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G . M. G raneri -

dipinto ad o lio -

Bm e w l • banchi a P o rta P a l a n o 1751 -

Civico d i T o rin o

Premesso che il sostantivo « repubblica » si usa

scherzosamente, tra il popolo, per significare confu­

sione e disordine, i maligni hanno insinuato che la

nuova denominazione di piazza della Repubblica data

alla piazza Emanuele Filiberto, dove, come si sa è la

sede del più grande mercato di Torino, non poteva

cadere più a proposito, e che sia stata, in certo modo,

la sanzione ufficiale, il legale riconoscimento della

nota qualifica di «

repubblica ’d Porta Palass

» da

tempo immemorabile affibbiata dal popolino a detta

piazza. E’ evidente die, politica a parte, la nuova

denominazione ha per i vecchi torinesi un certo sa­

pore di ironia.

Come è noto, l’orìgine della denominazione di Porta

Palazzo data dalla popolazione torinese alla piazza

della Repubblica ed alla zona circostante ha origine

dalla Porta Palatina che fu la « Porta principalis des­

terà » nel periodo di Roma imperiale e che nel medio­

evo prese il nome di « Palatium » (e quindi « Porta

Palatii »): ivi probabilmente ebbero la loro sede i

duchi longobardi e i conti franchi.

La piazza del più grande mercato di Torino offre

giornalmente uno spettacolo vario e tumultuoso:

è un tramestio incessante di gente di ogni qualità e

ceto, che va e viene indaffarata, e (he si affolla tra

le file dei bandii dei rivenditori, si urta, si pigia, tra

il clamore assordante deDe grida dei rivenditori. Mas­

saie e cuoche portano a fatica borse ricolme e strari­

panti di verdura e di frutta, una è allegra e soddi­

sfatta perchè è convinta di aver speso bene

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suo de­

naro, l'altra è invece di pessimo umore penhè ri 4

accorta, troppo tardi, c.

-. comperato in uno di quei

bancherottoli una qualità di merce che avrebbe po­

tuto trovare migliore e con minor spesa in un altro.

E’ scomparsa però una caratteristica, una nota di

colore che in altri tempi si aggiungeva al vivace quadro

del mercato e formava un'attrattiva di particolare

curiosità. Intendo alludere a quell’esercito vario e

pittoresco che giungeva sulla piazza e die era com­

posto di gabbamondo e venditori di fumo: sacerdoti

e sacerdotesse dell’arte divinatoria, chiromanti, carto­

manti, negromanti, veggenti, cavadenti, spacciatori di

specifici miracolosi e, più onesti, o meno tiurmatori,

gli esibizionisti di giuochi di varietà, ingoiatori di

spade, mangiatori di fuoco, ventriloqui, sollevatori di

pesi, giocolieri, pagliacci eccetera, eccetera. Di tutta

quella variopinta accolta mi limiterò a ricordarne al­

cuni, tipi particolarmente curiosi, che possono essere

oggetto di ilare commento. Comincerò dal precur­

sore o pioniere dei romanzi a fumetti, di quei fumetti

oggi tanto in voga, pei quali si stampano ebdomadari

colorati, a delizia dei fanciulli d’ambo i sessi e die

sono pure impiegati largamente a scopo reclamistico

da case commerciali; e, persino, si sono introdotti in

apposite rubriche di giornali quotidiani che vanno

per la maggiore. Nulla di nuovo al mondo, dunque,

neppure i fumetti. Il pioniere summenzionato non

presentava al pubblico certamente le avventore di

Orlando o dei Tre moschettieri; si dedicava ad espjrre

ed illustrare i più mhnmaginalmente foschi e trud

'ÌAUél

QCUiXL

INTERMEZZO

SU PORTA

PALAZZO