Scheda: Tema - Tipo: Storia

L'offesa aerea. Tipologie di bombe

Il dopolavoro provinciale di Torino del PNF realizzò nel 1939 l'opuscolo L'offesa aerea e la protezione antiaerea, vademecum sulle "cognizioni e le norme" in tema di protezione antiaerea. In particolare, erano qui descritte, le tipologie di bombe che avrebbero potuto colpire le città.

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1. L'offesa aerea e la protezione antiaerea

Il dopolavoro provinciale di Torino del Partito Nazionale Fascista realizzò nel 1939 un opuscolo da distribuire alle famiglie. Tale opuscolo, intitolato L'offesa aerea e la protezione antiaerea, costituiva un vademecum sulle "cognizioni e le norme" in tema di protezione antiaerea. Il manualetto forniva indicazioni puntuali su temi quali: l'offesa aerochimica, gli enti preposti alla protezione antiaerea, i principali provvedimenti (allarme, mascheramento, oscuramento, sfollamento, ricoveri, trincee, difesa dagli incendi, unità ausiliarie), urbanistica ed edilizia antiaerea, protezione dei pubblici esercizi, protezione individuale (indumenti protettivi, maschere antigas), elementi di primo soccorso.

In particolare, il primo capitolo, era dedicato alle tipologie di offese aero-chimiche che potevano essere di quattro tipi: "bombe esplosive (offesa dirompente); bombe incendiarie (offesa incendiaria); bombe bacteriche (offesa bacterica); bombe chimiche ed irrorazione chimica (offesa chimica).

2. Offesa dirompente

L'offesa dirompente consiste nel lancio di bombe cariche di alto esplosivo. Le bombe possono essere di piccolo calibro (se di peso inferiore a 50 chili), di medio calibro (tra i 50 e i 300 chili), di grosso calibro (dai 300 chili). Le bombe penetrano nell'obiettivo provocando un'azione di distruzione con violento movimento d'aria, commozione del terreno e proiezione di schegge. Vi sono poi spezzoni (del peso di 2 chili o poco più) che si usano contro bersagli animati, truppe in marcia, ammassamenti di persone, il cui involucro si frantuma in molti pezzi al momento dello scoppio.

L'aviazione britannica lanciò su Torino anche bombe da demolizione HC, cioè High Capacity, dette "block-buster", spiana isolati; queste contenevano dal 70 all'85% di esplosivo; simili a grandi caldaie cilindriche, non avevano grandi qualità balistiche - cioè la possibilità di direzionare il punto di caduta era decisamente limitato - ma la loro forza distruttirce era elevatissima. Potevano essere ordigni da 2.000, 4.000, 8.000 e 12.000 libbre; queste ultime, le uniche con pinne direzionali, non furono mai usate sull'Italia. A Torino, invece, furono sperimentate per la prima volta quelle da 8.000 libbre.

"Le dirompenti, colla loro enorme potenza di soffio, schiantano gli edifici o li svuotano, li fanno crollare su se stessi, seppellendo persone e cose; crateri profondi si aprono sulle piazze o nelle vie da cui dilaga l’acqua delle tubature divelte; i cavi elettrici aerei o interrati sono recisi, le vetture tranviarie squarciate, i binari contorti, mentre nell’asfalto gli spezzoni esagonali si infiggono e bruciano illuminando, quali fiaccole di morte, quella tregenda" (1).

 

3. Offesa incendiaria

L'offesa incendiaria consiste nel lancio di bombe al fosforo e alla termite. Queste ultime erano costituite da un involucro di electron composto da magnesio puro e alluminio e carica interna di termite compressa (alluminio, limatura di acciaio, sesquiossido di ferro). Le bombe al fosforo, invece, sono ripiene di fosforo bianco o giallo che si accende spontaneamente a contatto con l'aria; il fosforo causava gravi danni all'apparato respiratorio. Il peso di queste bombe variava da 1-2 chili a 50 chili e le più frequenti erano le più leggere.

"I mezzi incendiari vennero irrorati con grande abbondanza. Oltre i normali spezzoni esagonali alla termite, più potenti nell'efficacia in confronto a quelli degli anni precedenti, vennero pure lanciate bombe incendiarie al fosforo e bidoni alla benzina e fosforo. Ogni ondata di apparecchi incursori fa precedere il lancio di bombe dirompenti a quello dei mezzi incendiari, quindi segue la successiva ondata con analogo metodo. questa tattica rende impossibile l'impiego su vasta scala dei mezzi antincendi durante l'incursione; è necessario attendere il termine della incursione, o quanto meno il suo rallentarsi, per intervenire e nel frattempo l'offesa incendiaria radica i focolai cui forniscono esca i materiali stessi che costituiscono la casa". (2)

"La loro grande maggioranza è costituita dagli spezzoni esagonali alla termite. Si considera che su Torino ne vennero complessivamente lanciati oltre 200.000. (...) Di potenza superiore furono invece le bombe incendiarie al fosforo dal peso di 30 libbre, di cui si considera ne vennero lanciate oltre 20.000. Si tratta di vere bombe, munite di spoletta ritardata, in cui l'effetto esplodente è quello che determina l'apertura dell'involucro contenente il liquido infiammabile, la sua accensione e la sua violenta proiezione all'intorno. (...) Vennero pure lanciati altri mezzi quali bottiglie e bidoni contenenti liquido incendiario a base di fosforo, benzina ecc. nonché, in piccolo numero, bombe incendiarie del considerevole peso di 250 libbre. Una di quest'ultime, di cui conserviamo l'involucro, colpì nella notte del 13 luglio 1943 il palazzo degli Uffici della Divisione Statistica ed Urbanistica in via Lagrange 12". (3)

4. Offesa batteriologica e chimica

L'offesa bacteriologica (batteriologica) avveniva tramite il lancio dagli aerei di fiale, abiti o altri oggetti contaminati. I batteri più comunemente usati erano quelli del tifo, della difterite, della febbre gialla, del tetano.

L'offesa chimica è attuata mediante la diffusione di gas tramite lancio di bombe o irrorazione aerea o sbarcando reparti con carri e innaffiatori speciali. Gli aggressivi chimici sono generalmente distinti in: tossici (ossido di carbonio, acido cianidrico, vapori nitrosi); soffocanti (cloro, fosgene, disfosgene, cloropicrina); irritanti, che a loro volta si dividono in lacrimogeni, starnutatori arsine, urticanti e vescicanti. La principale difesa dalle offese chimiche è la maschera antigas, di cui esistevano svariato modelli, accuratamente descritti del manualetto.

Non risulta, però, che questo tipo di offesa sia stato attuato nella nostra città.

5. La testimonianza di Diego Novelli

"Le bombe, per piccole che siano, non sono mai di cartapesta come invece si ostinava a sostenere un signore che ogni sera per radio commentava i fatti del giorno. Rivolgendosi direttamente al re d'Inghilterra Giorgio V e al suo capo di governo Winston Churchill, quel tizio affermava con una buona dose di sfacciataggine, che le bombette di cartapesta degli inglesi non facevano paura agli italiani. Man mano che passavano i mesi le bombe diventavano sempre più terribili, come quelle che hanno incominciato a sganciare su Torino a partire dall'ottobre del 1942: si chiamavano 'bombe dirompenti'".

Novelli, Diego, Le bombe di cartapesta, SEI, Torino 1983, p. 20

6. La testimonianza di Emanuele Artom

"Torino, 21 novembre 1942... ieri sera, quando suonarono le sirene, andammo al rifugio. Dopo mezz'ora di silenzio, le prime bombe dirompenti e incendiarie. Uno schianto e la luce si spegne. Presosi l'incarico di calmare l'inquietudine, un coinquilino dice a ogni colpo rumoroso: 'E' caduta una bomba; che cosa c'è di speciale?'. Verrebbe voglia di rispondere: 'niente, è la cosa più naturale del mondo!'. A un certo punto, quando gli spari cessano, qualcuno si affaccia al portone e torna dicendo che tutta Torino brucia. Allora salgo con papà e vedo una visione impressionante. Il cielo tutto rosso per chilometri e chilometri. Le serrande dei negozi divelte e contorte, in terra larghe macchie bianche, il fosforo lasciato cadere dagli inglesi. Sembra che una nuvola di fuoco, resa ancor più luminosa dall'oscurità, gravi su Torino".

Artom, Emanuele, Diari. Gennaio 1940 - febbraio 1944, Centro di documentazione ebraica contemporanea, Milano 1966, p. 48

7. La testimonianza di Primo Levi

"In vari punti della città le lastre di pietra conservano le tracce delle incursioni aeree della Seconda guerra mondiale. Le lastre spezzate dalle bombe dirompenti sono state sostituite, ma sono state lasciate in sito quelle che erano state perforate dagli spezzoni incendiari. Questi ordigni erano prismi d'acciaio che venivano lanciati alla cieca dagli aerei, ed erano disegnati in modo di cadere verticalmente, con tale impeto da perforare tetti, solai e soffitti; alcuni di essi caduti sui marciapiedi, hanno forato nettamente la pietra spessa dieci centimentri, comne punzoni di trancia. E' probabile che chi si prendesse la briga di sollevare i lastroni forati forse vi troverebbe sotto lo spezzone; due di queste forature a pochi metri di distanza l'una dall'altra, si trovano ad esempio davanti al numero 9 bis di corso re Umberto. Al vederle, tornano alla mente le voci macabre che circolavano in tempo di guerra, di passanti che non avevano fatto a tempo a rifugiarsi, ed erano stati trafitti dalla testa ai piedi".

Levi, Primo, Segni sulla pietra, in "La Stampa", 20 settembre 1979.

Levi, Primo, Segni sulla pietra, in Levi, Primo, Opere, vol. 3, Einaudi, Torino 1990, p. 645.

Note

(1) Melano, Giuseppe - Pesati, Carlo Emanuele, La guerra aerea su Torino, in «Annuario statistico della Città di Torino», 1943, Torino, p. XXII

(2) Ibidem, pp. XXI-XXII

(3) Ibidem, pp. XXVII-XXVIII

Bibliografia

Fonti Archivistiche

  • ASCT, Miscellanea Stato Civile 111

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Ente Responsabile

  • Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà