Scheda: Soggetto - Tipo: Persona

Giuseppe Macherione (Giarre 22 marzo 1840 – Torino 22 maggio 1861)

Poeta, formatosi all’Università di Catania, si entusiasmò alle idee risorgimentali. Quando Giuseppe Garibaldi liberò l’isola dalla tirannide borbonica, il giovane poeta scrisse due poesie una dedicata allo stesso Garibaldi, l’altra a Vittorio Emanuele II. Nel 1861, quando Torino divenne la prima capitale del Regno d’Italia, si trasferì in città, dove morì a soli 21 anni.


Nascita: 22 Marzo 1840

Morte: 22 Maggio 1861

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Penultimo di sette fratelli,  Giuseppe Macherione nacque a Giarre (Catania) il 22 marzo 1840 in una famiglia della borghesia: il padre, l’avvocato Gaetano, era “uomo non estraneo alle lettere”.

Dai 5 ai 14 anni frequentò l’Educandario Reale dei padri Filippini, distinguendosi soprattutto nello studio del latino; appassionato traduttore di Virgilio e Orazio, iniziò egli stesso a comporre versi in latino e a scrivere liriche e canzoni.

Colpito nell’adolescenza da gravissimi lutti – la scomparsa, in seguito ad una disgrazia, nel 1855, del fratello Antonio,  a cui seguì nel 1857 quella della madre – Giuseppe, a diciassette anni, si iscrisse alla facoltà di Legge dell’università di Catania, dove conobbe il coetaneo Giovanni  Verga e Luigi Capuana, a cui lo strinse un’intensa amicizia, tanto che, anni dopo, il teorico del Verismo, rievocando appunto i suoi anni giovanili, gli dedicò alcune lucidissime pagine.

Studente universitario, trovò anche il tempo per studiare  l’inglese e il francese, e di coltivare i suoi interessi politici, maturando un sempre più consapevole impegno civile, in anni che videro giungere a termine il processo di unificazione nazionale.

Animato da un vivo desiderio di vedere l’Italia una, libera e civilmente organizzata, corse ad arruolarsi tra i garibaldini, sebbene iniziassero già a manifestarsi i primi inequivocabili sintomi di quella tisi che ne avrebbe stroncato la giovinezza a soli 21 anni. Respinto proprio per la precarietà della sua salute, abbracciò un’altra arma: quella del giornalismo politico che esercitò dapprima a Catania, poi a Palermo.

Nel febbraio 1861, nonostante il peggioramento delle condizioni di salute, si imbarcò su un vaporetto diretto a Genova, da dove proseguì per Torino, animato dal desiderio di “assistere all’apertura del nuovo Parlamento italiano e a tutta la sessione legislativa del’61”.

Circondato da nuovi amici, stimato dallo stesso Cavour, che spesso mandava a chiedere notizie della salute di “Peppino il Siciliano”, il giovane poeta e patriota si spense il 22 maggio 1861 in un’abitazione a pochi passi da Palazzo Carignano, sede di quel Parlamento che, nella seduta del 14 marzo,  aveva votato il disegno di legge relativo all’assegnazione del titolo di Re d’Italia a Vittorio Emanuele II.

Le sue spoglie, rimaste per un secolo nel cimitero monumentale di Torino, nel 1961, in occasione del primo centenario dell’unità d’Italia, furono trasferite a Giarre.

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