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ch e semplici di fattura. Ora se
è
vero che l'Italia troppo
s pesso dim entica pel bisogno del fasto il concetto del–
l' ordine, della pratichezza, dell'intima e vera eleganza;
non è meno vero che in alcun'altra parte del monùo
debba anche la casa umile sorridere all'anima umile come
nella terra ove non pure la povertà ma la miseria saluta
con tripudio di canti l'azzurra letizia del cielo e l'aureo
lume del sole.
Passando oltre, segnaliamo l'opera di un industriale
di buona volontà e non privo di ardire : ALBERTO
ISSEL, fabbricante di mobili, genovese, il quale ha del–
l'arte industriale moderna un concetto affatt o contrario
a quello dei malinconici mobilisti lombardi testè mento–
vati. In lui il bisogno della gioia per gli occhi trasmoda
in eccessi quasi provocatori. Alla virtù serena della bel-
- Iezza letificante egli sostituisce lo stimolo delle artifiziose
ed artifiziate beltà tentatrici.
Tuttavia
è
spirito sincero il suo, spirito lucido, ragio–
nante nei suoi medesimi errori , onde può essere tacciato
d'inconscio sofisma, non già di menzogna.
Dalla lunga fila d'ambienti apprestati dall'Issel, –
testimonianza non dubbia del robusto impianto della sua
industria - risultava che il mobilista ligure non s'appaga
della movenza vivace dei suoi mobili, ma tira a ornarli
di vivaci rilievi floreali; nè s'accheta di ciò, ma vuole
che fiori e foglie ridano nei loro naturali colori, e che
le frutta splendano nella veste della loro matura gaiezza.
Ei si studia a che le stoffe secondino con le loro tinte il
fastoso aspetto dei mobili, e che i metalli a questi asso–
ciati trionfino delle stesse loro naturali vivacità, assumendo
coloriture di smalti e lucentezze di vetro. Solo una ca–
meretta fa eccezione alla regola, una salettina da pranzo
immaginata per una plaga estiva ridente sul mare.
È
un'opera semplice, armonica, la più colorita di tutte
appunto perchè non trae colore altro che dall'ambiente
in cui figura di stare.