Scheda: Tema - Tipo: Architettura e urbanistica

Strutture detentive

Un vero e proprio sistema carcerario viene attuato a Torino a partire dalla metà dell'Ottocento, con l'edificazione di carceri giudiziarie e correzionali per minorenni.


Periodo di riferimento: XIX secolo

Periodo di riferimento: XX secolo

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  • militare | carcere

La prima riforma penitenziaria nella Torino dell'Ottocento

«La scienza penitenziaria [...] ha fatto emergere la necessità di una riforma delle carceri fondata sull’impedimento delle relazioni corruttrici, sull’obbligo del lavoro e sul concorso dell’educazione religiosa e civile. Il Re Carlo Alberto è il principe italiano che primo ordinava ne’ proprj Stati quell’utile riforma» (Bertolotti, pp. 357-358). Il figlio Vittorio Emanuele II (1820-1878) stabilisce, con il regio decreto n. 2253 del 27 giugno 1857, la costruzione di nuove carceri secondo il sistema cellulare, che garantisce la completa segregazione dei detenuti ospitati in piccole celle dette cubicoli. La moderna struttura detentiva torinese Carceri Nuove è edificata in sostituzione degli edifici fino ad allora adibiti a scopo detentivo: le Torri Palatine o Carceri del Vicariato; le carceri del Senato di via San Domenico 13 (attive dal Cinquecento come carceri della Cittadella); le carceri delle “Forzate” in via San Domenico 32 e le Correzionali di via Stampatori 3, in funzione dal 1802.

La seconda riforma penitenziaria (1975)

Fino alla caduta del fascismo le regole carcerarie sono molto rigide. Il carcere è concepito come un luogo isolato dalla società libera, in cui le privazioni fisiche e psicologiche sono strumenti per riabilitare il detenuto. I cambiamenti dagli anni Cinquanta sono graduali sino alla riforma penitenziaria del 1975, che segna una svolta storica con l’abbandono definitivo del regolamento carcerario fascista del 1931. Si legge nella Costituzione, art. 27, terzo comma: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. La riforma del ’75 prevede che la rieducazione e il conseguente reinserimento sociale avvenga avvalendosi principalmente dell’istruzione, del lavoro, della religione, delle attività ricreative, culturali e sportive, agevolando opportuni contatti con il mondo esterno ed i rapporti con la famiglia. Sono questi gli elementi che mirano a superare la chiusura e l’isolamento del mondo carcerario. Per rispondere alle nuove esigenze dettate dalla riforma penitenziaria, nel 1987 le Carceri Nuove vengono sostituite dalla Casa Circondariale “Le Vallette”, ora dedicata agli agenti “Lorusso e Cutugno”.

Istituti di pena minorili

In parallelo all’evolversi strutturale, sociale e legislativo delle carceri giudiziarie si trasforma anche il sistema delle case correzionali per minorenni che, considerate a inizio Ottocento “Opere Pie”, divengono istituti penali per minorenni. Il primo correzionale minorile torinese è “L’Ergastolo”, un istituto per giovani di età compresa fra i 12 e i 20 anni, senza malattie e abili al lavoro, che non hanno in realtà commesso alcun reato, ma sono considerati oziosi. Il regolamento della casa di correzione e le condizioni di vita sono molto dure. Nel 1836 la sede dell’istituto viene lasciata alle donne del “Martinetto” e della “Generala” e i ragazzi sono trasferiti a Saluzzo.

Nel 1845 Carlo Alberto impone prigioni separate per adulti e bambini, per «impedire la maggior contaminazione dei carcerati» (Bertolotti, p. 365). Dallo stesso anno entra in funzione l’Istituto penale per minorenni “La Generala”, che da carcere femminile diventa correzionale agricolo per giovani discoli: i locali vengono modificati dall’architetto Giovanni Piolti per permettere l’isolamento notturno e il lavoro diurno. Nel 1935 “La Generala” diviene il Riformatorio “Ferrante Aporti”, ma solo dagli anni Cinquanta la casa di rieducazione abbandona la sistemazione cubicolare adottata nell’Ottocento. Con la Legge 25-7-1956 n. 888 viene inoltre soppressa la sezione carceraria per adottare un metodo rieducativo più mite.

Nel 1843 è fondato il primo carcere minorile femminile, l’Istituto il “Buon Pastore”, gestito dalla monache e diviso in quattro sezioni. Dopo la chiusura avvenuta nel 1960 le ragazze bisognose d’aiuto psicologico vengono mandate in istituti specializzati, mentre quelle colpevoli vengono trasferite al “Ferrante Aporti”, nella sezione femminile recentemente inaugurata.

Istituzioni in aiuto dei carcerati

Già alla fine del Cinquecento l’“Arciconfraternita della Misericordia”, sita in via Barbaroux 41, soccorre i detenuti con cibo e vestiario e li conforta lungo il percorso verso l’esecuzione al “Rondò della Forca”. L’Arciconfraternita si occupa inoltre dell’insegnamento e della biblioteca ospitata presso le Carceri Nuove. Nel 1821 la Marchesa Falletti di Barolo Colbert riorganizza le carceri femminili al “Ritiro delle Forzate” inserendo la preghiera, l’istruzione e il lavoro e nel 1822 apre il “Pio Rifugio” nel quartiere popolare di Borgo Dora, che dà ricovero alle donne scarcerate.

La “Società Reale di patrocinio per i liberati dalle Case di correzione e pena” (1846) è il primo istituto che segue i giovani usciti dai riformatori e cerca di reinserirli nella società. I ragazzi dell’Istituto Cesare Lombroso, costruito nel 1926 dall’ingegnere Enrico Bonicelli per conto della “Società di educazione correttiva dei minori” nell’attuale piazzale Croce Rossa, vengono mandati a lavorare nelle fabbriche vicine. Chiuso negli anni Cinquanta, l’edificio è attualmente sede della sezione socio-psico-pedagogica dell’Istituto Superiore Albert Einstein.

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