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che fuori della Gran Bretagna vedemmo per la prima volta
a Torino organicamente espresso, egli
è
certo che a
Charles Mackintosh esso
è
principalmente dovuto e alla
sua consorte, le cui dottrine artistiche, idealizzate dal
pre,
stigio e dalla grazia femminile, varcarono i confini della
patria e non poca influenza esercitarono sullo spirito
dei più colti artefici della moderna forma decorativa.
Il salotto delle rose, nella sua quasi nudità candida e
pudica, avvivata, sanguificata dalla rubi conda tinta delle
stoffe sotto il presunto, non mai veduto lume di quelle
semplici, elementari, schematiche lampade elettriche, era
senza dubbio fuori di posto. Nè il raggio indiscreto del
sole d'Italia, nè la vastità collettiva dell'ambiente di una
Mostra, nè lo spirito clamoroso e vario di cento e cento
visitatori d'ogni ceto e d'ogni razza componevano l'am–
biente adatto a custodire quel corpo decorativo cotanto
esile e timoroso.
Senonchè proprio di faccia ad esso erano alcuni di–
segni colorati di altre camere scozzesi fornite ' di più
gagliarda ' intonazione, ed ' erano esposti ' pure disegni
architettonici del Mackintosh dalle linee dritte, ,dalle
finestre semplici, ampie, rettangolari, nude di ' modini,
non avvivate da chiaroscuro di sorta alcuna; note spe–
cifiche ,di architettura esterna, che, oltre le cento altre
circostanze locali, le quali qui non riferiamo, ' bastano a
dar ragione di quella quasi monastica, intima semplicità
del gabinetto delle rose. Nondimeno ogni linea dei suoi
mobili, ogni accento, ogni ' richiamo di colore, sin quello
dei batuffolini di velo simulanti fiori di rosa, potea dirsi
il
,
f~utto
di 'un pensiero, di una meditazione, di ' una
idea occulta.
Narrando tutto questo non abbiamo stimato già di de–
finire l'arte scozzese nè d'insinuarne lo spirito nell'animo
di coloro che ' non la sentono e non la intendono, 'ma
abbiamo ' bensì ' presunto che anche questo incompiuto
cenno fosse .bastevole a dimostrare agli intelligenti come il