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Il D'Aronco, uscito vittorioso da una pruova di gran
momento e giudicato, giusta il merito suo, da un'appo–
sita Giuria, non poteva essere novellamente giudicato, e
con criterii diversi, da un altro collegio di giudici chia–
mato di poi
a
valutare e premiare le migliori opere
esposte nella Mostra.
Vero è che il primo consesso ebbe ad esaminare i
soli disegni, mentre
il
secondo avea davanti a sè l'opera .
compiuta dall'ardimentoso architetto, ma questa circo–
stanza, lungi dall'accrescere, scemava nei nuovi venuti
il diritto di richiamare alla luce della critica una qui–
stione artistica già felicemente esaurita:
Chi è pratico dei lavori costruttivi degli edifizi delle
Mostre in generale ben sa in quali aspre contingenze
essi si svolgono e bene intende come l'opera reale assai
di rado corrisponda esattamente all'immagine virtuale
che la partorì.
Inoltre ben conosceva la Giuria come, nel caso par–
ticolare della Mostra di Torino, fosse occorsa una cir–
costanza più avversa delle consuete, ossia che l'artista
ideatore dei progetti non potè seguirne da presso la ma–
teriale traduzione in atto; onde avvenne che molte di
quelle indeterminazioni anzi diremo di quei fremiti pit–
toreschi i quali compongono il maggior fascino dei di–
segni architettonici, come quelli del D'Aronco, dovet–
tero per necessità assumere fattezze organiche definite
attraverso una interpretazione, per ' quanto intelligente
altrettanto estranea all'intelligenza materna dell'opera.
Aggiungasi che il nome del D'Aronco non era neppure
mentovato in catalogo fra i concorrenti espositori; quindi
l'opera sua non poteva fornire ai giurati .:.- e non forni
infatti - argomento di un esame particolareggiato e di
una particolare discussione.
Il premio conferito, adunque, al fantasioso architetto
venero,
il quale ha recato lontano dalla patria l'operosità
gagliarda e i fantasmi audaci di un'arte costruttiva e