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Nel periglioso urto di nuovi reclamati doveri e di
nuovi rivendicantisi dritti fra le varie classi che com–
pongono la Società moderna, fra il lampeggiare delle
passioni onde freme la compagine popolare del mondo,
non
è
certo un ludo umanistico l'invocare la virtù del–
l'arte, perchè dalle superne gerarchie dello spirito essa
discenda nell'oscura bottega e conforti del suo puro lume
il lavoro dell'operaio.
Il contatto di questa innata aristocrazia delle anime
con le democrazie lavoratrici non può non generare una
corren,te mutua di affetti fra i potentati e gli umili, bene–
fica corrente che non le statue dai loro rigidi piede–
stalli,
nè
le pitture dai loro aurei inquadramenti istitui–
ranno giammai. E se molto può venir discusso il
principio, pur agitatosi in seno al nostro congresso, di
un'arte decorativa, cioè, fatta per appagare le multi tu–
dini soltanto - il che non è sempre comportabile alla
privilegiata natura dell'arte stessa - non è certo fallace
l'altro quasi opposto principio, ossia che "dalla comu–
nione dell' arte con la vita, cento nuovi appetiti di vo–
luttà si destano nelle classi arrise dalla fortuna e cento
e cento novelle fonti di fortuna economica schiudonsi a
mano a mano per le famiglie lavoratrici.
Non mai le
Arti
beile
furon degne, come ai dì nostri,
d'esser dette
Arti
buone,
non mai benemeritarono tanto
dalla coscienza internazionale dei popoli.
A norma di tali pensieri
ci
sia concesso di richiamare
due circostanze occorse durante la nostra permanenza a
Torino, espressioni spontanee di spontanei atteggiamenti
spirituali di due uomini preposti alla fortuna della Mostra.
Su dall' altura di Superga, in un meriggio autunnale,
al cui tepido sole sorgevano a poco a poco dalle fu–
gate nebbie le vette delle Alpi lontane, il Conte Bertone
di Sambuy, Presidente del Comitato Artistico della Mo–
stra, salutava il già iniziato nostro lavoro con parole assai
nobili nate da assai virtuosi pensieri.