Il Municipio dopo la Restaurazione
Durante la Restaurazione si tentò di riportare al passato il Consiglio comunale, dopo i mutamenti avvenuti in epoca francese, ma non mancarono riforme organizzative, con liberali fra i consiglieri e posizioni a difesa di cittadini.
Con la Restaurazione si tentò di riportare il Municipio all’organizzazione e alle regole che aveva avuto prima dell’avvento dei Francesi; i consiglieri furono nuovamente scelti per «censo e dignità», le riunioni si fecero più rare. Tuttavia, qualcosa era ormai diverso, il Consiglio stesso promosse una riorganizzazione dei propri uffici; tra i decurioni vi erano anche dei liberali, come Pietro De Rossi di Santa Rosa, favorevoli alla Costituzione che non mancarono di far sentire la loro voce, e altri personaggi di spicco come Prospero Balbo.
Il Consiglio ebbe il coraggio di esprimersi anche con forza, come nell’ottobre 1847 quando protestò fermamente perché una manifestazione in piazza Castello, a favore delle riforme preannunziate da Pio IX, era stata sbrigativamente sciolta dalla polizia. Nell’ambito delle riforme quarantottesche, il Consiglio chiese l'allargamento delle liste elettorali e l'estensione dei propri poteri, incluso il controllo della milizia.
La legge del ministro Rattazzi del 1859 apportò innovazioni riducendo a 60 i consiglieri e riorganizzando alcune funzioni; si sarebbero presto aggiunti nuovi rilevanti compiti durante il breve ruolo di capitale d’Italia e la successiva perdita di questo rango.
Bibliografia
- Rosanna Roccia, L'amministrazione comunale: continuità, subordinazione, resistenze, in Umberto Levra (a cura di), Storia di Torino. La città del Risorgimento (1798-1864), VI, Giulio Einaudi, Torino 2000, pp. 133-168
- Giuseppe Bracco, La finanza comunale, in Umberto Levra (a cura di), Storia di Torino. La città del Risorgimento (1798-1864), VI, Giulio Einaudi, Torino 2000, pp. 95-132 Vai al testo digitalizzato