Scheda: Tema - Tipo: Cultura e istruzione

Scuole in guerra

Durante la Seconda Guerra Mondiale le scuole svolgono un'importante funzione sociale, aprendo le proprie porte alla cittadinanza e trasformandosi in rifugi antiaerei, luoghi di ricovero per i sinistrati e ambulatori.


Inizio: 1915

Fine: 1945

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  • bombardamenti

1. La Prima Guerra Mondiale

La prima guerra mondiale lascia una traccia morale e fisica sulla scuola torinese: non solo sono distrutti gli edifici scolastici, ma anche la vita di molti giovani studenti e insegnanti riporta segni indelebili. In questo periodo molte scuole sono utilizzate come caserme o ospedali, oppure ancora sono adibite a centri di assistenza e ricovero per profughi: ad esempio, la scuola all’aperto di Villa Genero offre ospitalità a ottanta alunni del Veneto invaso. Trentasei insegnanti comunali chiedono e ottengono di potersi arruolare tra i volontari della Croce Rossa. Le scuole elementari Carducci, Gozzi e Ricardi di Netro offrono la loro bandiera a scuole delle province redente. In ogni edificio vengono affisse lapidi in memoria degli insegnanti caduti e, presso la storica scuola Troya, al termine della guerra è tenuta una cerimonia ufficiale nel corso della quale Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta legge l’appello dei caduti.

Nel 1928, dieci anni dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, il bilancio delle vite umane perse è drammatico: le scuole torinesi decidono di ricordare le vittime di guerra intitolando ogni aula a un ex allievo caduto, mediante l’affissione di una targa commemorativa. Le targhe sono presenti complessivamente in trentanove compartimenti scolastici, in ventuno dei quali vengono inaugurate contemporaneamente nella giornata del 24 maggio 1929 alla presenza, presso l’elementare Gabelli, di Emanuele Filiberto.

 

2. La Seconda Guerra Mondiale

Diverso è il destino delle scuole torinesi nel corso della Seconda Guerra Mondiale, durante la quale i bombardamenti sulla città colpiscono duramente gli edifici scolastici: la scuola Vittorino da Feltre in via Finalmarina viene quasi totalmente distrutta e testimonia il coinvolgimento delle scuole nel destino della città.

Poiché i bombardamenti avvengono per lo più dalle 11 alle 14, i genitori degli alunni chiedono al Prefetto di anticipare l’orario di inizio delle lezioni dalle 8 alle 10 oppure dalle 8.30 alle 10.30, almeno in quelle scuole vicine ai punti più sensibili quali gli stabilimenti Lancia, Viberti e Fiat. Ben 104 scuole sono trasformate in ricovero pubblico e molte posseggono rifugi antiaerei utilizzati dagli alunni e dalla popolazione della zona. Il 2 novembre 1942 viene utilizzato per la prima volta il rifugio antiaereo della scuola Manzoni, che ospitava 1400 alunni oltre a insegnanti e genitori; per provare a tranquillizzare i bambini si chiede al Patronato scolastico di mettere a disposizione biscotti e marmellata nel sotterraneo.

Dal 22 novembre al 15 febbraio 1943 le scuole sono forzatamente chiuse e, al termine della lunga stagione dei bombardamenti, dei 74 edifici scolastici municipali presenti in città 5 risultano gravemente danneggiati e non riparabili, 16 danneggiati gravemente ma riparabili e 39 colpiti in maniera più lieve. A questi danni si sommano quelli delle scuole private, con 4 edifici completamente distrutti e 8 non riparabili, 10 riparabili e 19 danneggiati. Tra gli edifici scolastici colpiti c'è la scuola Tommaseo, che ospitava anche la sede del Regio Ispettorato scolastico, costretto a installarsi successivamente in una succursale della scuola Vittorio Amedeo, in zona Sassi.

Le scuole Coppino, Duca d’Aosta, Gabelli, Manzoni, Muratori, Pacchiotti, Rayneri e Tommaseo sono trasformate in rifugio per le famiglie rimaste senza tetto. Le scuole Baricco, Ponte Stura, Mirafiori e Vittorio Amedeo in un primo tempo sono interamente occupate dai comandi tedeschi e dai comandi della Flak. A questi numeri si sommano 120 locali scolastici occupati dagli uffici della Fiat, 25 da ospedali e 46 da uffici pubblici. Le stanze non possono essere riservate a luoghi di istruzione e dunque per gli alunni non è possibile frequentare le lezioni; si cerca tuttavia di stabilire un appuntamento settimanale con gli insegnanti, per controllare i compiti e mantenere un contatto quanto più possibile diretto con la scuola. Molte famiglie cercano rifugio lontano dalla città e i genitori hanno timore a mandare i propri figli a scuola: alla ripresa delle lezioni, il 15 febbraio 1943, i frequentanti risultano essere 6.936 a fronte di 36.539 iscritti. Intanto i maestri prestano servizio volontario di assistenza ai sinistrati e si avvia una campagna di massimo sfruttamento degli orti sperimentali delle scuole Gabelli, Gozzi, Cena e Parato per ricavare ortaggi e legumi. Alla scuola Gabelli si sperimenta con buoni risultati anche l’allevamento di animali. I segni della guerra rimangono visibili nelle scuole torinesi ben oltre il 1945.

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Ente Responsabile

  • Fondazione Tancredi di Barolo