l'ingegno e la volontà ed i mezzi fecero difetto all'im–
presa, ma la maturazione necessaria al suo concepimento
difficile. Prove d'ingegno, d'ingegno facile e fertile, erano
impresse qua e là nella ricca Mostra veneta, come orme
indelebili di bellezza alle quali sarebbe venuto maggior
vanto che non venne qualora fossero state adunate in un
sol gruppo pudico, fuori della soggezione di tanto bar–
baglio.
I piatti di rame giallo e i catini di rame rosso sbal–
zato, ornanti la vistosa cucina, al cui bel concetto ideale
non fu pari, a nostro vedere, l'organica e pratica strut–
tura, sarebbero bastati da soli a onorare un'industria
d'arte. Altrettanto diremo per la ringhiera in ferro bat–
tuto che era là nel vestibolo a evocare la poesia delle
acque e del cielo di Venezia; e più ancora vorremmo
dire, se ne lo consentissero i limiti di questa relazione, di
alcuni lavori in pietra, di alcune stoffe, dei due pannelli
decorativi ornati da pavoni, e infine, e più di tutto, della
tovaglia di trina moderna, gentil soffio d'arte vitale e
bella, aleggiante sulle glorie del passato come
~n
fruIIìo
d'ali di farfalle sui corpi di morte crisalidi chiuse nelle
seriche teche inviolate.
La SOCIETÀ CERAMICA RICHARD GINORI fa
degno riscontro alla dignità avita della precedente Ditta
con la quale ebbe quasi comune la sorte nella Mostra
Torinese.
Anche questo duplice nome appartiene alla storia, e
non già di una resurrezione ma della instaurazione ita–
liana di due arti sorelle, quella della porcellana e quella
della terraglia a gran fuoco.
Le tradizioni della Casa Ginori, anzi, meglio che ap–
partenere alla storia dell'arte industriale italiana, si ricon–
giungono a un più ampio giro di eventi, dappoichè nel
nome dei Ginori surse, dopo la Manifattura di Sassonia
e quella di Sèvres, la terza Fabbrica di porcellana che
vantasse l'Europa.