

non si riscatta neppure colla mole imponente nel
passo ieratico. È impossibile, nonostante la fram
mentarietà della creazione ramoniana, fornire una
visione di essa attraverso l'esposizione di fram
menti. Gli
Eehantillons,
con cui Valéry Larbaud
trasse fuori di Spagna l'inventore Ramón per re
galarlo all'Europa, non ci sono sufliceuti: è tutta
la sua opera, tutto il suo mondo che ci affolla, ci
preme, ci affoga, ci conduce a considerare seriissi-
mainente gli scherzi e le trovate, scambiando le ap
parenze colle sostanze, le fantasie con i sentimenti,
i manichini con gli uomini. Ma la farraggine del
Pombo
vive di questo e per questo. Con i suoi ab
bozzi di racconti ed i suoi scheletri di romanzi, egli
tende senza dubbio a raggiungere, da vivo, il mito.
Addirittura sbalordisce quella sua straordinaria abi
lità di far sprizzare da una parola una moltitudine
di significati, e più sbalordirebbe, se, come prima
dicevo, la si considerasse come il risultato di una
ricerca, con un'ombra di tormento. Ma noi pos
siamo soltanto giustificare la sua arte attraverso la
magia, ed egli stesso la rivela attraverso l'ainore che
«juesto giocoliere ha per tutti i giocolieri, da piazza
o da circo, che illudono gli uomini colle loro tro
vate.
Anch'egli è un illusionista: dal suo cilindro può
benissimo far uscire una coppia di conigli, una bot
tiglia di
champagne,
una mazza da passeggio, un
vestito da signora. Tutto c^n faccia tranquilla, un
po’ innocente, come per dire, come al solito: «Ma
è tanto semplice!», dando l'impressione di poter
continuare all'infinito quel suo giuoco d'illusioni.
Il pubblico potrebbe essere stanco, potrebbe non
più reggere a seguirlo nelle mirabolanti trovate: egli
no, non è stanco, è sempre fresco e riposato, e se
rinuncia a continuare, è proprio soltanto per non
generare nel pubblico la stanchezza che potrebbe
perderlo. Allora cambia registro, con grazia leggera,
come per fare un regalo da gran signore. E dalle
più semplici invenzioni, passa a tentativi più diffi
cili. funambolismo d'alta scuola, nei campi più di
sparati. Che egli parli degli elefanti da circo o del
primo brivido dell'alba o dei seni delle monache,
sempre lo fa con quell'abilità che è il tocco di una
mano sapiente su un'epidermide accesa.
La sua sensualità dilaga in orge di colore, tende a
trovare il momento epico dell'atto comune, si estasia
per un istante su una posa, ironizza su un senti
mento, immagina una soluzione inutile per una
situazione assurda, si compiace di una fiaba nata lì
per lì e mai uscita dall'abbozzo, trova una nota alta,
la incoraggia, la spezza in un tintinnio di xilofono,
riprende con zampilli leggeri, con un sussurro im
provviso di foglie al vento, finisce in una risata ir
ritante.
Questo è tutto il suo mondo, attraente e torbido,
acceso e scoppiettante, vivo, molto vivo. Ma per il
suo stesso carattere, pericoloso. Basterebbe una sola
nota stonata, una parola fuori posto, un aggettivo
mancato, per dissolvere tutto. Poiché il suo giuoco
aereo é sempre un giuoco di trapezi, che non con
sentono all'atleta il minimo mancamento, se non si
vuol finire coll'urlo di orrore del pubblico teso
verso il ginnasta immobile caduto sull'arena a metà
dell'esercizio senza rete. Perchè la straordinaria vi
vezza di questo mondo emana tutta dall'autore, che
non concede sosta alla nascita delle immagini, e i
personaggi sono pupazzi e le situazioni pretesto.
Con questo si arriva al lato negativo della produ
zione di Ramón. Quel suo giuoco ci incanta, siamo
pieni di ammirazione per la sua fantasia cangiante,
per le mille sorprese che egli con un modesto, fine
sorriso ci propina: ma ad un certo punto abbiamo
coscienza di esser diventati anche noi, suoi lettori,
nulla più che i burattini assurdi che servono al suo
spettacolo; sappiamo che non è vero niente, che
non volevamo prestarci, lui solo ci ha trascinati in
quel mondo grottesco di forme immobili che acqui
stano vita soltanto nella notte delle streghe.
Allora, pensando chiaramente, vorremmo che ces
sasse, che si ripiegasse sulla vita di un'umanità vera,
che provasse a far zampillare significati di gioia e
dolore, bassezza e grandezza, non soltanto da cuori
meccanici, ma da cuori vivi di uomini. Perchè non
ci si può liberare da un'impressione di fiera o di
museo, ambienti chiusi, stanze oscure in cui imma
giniamo più vivi gli oggetti che non gli abitatori,
anzi, di cui i veri abitatori sono gli oggetti, orologi
minacciosi dal fatale battito, animali impagliati con
tondi occhi nel buio, armi che potrebbero sparare
da sole per un'improvvisii brutale oscillazione della
casa.
Tutto ciò vive nel raffinato spirito di Ramón, nello
spirito di questo spagnuoio pariginizzato, die fa
pensare così spesso a Depero e De Chirico e Dot
tori, e vorremmo per qualche volta ricordasse Goya,
o Picasso.
Io penso al giorno in cui più nessuno crederà in
Ramón e nel suo giuoco. Allora egli stesso avrà
la medesima funzione dei suoi manichini, l'illusio
nista die ha mancato l'esercizio sensazionale di una
sua grande serata. Il pubblico sfolla, ed egli rimane
assorto, attonito, con le lunghe mani bianche so
spese, quelle mani die non gli servono più, perché
non c'è p iù il pubblico ad animarle, dopo che esae
Io hanno deluso. Molto triste.
Ma forte soltanto allora, in solitudine, troverà la
soluzione del sm» dramma nascosto.
m e
b a v a