Scheda: Tema - Tipo: Amministrazione pubblica

La cinta daziaria e le barriere

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Nel corso dell'Ottocento il centro urbano si estese progressivamente. Abbattute le mura, le successive cinte daziarie ne ridisegnarono i limiti.


Periodo di riferimento: XIX secolo

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  • sala 1852

Dopo l’abbattimento delle mura difensive a inizio secolo, Torino assunse nuovi confini con le cinte daziarie, che divisero la città in zona «interna» ed «esterna». Lungo la cinta erano esatte le gabelle sui prodotti che transitavano attraverso le «barriere», aggregati urbani sorti in corrispondenza degli spiazzi per le merci che ospitavano gli edifici per gli agenti del dazio.

La prima cinta, decisa con lo Statuto albertino, fu realizzata nel 1853 e sarebbe stata ampliata solo nel 1912. Entro un perimetro di 16,5 km, essa includeva l’area compresa fra la Cittadella, il cimitero (attuale Cimitero Generale) e San Salvario (tradizionale zona di contrabbando, che si voleva debellare). Per dar spazio al futuro ampliamento della città, la superficie coperta misurava in totale 1.700 ettari, oltre quattro volte quella effettivamente urbanizzata all'epoca (circa 400 ettari).

La cinta aveva due caselli di controllo lungo le ferrovie (verso Genova e verso Susa), oltre a quelli di Nizza, Stupinigi, Orbassano, Crocetta, San Paolo, Foro boario, Francia, Martinetto, Lanzo, Milano, Abbadia di Stura, Regio Parco, Vanchiglia, Casale, Villa della Regina, Piacenza, Ponte isabella, aree urbane quasi tutte ancor oggi identificabili come quartieri e barriere.

Fra Ottocento e Novecento si susseguirono Piani regolatori volti a dare alle aree urbane sui due lati della cinta uno sviluppo adeguato e ordinato. Contemporaneamente, la percentuale di cittadini che vivevano fuori della cinta, aumentò fortemente: se nel 1891 rappresentava il 10% della popolazione urbana, nel 1901 raggiunse il 12,7%.

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