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Segue, per ordine alfabetico VINCENZO MIRANDA ,
un orafo napoletano, ancor giovane d'anni e che nondi–
meno ha il merito di aver tentato fra i primi l'inno–
vazione del gioiello italiano dando al vocabolo « inno–
vazione » il significato di liberazione dalla servitù del
vecchio gioiello francese di commercio e dalla copia di
qu ello greco-romano tuttavia imp erante, non senza qualche
dritto d'impero, dal centro al mezzogiorno d'Italia. Il
qual merito assume la importanza di un prodigioso sforzo
allorchè si pensi alle condizioni d'ambiente nel quale il
Miranda ha vissuto e vive tuttora. Ma come non to –
gliemmo lode allo Zorra per le circostanze che favorirono
il suo lavoro così. non accrescemmo merito al Miranda
per quelle che lo contrastarono, epperò giudicammo le
opere da lui esposte a Torino in ordine al loro intrin–
seco valore d'arte. E ci fermammo specialmente sulle
piccol e oreficerie fuse e cesellate: anelli , spilli, fermagli,
ciondoli, aghi crinali, nei quali si è come rispecchiata , at–
traverso una lente riduttrice, il movimento plastico napo–
letano degli ultimi vent'anni, movimento scaturito da
quel fervido
n àturalismo
formale che s'impersona nel
Gemito, redivivo artefice grecò, palpitante al sole della
Campania F elice. Le virtù di scu ola derivate dalla virtù
sovrana di qu est'uomo geniale e dei suoi emuli d'allora
sono qu elle adunque che danno vita e g razia alle auree
plastiche esibite dal Miranda, a quelle vispe testine ma–
liziose che occhieggiano e ridono dal capo degli spilloni
e dai dorsi degli anelli, quando questi non risultino fatti
di palpitanti e leggiadre nudità, o d'immagini anima–
lesche o daltri intrecci aggraziati e spiritosi. Queste,
pii! che altro, sono le note squisite e caratteristiche
elel promettente orefice partenopeo, e queste, più assai
che non le modernità di seconda mano, ispirate alle
recenti oreficerie straniere, sono le opere che gli frutta–
rono il favore della Giuria e l'unanime assegnazione del
premio.