

Tre testimonianze su Antonio Gramsci
Gli oooi gio.,ooili
È
un ricordo di gioventù. Ebbi un assai
lungo periodo di dimestichezza con An–
tonio Gramsci, av,endo fatto parte del
primo gruppo di giovani che a Lui fu–
rono subito legati da una comunità di
ideali e di aspirazioni allorchè Egli ven–
ne a Torino dalla nativa Sardegna per
iscriversi alla Facoltà di lettere e filo–
sofia di questo Ateneo.
L'incontro non fu casuale, come avviene
talvolta fra i giovani che si trovano e
simpatizzano rapidamente. Era la pri–
mavera del 1913 - 54 anni fa - e noi,
lavoratori meccanici dell'industria au–
tomobilistica torinese, eravamo in scio–
pero.
I!
giovane studente sardo nulla sapeva
delle lotte del lavoro. Proveniva da
zone agricole chiuse in secolari tradi·
zioni di servitù, arretrate di molto nei
rapporti sociali ed economici. La sua
mente si apriva allora - fuori dai libri
e dallo studio - alla conoscenza di–
retta di un mondo nuovo , di una so–
cietà nuova, con misura umana diversa
ed inconsueta, nella città che già aveva
avuto la sua trasformazione radicale da
luogo di tranquille attività artigianali
a centro pulsante di attività produttiva
della più moderna fra le industrie nuo–
ve in pieno sviluppo tecnico.
Vi era in Torino, particolarmente nel·
l'industria dell'automobile, una massa
di lavoratori in effervescenza usa ora-
,
mai alle più dure battaglie per i diritti
del lavoro ed all'azione rivendicativa
verso le nuove conquiste, in confronto
di una classe imprenditoriale abile e
tenace, già modernamente organizzata
in Sindacato, in posizione nettamente
contestativa delle pretese operaie.
Il giovane studente incrociava, recando–
si all'Università, sotto i portici di via
Po, in quella primavera, gruppi frequenti
di operai che ogni mattina si recavano
alla loro adunanza nel Parco Michelotti,
laddove trovavano i dirigenti sindacali
della Federazione Italiana Operai Metal–
lurgici ed i compagni delle Commissioni
di fabbrica e ne ricevevano le notizie
quotidiane.
Influenza determinante
Spinto da un interesse subito vivo, che
non era solo curiosità, ma bisogno di
conoscenza, il giovane, unito a qualche
compagno di corso, avido anch'egli di
sapere, seguì talvolta quei gruppi fino al
Parco, udì i discorsi degli organizzatori
ed i conversari degli operai, si fram–
mischiò con gli scioperanti e finì con l'in–
trodurre i suoi pensieri e le sue prime
argomentazioni politiche nelle piccole
discussioni dei gruppi sparsi, interes–
sandosi dapprima al problema partico–
lare del momento - le cause ed i mo–
tivi dello sciopero - cercando, poi, di
ampliare nella sua mente la visione dei
problemi più generali della vita operaia
nella grande città e - prima ancora -
nella fabbrica.
Fu qui che io conobbi Antonio Gramsci
e presto diventammo compagni ed ami–
ci. Egli volle conoscere a fondo gli am–
bienti dove la vita operaia si svolgeva:
i circoli, le leghe, i gruppi politici,
il
Partito. E venne con noi, giovani socia–
listi, partecipando alle nostre riunioni
con sempre maggiore assiduità ed inte–
resse.
Silenzioso d'abitudine, direi, anzi, di
natura taciturna. Non aveva gli slanci
vivaci - magari turbolenti o tumul–
tuosi - che è ben sovente la caratte–
ristica dei giovani (la mia, per fare un
caso esemplare). Egli sapeva ascoltare e,
certo, nella sua mente annotava ed ela–
borava; di rado , non solo nei primi tem–
pi, ma assai a lungo anche dopo, pal'–
lava nelle riunioni e nelle assemblee;
però, quando interveniva, subito dimo–
strava l'acutezza del suo pensiero con
l'efficacia delle osservazioni, dei rilievi
e delle argomentazioni che andava svi–
luppando.
Questo è stato
il
«
primo» Gramsci to–
rinese.
Si è scritto parecchio ed altro si scri–
verà ancora su come egli è vissuto, come
si è formato intellettualmente e spiri–
tualmente, come è maturata la coscien–
za socialista e la sua coscienza umana
che ne ha portato la vita ed il pensiero
tanto in alto, come egli è diventato scrit–
tore, redattore e direttore di riviste e di
quotidiani, agitatore politico ed organiz–
zatore, come è passato dalla libera azio–
ne e dalla battaglia politica alla lotta
clandestina in Italia e fuori, fino all'ar–
resto ed al carcere infame, come a poco
a poco, nel carcere stesso, attraverso la
quotidiana sofferenza durata fino al mar–
tirio, sia assurto a simbolo dell'antifa–
scismo e dell'eroica lotta contro la dit–
tatura e l'oppressione e per la ricon–
quista della libertà, della democrazia e
del potere popolare.
Questo mio non è solo un ricordo stret–
tamente personale: è la rievocazione del–
l'incontro di Antonio Gramsci con la
gioventù e con la massa operaia torinese,
incontro che è stato indubbiamente de–
terminante per l'avvenire dell'Uomo e
per lo sviluppo del suo pensiero.
Certo: l'inserirsi di questo giovane in–
tellettuale con la sua azione promotri–
ce e propulsiva nella vicenda della clas–
se operaia torinese fu obiettivamen–
te determinante, più di ogni altro fat–
tore, della vita e dell'attività delle Or–
ganizzazioni operaie, sindacali e' poli-
29