Uomini al fronte, donne in officina: la manodopera femminile nelle fabbriche torinesi durante la prima guerra mondiale
Durante la Prima Guerra Mondiale si assiste a un massiccio ingresso nelle fabbriche di manodopera femminile, chiamata a sostituire gli uomini impegnati a combattere al fronte, e licenziata in seguito ai processi di riconversione industriale che investono le fabbriche torinesi al termine della guerra.
Fin dal 1916 l’Istituto della Mobilitazione Industriale emana disposizioni che sanciscono l’obbligatorietà di una graduale sostituzione di manodopera maschile, chiamata a combattere al fronte, con donne e ragazzi nelle lavorazioni di meccanica leggera, estendendo, dall’anno seguente, tale provvedimento a quelle metallurgiche, per le quali è fissato un rapporto minimo di impiego di manodopera femminile o minorile rispetto al numero degli operai. Le donne italiane superano le barriere del confine domestico e fanno il loro ingresso nei reparti delle fabbriche. La componente femminile occupata negli stabilimenti torinesi aumenta sensibilmente: dalle poche migliaia dell’inizio della guerra, le lavoratrici diventano “23.000 nel 1915, 89.000 alla fine del 1916, 175.000 nel 1917 e 200.000 al termine del conflitto”(1). Alla fine della guerra, le aziende torinesi devono fare i conti con i problemi del reinserimento dei reduci nel sistema produttivo e della riconversione industriale: ne fanno le spese migliaia di donne e ragazzi che, addetti soprattutto a lavorazioni di munizionamento, sono colpiti dai licenziamenti in seguito alla smobilitazione del dopoguerra. Tra il 1918 e il 1919 nel solo gruppo Fiat gli operai passano da 36.000 a 25.000 (2). Una diminuzione che coincide con l’uscita dalla fabbrica di un’alta percentuale di manodopera femminile e minorile costretta, qui come altrove, ad abbandonare il lavoro per lasciare nuovamente spazio all’operaio specializzato, tornato ad essere la figura dominante “nelle officine che riprendono la produzione in tempo di pace”(3).
Cronologia
1915 le donne impiegate nelle fabbriche torinesi ammontano a 23.000 unità;
1916 le donne impiegate nelle fabbriche torinesi ammontano a 89.000 unità;
1917 le donne impiegate nelle fabbriche torinesi ammontano a 175.000 unità;
1918 le donne impiegate nelle fabbriche torinesi ammontano a 200.000 unità.
Note
1. Stefano Musso, Gli operai di Torino. 1900-1920, Feltrinelli, Milano 1980, p.140
2. Elaborazione su dati contenuti in Archivio Storico Fiat, Fiat: le fasi della crescita. Tempi e cifre dello sviluppo industriale, Scriptorium, Torino 1996, pp. 139-140
3. Stefano Musso, Gli operai di Torino. 1900-1920, cit., p.145
Bibliografia
- Vittorio Franchini, Il contributo delle maestranze femminili all'opera di allestimento di materiali bellici: Comitato per la mobilitazione civile, Alfieri, Milano 1929
- Umberto Massimo Miozzi, La mobilitazione industriale italiana, 1915-1918, La Goliardica, Roma 1980
- Valerio Castronovo, Storia economica d’Italia. Dall’Ottocento ai giorni nostri, G. Einaudi, Torino 1995
- Luigi Tomassini, Lavoro e guerra: la mobilitazione industriale italiana 1915-1918, Edizioni scientifiche italiane, Napoli 1997
- Barbara Curli, Italiane al lavoro: 1914-1920, Marsilio, Venezia 1998
- Miletto, Enrico - Sasso, Donatella, Torino '900. La città delle fabbriche, Edizioni del Capricorno, Torino 2015 , pp.62 - 73
Ente Responsabile
- ISMEL