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(1862-1864) con una significativa nuova proposta di

espansione della città.

Risale infatti a quegli anni l'approvazione da

parte del Consiglio Comunale di ampliamenti coor-

dinati in quattro zone della città: due a meridione,

una a occidente ed una a mezzanotte (fig. b6). Si

tratta in realtà di un piano (« Piano Pecco ») di previ-

sione urbana globale tanto che le singole parti ver-

ranno approvate come

ingrandimento a mezzodì

ponente e a ponente settentrione

con unico Regio

Decreto del 27 dicembre 1868 (

34

). I piani riaffer-

mano il prevalere del caratteristico impianto sorretto

dalla prosecuzione degli assi storici cui si è venuto

aggiungendo quello dei viali alberati a Sud della

Cittadella; i fondamentali assi rettori Est Ovest (di

Via Dora Grossa e di Via Maria Vittoria, Via S.

Teresa, Via Cernaia) sono ripresi addirittura oltre la

Ferrovia Vittorio Emanuele. Per superare la ferrovia

di Genova il progettista proponeva invece un viale

costituente cavalcavia (non realizzato), ad unione

dei Borghi S. Salvario-Valentino e Crocetta, in dire-

zione da levante a ponente sul confine Sud del Pal-

lamaglio e del Tiro a Segno, quasi in corrispondenza

al Corso Raffaello (

35

).

Le nuove parti di città risultano, in questo piano,

strettamente integrate alla città preesistente, di cui

ripropongono di massima il sistema gerarchico di

vie e piazze ortogonali; è stato inoltre raggiunto

un'altra volta l'obiettivo del «riordino» delle frange

urbane, sovrapponendosi, con diversi gradi di inte-

grazione, ai Borghi di Dora, S. Donato e S. Salva-

rio-Valentino.

Il « Piano Pecco », definito negli ultimi anni di

permanenza a Torino della Capitale, segna il mo-

mento di una profonda e significativa svolta nella

metodologia progettuale urbanistica, consolidatasi

ormai da quasi due secoli.

I successivi piani di ampliamento per settori de-

gli ultimi tre decenni dell'Ottocento (e oltre, fino al

perfezionamento del Piano Unico Regolatore e

d'Ampliamento del 1906-1908) abbandonano infatti

del tutto il criterio fino ad allora perseguito di conti-

nuità organica tra nuovi insediamenti e struttura del-

la città esistente.

Sull'idea di sviluppo supportato da un sistema

viario di assi, cioè di elementi infrastrutturali «pro-

gettati » e inseriti nello sviluppo della città in modo

aderente al modello morfologico originario, prevale

quella di sviluppo per direttrici, lungo e secondo le

quali si viene articolando la nuova edificazione. Si

recuperano nel sistema viario urbano elementi infra-

strutturali foranei preesistenti, che spesso perdono la

loro identità morfologica, oppure si prevedono ele-

menti viari nuovi che reggono lo sviluppo edilizio

settoriale ma non sono integrati nel modello urbani-

stico gerarchico globale.

La diversa logica di sviluppo « per assi » o « per

direttrici» risulta la più caratteristica discriminante

tra i piani settoriali tardoottocenteschi e quelli orga-

nici precedenti, dei quali il «Piano Pecco» è l'ulti-

mo esempio, pur se

è

opportuno osservare che già in

esso è leggibile, in alcuni settori, il progrediente

indirizzo progettuale (nelle aree interessate dalle

direttrici di Nizza, di Francia e del Regio Parco).

I piani settoriali interessano aree di espansione

via via più periferiche e di maggiore vastità e adot-

tano come criterio prioritario di scelta delle stesse la

loro prospicienza sulle direttrici foranee, la cui

maggiore o minore capacità di attrazione per l'inse-

diamento corrisponde di larga massima alla gerar-

chia legata all' « ordine » degli uffici daziari che ne

caratterizzano lo sbocco sui piazzali della cinta.

Del resto l'importanza assunta delle direttrici

viarie di collegamento extraurbano e di sviluppo nel-

la nuova strutturazione della città è sottolineata dal

Regio Decreto del 4 settembre 1887 che approva il

Piano Regotatore pet protungamento dei corsi e vie

principati fuori ta Cinta Daziaria [...]

(fig. b12). Il

decreto definisce la sezione stradale dei prolunga-

menti pari a quella urbana delle direttrici di espan-

sione ed estende alle aree loro prospicienti l'obbligo

del rispetto del Regolamento d'Ornato e di Polizia

Edilizia, per una profondità su entrambi i lati di

metri trenta, pari a quella della analoga fascia di

rispetto esterna alla Cinta Daziaria del 1853 (

36

)

Quando non sono rivolti ad acquisire nuove

aree, i piani settoriali consistono in varianti multiple

di soluzioni precedenti, come nel caso dell'area del-

la Cittadella, ove il problema della cessione di terre-

ni demaniali resi edificabili si interrela a quello dello

spostamento delle Piazze d'Armi, costringendo a

continui aggiornamenti di piano.

Le progettazioni per le singole parti di città ad

espansione residenziale si limitano di fatto allo stu-

dio di griglie viarie ortogonali o radiali per la defini-

zione dei lotti fabbricabili, senza confronto organico

con le zone contigue ed ignorando qualunque tipo di

preesistenza. Anche gli spazi di relazione, che nelle

fasi precedenti erano stati inseriti come poli qualifi-

canti nel tessuto urbano, degni d'ospitare le architet-

ture «emergenti» di ciascun settore, si riducono a

slarghi, spesso senza caratterizzazione morfologica,

negli incroci principali della nuova maglia stradale.

Penso che, per chiarire le caratterizzazioni sa-

lienti dei piani di settore tardoottocenteschi, sia

opportuno soffermarsi a titolo esemplificativo su una

stessa zona di città, esaminando i piani che la ri-

guardano, secondo l'ordine cronologico che coinci-

de di fatto con quello di localizzazione progrediente

in senso radiale verso i confini daziari.

La zona « della Crocetta» , a meridione della Cit-

tadella ed entro le barriere urbane delle ferrovie, può

essere ben utilizzata per la lettura proposta. La parte

di essa sita nell'intorno dell'impianto dei grandi via-

li, a Nord del Corso Peschiera,

è

infatti interessata

da progetti che prevedono un assetto urbano stretta-

mente integrato con l'esistente, attraverso piani «di

variante e ampliamento » di incidenza più o meno

significativa che a partire dal 1868, anno di ap-

provazione del « Piano Pecco»», e fino al 1891 (

37

)

— recuperano all'edificabilità nuove aree in quella

che era considerata un'«elegante» zona della città.

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