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camente edita e illustrata, illustrante la Mostra ed espo–
nendone a parte a parte la storia.
E quei brani dicono così:
«I resultati della grande Esposizione sono d'incom–
« mensurabile beneficio a tutte le "classi umane. Essa
« piantò le semenze da cui l'avvenire trarrà frutti ma–
« turi. Fra le migliaia di viventi di cui essa accese l'in–
"« teresse e appagò le curiosità, molti vi furono ai quali
« dette utili consigli. Il manifatturiere e l'artigiano vi
« t rovarono il più importante insegnamento che si po -
« tesse loro impartire, riconoscendo cioè gli svantaggi
« di alcuni loro metodi di lavoro, le deficienze da col–
« mare, i pregiudizi da vincere ».
E in seguito:
«Ma torna ad onore della Gran Bretagna se, non
« ostante il rischio che ha generosamente corso, invitando
«
tutte le Nazioni del mondo, da lunghi anni, da fortu- :
« nati studi e dalla pratica dell'esperienza ammaestrate,
« la fama dell'Inghilterra abbia guadagnato anzi che no
« dal confronto. E non v'è dubbio che quando Sua Al–
« tezza Reale il principe Alberto bandirà il decreto di
«un'altra esposizione, l'Inghilterra manifesterà la sua
« supremazia in qualsivoglia ramo dell'arte industriale».
Siffatte parole che con pari modestia e ugual coscienza
di sè potrebbe forse ripetere l'Italia dopo la Mostra di
Torino, siffatte parole hanno assunto per la Nazione che le
profferiva la solennità di un vaticinio, consacrato poi dalla
storia delle Arti Decorative degli ultimi cinquant'anni.
L'Esposizione Francese del 1855 ampliò i confini e
modificò il carattere della già grande Mostra Inglese.
La città di Parigi che nel "secolo precedente avea dato
il primo esempio delle Mostre ufficiali artistiche mani–
fatturiere, instituendo il sistema delle giurie e
chia~ando
a comporle uomini dell'alto patriziato, noti per la squi–
sitezza del senso artistico - gli esteti di quel tempo–
la città di Parigi, dicevamo, intravvide nell'evento di