

L’ESILIO DEL 1799
(una lettera inedita di Vittorio Emanuele Duca d'Aosta)
di CAR LO ANTONIELLI O'OULX
Può riuscire interessante oggi, rievocare gli epi
sodi che si riferiscono ai tempi in cui per la prima
volta i Re di Sardegna furono costretti ad abbando
nare i propri stati.
Sono noti gli avvenimenti storici. Le intimazioni
del Generale Grouchy che dalla Cittadella minacciava
il bombardamento di Torino mentre le truppe del
Generale Joubert, nuovo capo dell’Esercito francese
in Italia, avevano occupato di sorpresa Novara, Ver
celli e Alessandria togliendo ogni possibilità di resi
stenza, inducevano Carlo Emanuele IV a firmare il
9 dicembre 1798 la capitolazione e la rinuncia alle
terre subalpine. Quella corona che il pio Principe
aveva cinto solo due anni prima si era davvero rive
lata di spine, come egli stesso aveva detto al mo
mento dell’incoronazione.
In seguito a questo tristissimo avvenimento, men
tre a Torino le ricchezze e le opere d’arte del palazzo
Reale andavano a ruba, la Reai Famiglia per la via
di Parma e Firenze, sotto vigilante scorta, scendeva a
Livorno, gelosamente sorvegliata anche nei contatti
colla deputazione che l’isola di Sardegna inviava ad
offrirle ricetto. Solo il 24 febbraio del 1799 il Re,
la sua Famiglia e lo sparuto seguito, poterono final
mente imbarcarsi sopra sette navi ed il 3 marzo an
corarsi nella rada di Cagliari.
Se l’ospitalità affettuosa che la fedele isola ebbe
per i travagliati principi fu un balsamo ed un con
forto per loro, gravi furono le difficoltà economiche
in cui essi si trovarono, essendo stati spogliati anche
dei beni personali che possedevano sulla tenaferma.
E’ bensì vero che gli stamenti sardi con lodevole
slancio avevano votato nei primi giorni della cata
strofe un appannaggio di 165 mila scudi annui per
il Re e famiglia con beneficio del 4°/o a chi entro il
mese di luglio avesse versato la sua parte di dona
tivo, ma il tempo richiesto all'atto pratico per l’esa
zione delle somme e l’affrettato ritomo del Re e dei
Duchi d’Aosta sul Continente, impedirono ai prin
cipi di godere la maggior parte del beneficio.
Di queste perduranti ristrettezze economiche ne
è prova una lettera che ii
u Aosta Vittorio Ema
nuele, allora Governatore di Cagliari, del Capo meri
dionale e della Callura e comandante supremo del
piccolo esercito sardo, indirizzava dall’isola il 24 lu
glio 1799 al cavaliere Caisotti di Chiusano già sotto-
governatore suo e dei suoi fratelli.
Nella lettera sino ad ora inedita che qui pubbli
chiamo, sono particolarmente interessanti anche le
istmzioni che il Duca d’Aosta traccia al Caissotti ed
al Conte Carlo Richelmi di Bovile, suo primo scu
diere, — entrambi rimasti a Torino per ordine dello
stesso Duca — circa il modo di comportarsi verso
coloro die si erano dimostrati fedeli nella sventura
e verso dii aveva invece creduto più opportuno ab
bandonare i vinti al loro destino. Queste istruzioni
saranno pressapoco quelle che verranno applicate più
tardi come sistema di governo, quando il Duca
d'Aosta, diventato nel frattempo Re col nome di Vit
torio Emanuele I, potrà ritornare in Piemonte a rioc
cupare il trono degli avi.
Ecco la lettera con l’ortografia originale:
« J’ai recu votre lettre du 5 Juin avec beacoup de
plaisir comme une prouve que votre santé n’a pas été
akerée par tous les malheurs aux quels notre pauvre
pais a été exposé depuis notre depart de Turin. Je ne
puis vous esprimer mon empressement d’y rentier
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