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tata la prima volta che uscì col Maestro all'aperto

a dipingere. Non era riuscito a far «piasi nulla tanto

era preso di ammirazione per quello che vedeva

fare al grande paesista. Avc\a veduto sorgere dal

nulla, delinearsi e consolidarsi su quel telaio di tela

un superbo pezzo pittorico. Pensava: «Giungerò

mai io a fare qualcosa che possa non uguagliare

questo dipinto, ma stargli almeno vicino? ». Anche

il maestro si era alzato e guardava la sua opera;

la guardò ben bene, poi prese una spatola, e in

•putirò e quattr'otto. mentre Follini inorridiva, ra­

schiò via tutto borbottando: « Niente di buono,

tutto da rifare ».

In tanti anni di vita Carlo Foliini aveva girato molto,

aveva conosciuto quasi tutti i grandi artisti, e aveva

raccolto un'infinità di episodi che era un vero pia­

cere ascoltare narrarli.

Per la hre\ità dello spazio non ne ricorderemo che

uno. Era a Napoli e aveva trovato lo studio nello

stesso stabile dove l'avevano Domenico Morelli e

Pasini. Questi due ultimi abitavano l'uno di fronte

all'altro e poiché fra loro, per un nonnulla, era

sorta una fiera inimicizia ed avevan giurato non so­

lamente di non più salutarsi ma neppure di vedersi,

al Foliini capitò a più riprese di assistere ad una

comica scenetta, sempre la stessa. Suonato mezzo­

giorno si apriva l'uscio del Morelli, proprio men­

tre si schiudeva quello del Pasini. Tanto l'uno che

l’ altro accortisi che il dirimpettaio stava per uscire,

nella tema di trovarsi a faccia a faccia, richiude-

vano l'uscio; e così molte volte, entrambi, finivano

per non andare a desinare.

Superbe opere di Carlo Follini sono state acquistate

dalla Galleria Nazionale di Roma, dalle principali

pinacoteche d'Italia e da collezionisti privati ita­

liani e stranieri.

l!n romantico deir800.

Giovanni Giani è morto a 70 anni. Era un inna­

morato dell'arte e benché di temperamento modesto

aveva una conoscenza precisa del proprio valore.

Fra un artista romantico, sentimentale, ma posse­

deva autentici valori pittorici. Nel suo campo era

un maestro. Gli avevano data la popolarità quelle

scene d’ ambiente, popolate da figurine setteceute-

sche che non avevano però nulla del manierismo,

del commerciale. Era un genere che incontrava in

un certo periodo il favore del pubblico. L'avere nel

proprio salotto una di queste pitture di genere co-

stituiva allora un segno di buon gusto e di distin­

zione per molte signore.

Era con rara sincerità di espressione che egli dipin­

geva questi suoi quadri cedendo a quella sua spon­

tanea vena romantica che lo avvicinava al Favretto.

Fra i suoi dipinti d’ ambiente ne ricordiamo uno

realistico, esposto non molto tempo fa alla « Pro­

motrice ». Era la biblioteca del « Circolo degli Ar­

tisti » : ed esprimeva la sua passione per il mobilio,

per la grazia e la suggestione che poteva emanare

da un vecchio locale.

Aveva poi un senso paesistico tutto personale. Una

ariosa delicata produzione; quadretti di una grande

gentilezza coloristica, una visione fresca piacevole

di vedute collinari, di ampi orizzonti, di masse di

verde fra cui sembrava spirasse la brezza.

Aveva anche (iato vita al suo capolavoro : «

Batte­

simo a Cogne

». un dipinto magistrale in cui la com­

posizione uguagliava in valore il paesaggio. Ed egli

ben sentiva di aver dato in quell'opera la misura

delle sue possibilità e non fu contento fin quando

non riuscì a ricomprare dall'acquirente quella sua

tela, per tenersela nello studio, sempre sott'occhio.

L'amore per l'arte gli veniva per tradizione: era

figlio di un pittore di fama : Fautore della « Pia de'

Tolomei » e del « Prigioniero politico ». Il padre era

stato il suo primo maestro e da lui aveva certamente

ereditata quella vena di sentimentalismo e di ro­

manticismo che profondeva nei suoi dipinti.

In s<»cietà era invece gioviale, ridanciano, arguto.

Amava trovarsi fra gli artisti, vivere spensierata­

mente le ore del Circolo, organizzare manifesta­

zioni. feste. Era lieto di poter riconoscere in altri

qualità e pregi anche se questi si allontanavano dalla

sua concezione artistica ed aveva sempre parole di

incoraggiamento e di animazione per le giovani re­

clute che andavano a rinverdire la famiglia dei vec­

chi pittori.

Carlo Foliini era forse un po' più misantropo, v i­

veva specialmente negli ultimi anni un po' troppo

appartato. Giovanni Giani invece non compren­

deva la vita se non allietata da gioconde brigate,

sempre primo in quelle sbrigliate e scintillanti di­

scussioni in cui le idee più bizzarre sprizzavano

come raggi. Entrambi però hanno lasciato un vuoto

incolmabile e larga messe di rimpianto nella schiera

degli artisti torinesi.

U. P .j