Scheda: Tema - Tipo: Società e costume

La città pericolosa

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La Torino ottocentesca fu sottoposta a sistematici controlli di polizia per contenere crimini, classi pericolose e poveri, un compito cui collaborano pure le associazioni caritative e d’assistenza.


Periodo di riferimento: XIX secolo

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  • sala 1852

In epoca napoleonica come negli anni della Restaurazione il controllo di polizia e la repressione dei comportamenti percepiti come pericolosi furono ferrei a Torino.

Come già si era fatto nel XVIII secolo, si controllavano costantemente locande e ristori, si vigilavano le aree ove più frequenti erano scippi e furti, si agiva preventivamente sui luoghi potenziali di truffa e ricettazione. «Pericolosi» erano poveri e mendicanti – per i quali si univano soccorso e controllo con ricoveri notturni e distribuzioni di cibo – come pure le donne «pericolanti» o «perdute». In più, la polizia raccoglieva sistematicamente informazioni sui cittadini e i loro comportamenti, specie ove c’era dubbio di crimine o eversione politica. Elevato era il numero dei detenuti (circa 700 in un anno nelle carceri senatorie, quando la città aveva circa 100.000 abitanti), miserevoli le loro condizioni, tra sovraffollamento, mancanza d’igiene, vitto scarso.

Oltre alle forze dell’ordine, contribuivano al controllo sociale comitati caritativi e di beneficenza, che collaborarono con i fini pubblici, pur restando sostanzialmente autonomi (lo erano stati anche in epoca napoleonica, quando particolarmente si tentò di sottoporli al controllo centrale). Gli strumenti dell’assistenza si dimostrarono però costantemente insufficienti a far fronte alle necessità del gran numero di bisognosi che erano in città e che vi giungevano da campagna e province.