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Vi è un aspetto dell'opera di Arturo Farinelli che

a nessuno può sfuggire e sii cui, stranamente, nes­

suno ancora si è fermato ili proposito : il suo aspetto

letterario. Aprite qualunque opera «lei Farinelli,

sentite un suo discorso, ascoltatelo alla radio: sem­

pre riconoscete immediatamente uno stesso linguag­

gio. uno stesso stile. K questo linguaggio, questo

stile, che hanno caratteristiche loro inconfondihili.

sono soprattutto uno specchio chiarissimo della per­

sonalità dello scrittore. Dello scrittore: perchè tale

è Arturo Farinelli, anche se tutta la sua immensa

produzione ha rivolta alla critica, se nulla ci ha dato

di esclusivamente letterario, se solo in questi ul­

timi tempi, ripiegandosi talvolta a guardare il pas­

sato, si è lasciato indurre a stendere, direi quasi più

per gli amici di oggi e domani che per uu pubblico

anonimo, alcuni ricordi della giovinezza.

Certo senti anche lui l'allettamento alla produzione

poetica: nè sapremmo invero immaginare come non

scrivesse versi, come non tentasse or l'uno or I altro

genere, in quegli anni in cui più ribollono le gio­

vanili energie, tanta è ancora la fiamma del suo sen­

timento. la foga dei suoi scritti. Egli stesso ricorda

infatti nel « Rogo del manoscritto del mio viaggio

ispanico» gli «abbozzi di drammi, le novelle ten­

tate. le liriche, a cui correva la folle ardenza del

cuore ». e ili « Fuga in (spaglia a vent'anni » i « ta­

citi esercizi di poesia »; ma nulla ne è rimasto: se

ora egli non accenna a quei tentativi poetici senza

sorridere delle sue «diavolerie letterarie», della

«cattiva pratica del versificare», «lei «grandi e so­

nanti periodi ». dei « componimenti tutti seri e im­

mancabilmente sciatti e pietosi», già allora non vi

potè trovare appagamento: e, ben lontano dall'in-

dulgere aU'ainhizioncella di pubblicare, dava piut­

tosto alle fiamme egli stesso quanto veniva scri­

vendo.

Gli è che, se la foga l'urgeva e gli faceva quasi

groppo, vietandogli la chiarezza e determinatezza

della visione, d'altro lato accanto a questa impetuo­

sità era altresì in lui, fin dalla prima giovinezza,

una contrastante tendenza a riprendersi, a rientrare

in sè. a ricadere sulla terra dura, che a sua volta

doveva intralciare la sua creatività e renderlo inap­

pagato. (guanto egli dice della sua vita pratica, credo

valga non meno per la su? vita fantastica: «Fan­

ciullo vivace all'eccesso e di inaudita sensibilità, non

avvertivo con la scarsa mia facoltà giudicativa, la

mescolanza strana che era in me di una fantasia ac­

cesa per un nulla sino al delirio e di una ragione

dimessa, fatta di prosa e di caparbietà, che dai voli

al cielo mi riconduceva prontamente alla terra nuda

e squallida, sulla quale bisognava pure porre saldo

il piede».

E questo contrasto tra fantasia e raziocinio, dive­

nuto consapevole severa esigenza e incontentabilità

m

di se stesso, è ciò clic gli impedisce anche più tardi

la libera creazione: quando accetta dal Treves la

proposta di un \ olitine di impressioni spagnuole.

egli si esalta in questo pensiero e traccia tutto un

gran piano di un'opera che doveva accogliere in sè

l'anima profonda della Spagna nella sua storia, nelle

sue genti, nella sua poesia, nelle sue leggende, nel

suo paesaggio. Ma nella stesura gli entusiasmi si

vanno sfreddamlo. le impressioni non si coordinano

e fondono iu armonia, qualcosa di freddo entra nella

creazione per l'obbligo stesso a cui deve obbedire:

l'inappagamento cresce: «Anelavo la poesia: l'ar­

tista avrebbe douito umiliare sempre il letterato e

l'erudito. Ricadevo invece insensibilmente e ineso­

rabilmente nella prosa che aborrivo. L'istantaneità

se n'era andata... lln libro e

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una vita palpi­

tante. Mucchi di carta ancora e non spirito che vi­

bra e illumina

».

Gli pare di essere un profanatore,

che nelle « goffe» carte accumulate « offende la bel­

lezza con un contratto stipulato». Onde il suo tor­

mento. che si conchiude infine nella decisione di

fare un rogo del manoscritto, e il rogo attizzato con

« impeto rabbioso ». quasi egli avesse a purgare se

stesso di una macchia, di una colpa.

* * *

Ma al proprio temperamento non si fa violenza, e

quello stesso ardore che

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riusciva a esprimersi e

ad appagarlo pienamente, nell'altezza della sua esi­

genza, nell'opera poetica, ben lontano dall'inari-

dirsi, si versa e si esprime invece nella sua critica,

ove raziocinio e fantasia non più si contrastano, ma

possono anzi coordinarsi e fondersi in un'opera co­

mune di indagine, di giudizio, di ricreazione. Chè

la critica di A. Farinelli è sempre queste tre cose

insieme. Egli parte da sconfinate ricerche e letture,

condotte a fondo, talché non riuscirete mai a co­

glierlo alla sprovvista e rimane in voi piuttosto la

meraviglia, come egli possa trovare il tempo a tutto

vedere, e come riesca a tutto ricordare, come, anche

più, conservi, tra tanta erudizione, il calore e l'im­

peto del sentimento : un'ampiezza esauriente di in*

dagini, che già nella sua giovinezza si manifestava

nella «manìa enciclopedica », nel desiderio di tutto

conoscere, esplorare e segnare. E la ricerca gli si ac­

compagna col giudizio critico penetrantissimo, reso

anche più accorto dalla stessa ampiezza degli oriz­

zonti che gli si sono schiusi: un giudizio in cui già

si manifestano a un tempo la sua sensibilità e fan­

tasia. Da nulla infatti egli tanto rifugge come dal

freddo ragionare, sezionare, catalogare in tutto ciò

che è espressione della vita dello spirito. Con com­

piacimento non perde occasione di dichiararsi

« ignorante di dottrine e di sistemi », di compian­

gere « i solerti regolatori e amministratori dei fitti