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ma per la foggia del suo copricapo, che- ai suoi tempi

era apparsa strana e in contrasto con l’abitudine dei

suoi colleghi, che usavano portare il cilindro, e poi

per un clamoroso incidente che gli era occorso in se­

guito ad una discussione sorta in Parlamento per la

manifattura dei tabacchi.

Nella sua passeggiata serale il Giolitti era, come

ho già detto, quasi sempre accompagnato da due o tre

amici, dei quali uno gli era inseparabile: il commen­

datore Falco. Se si incontrava il commendatore Falco

sotto i portici del corso Vittorio Emanuele si poteva

essere certi che di lì a poco lo si sarebbe visto insieme

con l'on. Giolitti. Fra gli altri amici più assidui erano

da annoverarsi l’on. Luigi Giordano, deputato del

V Collegio politico di Torino ed il senatore Alfredo

Frassati, direttore de «

L t Stampa

». Quest'ultima

personalità è l’unica superstite vivente di quel gruppo.

A passo lento e misurato il gruppetto faceva e rifa­

ceva più volte il percorso dell accennato tratto di por­

tici. Di tanto in tanto Giolitti si fermava per termi­

nare qualche sua frase e con lui si arrestavano gli

amici per meglio ascoltarlo, poi tutti insieme ripren­

devano quasi subito il passo interrotto. Che cosa di­

cesse il Giolitti non lo so, ne mi era possibile, per la

distanza in cui mi tenevo sempre da lui, afferrare

qualche sua parola, nè, infine, a tanto aspirava la mia

curiosità. Una volta lo vidi derogare dal suo percorso

abituale e fu una sera di primavera già inoltrata,

quando il gruppo, giunto al limite del corso re Lam­

berto, invece di ritornare indietro continuò la sua

strada e, raggiunta la parte opposta del corso, Gio­

litti si rivolse ai compagni e a voce alta disse: «

Pas-

sourna da l.i c'a l'è tanta bel

» (Passiamo per di là

che è cosi bello) e indicò il corso re Umberto nella

direzione di corso duca di Genova (oggi corso Stati

Uniti). Fu allora l’unica volta che udii la voce del-

l'on. Giolitti, voce d’un suono armonioso, caldo e sim­

patico. Infatti il gruppo deviò a sinistra, attraverso il

corso Vittorio prosegui per il corso re Umberto inol­

trandosi poi per i viali dell’odierno corso Stati Uniti.

Quei paraggi, ai tempi di cui parlo, non erano ani­

mati come lo sono oggi dall'incessante movimento di

automezzi, era una zona, di sera specialmente, semi*4

deserta. Quella variazione di itinerario mi permise di

fare una scoperta; per la prima volta mi avvidi che

un agente di pubblica sicurezza in borghese, tenendo

per mano una bicicletta, si trovava dalla parte op­

posta dello stesso viale percorso dall’on. Giolitti, ad

una distanza ancor più... rispettosa della mia, e di

lontano seguiva lentamente il gruppo. A dirla in

breve riuscii a cattivarmi l’amicizia di quell’agente il

quale, sia detto ad onore del Corpo cui apparteneva,

era una degnissima e brava persona. Fra quell’agente

e me nelle diverse volte che ebbi a incontrarmi con

lui non intercorsero mai indiscrezioni di sorta; una

sola volta mi onorò di una confidenza e cioè* mi spiegò

il perchè sorvegliasse l’on. Giolitti a tanta distanza;

d’ordine del Questore egli doveva essere di scorta al

Presidente del Consiglio in modo però da non farsi

scorgere. L’on. Giolitti non voleva assolutamente es­

sere seguito da agenti, da nessuna scorta, neppure a

distanza! Qui mi vien da ridere se penso ai «

mo­

schettieri ■»

dei tempi della dittatura!

Anche Camillo Cavour non tollerava scorte di sor­

ta; ed in proposito aveva anche diffidato le autorità

di polizia dal farlo pedinare. Cavour aveva l’abitu­

dine di fare ogni sera, da solo, fra le diciotto e le

diciannove, una passeggiata a piedi sotto i portici

di via Po dopo l'intensa giornata di lavoro al suo mi­

nistero in piazza Castello. Con passo breve e svelto,

un po’ saltellante, e dandosi frequentemente una fre­

gatimi di mani, il grande ministro si frammischiava

come un cittadino qualunque tra la folla, che in quel

luogo, a quel tempo e a quella ora, era assai nume­

rosa e animata, per la tradizionale e classica passeg­

giata della Torino di circa novanta anni fa, della

Torino capitale del regno d’Italia.

Giolitti verso le ore ventidue puntualmente si con­

gedava dagli amici e rientrava in albergo. Il proprie­

tario di questo* era allora il signor Luigi Guercio il

quale, sia detto a titolo di curiosità, era il sosia per­

fetto dell’on. Giolitti, eccezione fatta per la statura.

Di pronta arguzia, caustico e di fine umorismo, il

Giolitti era abilissimo nel ribattere tempestivamente

gli avversari specie quando questi miravano a met­

terlo nell’imbarazzo o coglierlo

alla

sprovvista. Con