiali e soldati i loro doveri verso il re.

10 marzo: all’annuncio del pronunciamento di Alessandria, Cesare Balbo comunica a Carlo Alberto che a Palazzo Reale si conta su di lui per ottenere una costituzione qualsiasi; il principe ribatte che la richiesta deve essere avanzata da un ministro. Si presentano Prospero Balbo e Vallesa, il principe promette di farne proposta, se da loro appoggiata, nel Consiglio indetto per la sera. In tale occasione il re Vittorio Emanuele I rifiuta ogni concessione propugnata da Carlo Alberto, da Balbo e da Vallesa, e, al contrario, combattuta da Roburent, da Lodi e da della Valle; tacciono Saluzzo e Brignole. Il re si trattiene con loro sino a tarda notte, quindi delibera un manifesto tranquillizzante, pubblicato l’indomani.

Giuseppe Pecchio giunge in Piemonte con denaro avuto da Confalonieri.

11 marzo: al mattino il capitano Vittorio Ferrero, guidando da Carignano 80 soldati, sosta a San Salvario, spiega la bandiera carbonara rossa, celeste e nera. Si uniscono un centinaio di cittadini armati. Di fronte a loro si schierano i reggimenti Guardie e Piemonte Reale. Uno studente ferisce il colonnello Raimondi, della legion leggera. Per sette ore si parlamenta. Alla sera la colonna di Ferrero, vista l’inerzia di Torino, passa su barche il Po davanti al Valentino, e si avvia verso Chieri e Asti.

12 marzo: proclama del re. Di fronte alla sollevazione di Alessandria Vittorio Emanuele I fa appello alla fedeltà dei sudditi, si dice certo che la Santa Alleanza non riconoscerà mai il moto costituzionale, il quale sarà responsabile di una eventuale invasione del Piemonte.

Mentre le truppe sono raccolte in Piazza Castello, all’1 pomeridiane tre colpi di cannone dalla Cittadella annunciano che i 300 uomini lì stanziati si pronunciano a favore della rivoluzione e innalzano la bandiera tricolore carbonara. Nella notte circa mille studenti solidarizzano con loro nella Cittadella. Il sergente Rittatore, delle guardie, uccide il luogotenente di artiglieria Des Geneys, comandante la Cittadella, che voleva arringare gli insorti in favore del re. Carlo Alberto viene inviato a parlamentare con gli insorti; al ritorno è circondato dal popolo inneggiante la costituzione. I Cavvalleggeri di Piemonte Reale caricano la folla, una donna rimane uccisa.

Grande fermento dentro Palazzo reale. La regina Maria Teresa chiede al re Vittorio Emanuele I di essere nominata reggente con facoltà di proclamare una costituzione. A sera il re Vittorio Emanuele I abdica (senza mettere nell’atto di abdicazione il nome del fratello Carlo Felice) e nomina reggente Carlo Alberto.

Al rientro a Palazzo Carignano, Carlo Alberto vi trova i congiurati federati italiani cav. di Castion e avvocato Vismara che gli chiedono la proclamazione della Costituzione di Spagna.

La giunta provvisoria di governo proclama benemeriti della patria gli squadroni 3, 4, 5 e 6 del reggimento Cavalleggeri del Re, assegnando promozioni.

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Ente Responsabile

  • Museo Nazionale del Risorgimento Italiano di Torino