Scheda: Luogo - Tipo: Edifici monumentali

Grande Galleria di Carlo Emanuele I, Piazza Castello

La perduta Galleria di collegamento tra Palazzo Madama e Palazzo Reale venne decorata per volontà del duca Carlo Emanuele I per celebrare la dinastia sabauda e per ospitare la ricca collezione di libri e oggetti del sovrano.


Lat: 45.0716007447706 Long: 7.686049014318996

Costruzione: 1497

Rifacimento: 1587

Variazione: XVII Sec. (1600-1699)
− primo decennio, intervento di Federico Zuccari e Guglielmo Caccia detto il Moncalvo

Distruzione: 1659
− Incendio

Demolizione: 1801

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  • galleria

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  • mostra moderna | carta archeologica

La storia

La manica di collegamento tra il Castello di Torino (Palazzo Madama) e l’antico Palazzo del vescovo (abbattuto per edificare Palazzo Reale) era originariamente costituita da un piano terreno porticato e da un primo piano coperto, e serviva da passaggio sicuro tra le due principali sedi del potere cittadino. Quando Emanuele Filiberto (1528-1580) trasferì la capitale del ducato da Chambéry a Torino (1563) e fissò la sua residenza nel palazzo vescovile, questo ambiente divenne parte integrante della dimora del duca.
Il primo vero intervento di decorazione della galleria venne commissionato, dal 1587, dal duca Carlo Emanuele I (1562-1630) al pittore Giovanni Caracca (l’olandese Jan Kraeck attivo alla corte sabauda dal 1568 al 1607). Il sovrano affidò un successivo e più ambizioso progetto di allestimento al pittore Federico Zuccari (1539-1609). L’artista elaborò per la volta una complessa rappresentazione di quarantotto costellazioni e per le pareti una sequenza di monumentali ritratti equestri della dinastia. Questo progetto però venne realizzato solo nella parte relativa alle immagini celesti della volta che vennero dipinte da Guglielmo Caccia detto il Moncalvo (1568 ca.-1625). I dipinti che dovevano illustrare la genealogia sabauda vennero invece confinati nella parte alta delle pareti, per lasciare spazio nella parte inferiore ad armadiature che dovevano accogliere la ricca collezione di libri e oggetti del sovrano: la manica assunse così una duplice funzione di biblioteca e di museo.
La galleria fu distrutta da un incendio nel 1659; successivamente venne ricostruita per essere definitivamente demolita nel 1801 in epoca francese.

La collezione di libri e oggetti rari raccolta dal duca Carlo Emanuele I di Savoia (1562-1630) venne ordinata, secondo l’uso delle principali corti europee, nella Grande Galleria. Per sistemare degnamente la sua collezione il duca fece modificare il progetto di allestimento, incentrato sulla celebrazione della dinastia sabauda, ideato dal pittore Federico Zuccari, e fece sistemare intorno al 1607 nella galleria undici armadiature per lato. Ogni mobile era tripartito e contrassegnato da un cartiglio che indicava la disciplina alla quale erano riconducibili gli oggetti che vi erano ospitati. La lettura dell’inventario della biblioteca ducale, compilato nel 1659 dal protomedico e bibliotecario Giulio Torrini, può aiutare ancora oggi a ricostruire idealmente gli interessi collezionistici del sovrano che miravano ambiziosamente a racchiudere in questo luogo l’intero “teatro del mondo” e spaziavano dai bronzi dell’antichità classica agli strumenti tecnici e scientifici e alle curiosità naturalistiche. Le collezioni sono state disperse a causa delle successive trasformazioni della Galleria e dalla sua definitiva demolizione nel 1801. È però ancora possibile riconoscere nei musei e nelle biblioteche torinesi alcuni oggetti che vi erano conservati, come i celebri volumi di antiquaria di Pirro Ligorio (oggi Torino, Archivio di Stato).

Le indagini archeologiche

Nei lavori di riqualificazione di piazza Castello (1999-2000) sono state indagate e riportate alla luce le successive modifiche dei sotterranei della Galleria, recuperando anche alcuni elementi architettonici analoghi a quelli ancora in opera nell’atrio di Palazzo Madama.

Bibliografia

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Ente Responsabile

  • Mostra Torino: storia di una città
  • Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie