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RASSEGXA I>I POLITICA ESTERA

R E V I S I ON I E D I S T E N S I ON I

La liquidazione del caso Kden ha occupato per

molti giorni l'attenzione degli osservatori politici,

facendo passare in seconda linea tigni altro avve-

nimento. Ne valeva la pena. Perche il capitolo della

storia che nascerà dal trambusto europeo di questi

due anni potrà portare per titolo: il caso Kden.

E a prezzo delle sanzioni gl'italiani Mino per\enuti

a farsi idee chiare in materia di politica estera. Di

politica sentimentale non se ne farà mai più, nem­

meno sui tavolini dei caffè. K inoltre nata in noi la

diffidenza per l'Inghilterra. Diffidenza non incancel­

labile ma salutare. Se le conversazioni intavolale

riusciranno a cancellarla, molti fantasmi perde­

ranno il corpo che avevano preso e torneranno fra

le nebbie da cui sono pervenuti,

doloro che non ne vedrebbero di buon occhio il

felice esito speculano sulla difficoltà di giungere ad

un accordo per il problema spagnuolo.

Effettivamente i legionari italiani in Spagna com­

battono per impedire lo stabilirsi di uno Stato bol­

scevico nel Mediterraneo occidentale. Ma la pre­

senza di forze italiane in Spagna turba i sonni della

Francia e dell'Inghilterra. L'una e l'altra pensano

che una Spagna dominata dall'Italia può minacciare

le loro comunicazioni nel Mediterraneo e nel*

l'Atlantico. Tante congetture si sono fatte sulle

forme che una tale minaccia potrebbe prendere il

giorno che si traducesse in atto.

Ma si sarebbe pensato nello stesso modo se si avesse

avuto da fare con un'Italia non giustamente indi­

gnata per l'affronto fattole proprio per iniziativa

dell'Inghilterra e della Francia? In uno che si !>ia

offeso è logico vedere un possibile nemico e imma­

ginare intenzioni ostili in ogni sua mossa. Ma

quando si sia venuti ad una spiegazione e le ra­

gioni originali di diffidenza siano state dissipate gli

stessi atti che prima parevano premeditatamente

offensivi appariranno sotto una luce rassicurante.

Cosi dovrebbe essere per l'Inghilterra la questione

spagnuola. che taluni vorrebbero far assurgere a

motivo predominante del contrasto italo-inglese.

Mentre è un motivo derivato, un motivo sovrap­

posto. Rimosso quello originale, consistente nella

nostra conquista dell'Etiopia, a cui l'Inghilterra

non dovrebbe attribuire altri fini da quelli che noi

abbiamo perseguito, gli altri motivi cadono da sè.

Tanto più poi che, nel caso in questione, ci vuole

molta

ingenuità

per credere che

nella

questione

spagnuola si possa giungere a

qualche

seria con­

clusione prima che le anni abbiano deciso le sorti

della guerra in corso. La durata dei lavori delle

commissioni è potenzialmente

più

lunga della du­

rata stessa della guerra che essi dovrebbero contri­

buire a far cessare.

Nè da parte nostra dovremmo diffidare del riarmo

inglese. In un'epoca in cui tutti armano, per aver

voce in capitolo non basta essere grandi Potenze,

bisogna anche essere armati. Che l'Inghilterra ab­

bia imparato questa verità in occasione della que­

stione etiopica non è una ragione sufficiente per

penare che essa armi per riportare le cose al punto

in cui erano prima che l'Italia risolvesse la que­

stione per conto

m i o .

L'Inghilterra ha poco da guadagnare da una nuova

guerra, è più facile che abbia da perdere: il suo

interesse è di conservare, e per conservare deve es­

sere armata.

Ma si può ragionare a questo modo soltanto se

c'è serenità di rapporti. Chamberlain se n'è reso

conto, e non ha esitato a liquidare il caso Eden per

ridare disinvoltura alla politica inglese.

Qualcosa di analogo si può dire circa i rapporti

fra Austria e Germania. L'Austria, come Stato indi-

pendente che desidera tutelare la

sua

libertà, deve

tener conto della necessità di distensione che si

presenta nei confronti della Germania. Solo chia­

rezza di azioni e lealtà di criteri informativi po­

tranno evitarle degli incidenti che dal piano inter­

nazionale si ripercuoterebbero su quello nazionale

con conseguenze difficilmente prevedibili.

Fino a quando il movimento nazionalsocialista

austriaco potè essere un pericolo per l'indipen­

denza dello Stato, vigile ed incessante dovette es­

sere la reazione contro di esso. Questa reazione ine­

vitabilmente creava una tensione fra la Germania

nazionalsocialista e l'Austria.

Tale tensione ebbe un primo allentamento con l'ac­

cordo dell*

11

luglio

1936

contenente fra l'altro il

preciso riconoscimento austriaco esser l'Austria uno

Stato tedesco. Il quale quindi non avrebbe fatto

una politica contraria agli interessi della Germania

pur conservando la propria indipendenza.

Con l'incontro del 12 febbraio Hitler-Schuschnigg,

il movimento nazionalsocialista ha avuto modo di

far valere il suo giusto peso nel governo dello Stato

austriaco, senza che questo abdichi alia sua indi-

pendenza.

C'è

da augurarsi che gli uomini responsabili au­

striaci comprendano a loro volta la indispensabilità

di una politica cristallina che permetta al popolo di

seguire quegli indirizzi politici costruttivi che sente

e professa. L'ostinarsi a non voler ammettere certe

evidenti ed ineluttabili situazioni di fatto potrebbe

metter di fronte a situazioni senza via d'uscita o

meglio con una via d'uscita unica.

M IN AR DO G IOV IMALI