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opalescenti e le coppe fiorite delle redivive murrine cor–
revano l'Europa vittoriosamente mentre le officine del
Jesurum preparavano, nei silenzi della Laguna, nuovi
prodigiosi trionfi alle reti celle di Venezia, ai punti alla
rosa buranesi, ed ai velluti a soprarizzo: reminiscenze
regali degli antichi fasti della Repubblica.
Era ben quello il periodo romantico dell'arte deco–
rativa italiana, accesa di fascini e di fantasmi non anche
vaniti ai dì nostri nella coscienza dei più. E se la con–
naturale fecondità produttiva dei vetri soffiati ha satollo
da un pezzo il gusto del pubblico anche compiacentesi
di quelle vecchie usate ed abusate forme, le stoffe e le
trine del J esurum spandevano ancora ieri nella grande
Mostra francese del Novecento i loro antichi aristocratici
sorrisi da un prezioso armadio che fu onore del Padi –
glione Italiano.
Era da aspettarsi che nella Prima Mostra Internazio–
nale d'Arte Decorativa Moderna il duplice illustre nome
del1a Ditta veneziana segnasse una duplice orma d'ini–
ziale innovazione nei due rami d'arte che essa legitti–
mamente rappresentava. Ma non fu così. Essa apparve
invece come Casa di arredamento domestico non altri–
menti del tappezziere Lauro, sul cui nome certo non
posa la dignità di una storia. E vi
è
apparsa con la
medesima impreparazione e con maggior febbre
sedu~­
trice dell'arredatore torinese, nel voler sorprendere e
conquidere a ogni costo la coscienza della moltitudine.
Ma se in ciò
è
perfettamente riuscita, non
è
riuscita,
secondo il parere della Giuria, ad affermare, quanto pure
avrebbe dovuto e potuto, nè il concetto di una nuova
aristocratica eleganza domestica nè quella di un'organica
imperatrice opulenza decorativa, ispirata agli stessi esempi
immortali di cui Venezia
è
immortale custodia.
Non istaremo a dimostrare a lume di -analisi· un tale
giudizio, e il motivo va rinvenuto nelle considerazioni
generali da noi espresse. Diremo invece che non certo
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Espos iz ione.