Scheda: Luogo - Tipo: Edifici

Villa Molinario, già Vigna Raby

La vigna domina dall'alto lo scorcio panoramico chiuso tra la collina che piega verso Moncalieri e le Alpi Cozie. Quando la vigna nel 1873 fu trasformata in un monastero, il giardino decadde e fu trasformato in un'azienda agricola data in gestione esterna ai contadini .

Nei ricordi degli anziani abitanti della zona, raccolti da Elisa Gribaudi Rossi, era ancora viva la figura leggendaria di “Monia Abondanssia” (Suor Abbondanza), che ogni autunno agricoltori e proprietari di vigne vedevano comparire, immutabile nel tempo a raccogliere  dagli affittuari il denaro e i frutti della terra.


Lat: 45.0477366 Long: 7.692805300000001

Notizie dal: 1696

Variazione: XIX Sec. (1800-1899)

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Nel 1722 era stata acquistata da Mattia Giuseppe Baratta che, nel 1740, la vendette a Carlo A. Avogadro e poi alla famiglia Raby. Amedeo Grossi fa riferimento a Gasparo Raby e fratello come proprietari della vigna nel 1791; il fratello è Paolo Luigi Raby, docente della cattedra di eloquenza all'Università di Torino, che si dilettava a scrivere poemetti e libelli per melodrammi ed ebbe notorietà come direttore della Gazzetta Piemontese dopo la restaurazione.

Quando ereditò la vigna dal fratello, l'abbellì e la elesse a sua dimora di villeggiatura. Alla sua morte passò ai figli che l'abitarono raramente, ne fecero donazione alla sorella Teofila che si ritirò al Raby con le consorelle trappiste di rigida clausura.

Dopo il 1917 la vigna venne nuovamente utilizzata come dimora di villeggiatura con i nuovi proprietari, i Poma, i Peyrone e i Christillin.

Note

Da Politecnico di Torino Dipartimento Casa-Città, Beni culturali ambientali nel Comune di Torino, Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, Torino 1984:
VILLA MOLINARIO, GIÀ VIGNA RABY
Strada Comunale di S. Vito Revigliasco 338

Vigna.
Segnalazione di edificio con elementi di significato culturale e documentario, partecipa alla definizione ambientale del Piano del Lot.
La vigna, già citata in iconografie del 1696 e del 1706. è ricordata come «Rasin». Nel 1740 Giuseppe Baratta vende la vigna a Carlo Antonio Avogadro e nel 1777 è di Bartolomeo Raby. Il Grossi la ricorda come «...vigna con magnifico casino, e Cappella». L'impianto lineare con appendici verso I'«artefatto piano» presente nella Carta topografica della Caccia si conserva nelle mappe successive: nella mappa Rabbini si osservano delle aggregazioni nel lato Nord. La vigna nel 1873 passò a Teofila Raby e l'edificio divenne Monastero di Clausura. L'edificio attualmente mantiene solo alcuni dei caratteri originari.

Carta topografica della Caccia [1762]; A. GROSSI, 1791, p. 140; PLAN GEOMÉTRIQUE [...], 1805; [Catasto RABBINI], 1866, fol. XXXII; E. GRIBAUDI ROSSI, 1975, pp. 527-529.
Tavola: 67

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