

Lo
le:ione di un giornolisto
Se si crede in
bisogna fa rne
una letteratura nuova, beninteso non
un accredito di pion iere al giornalista
Nei quarant'anni di giornalismo di Fran·
cesco Argenta ci sono alcuni motivi di
fondo che devono essere subito sottoli–
neati: fedeltà a un giornale
La Stampa,
per il quale cominciò a lavorare nel lon·
tano 1919 come corrispondente da Asti;
fedeltà ai temi che si era proposto fin
dall'inizio della sua attività giornalistica :
diritto conforme alla giustizia, studio
clinico della società, sociologia connessa
alla giurisprudenza, alla criminologia, al–
la stessa politica. Si aggiungano le inve–
stigazioni antropologiche, nel solco della
lezione di Lombroso, Ferri, Carrara, mae–
stri che dopo anni di eclisse oggi tor–
nano ad essere attuali. Del che Argenta
si era sempre dichiarato certo; ed anche
in questa affermazione c'è una conferma
della coerenza del suo lavoro.
Ernesto Caballo che ha curato con slancio
affettuoso, attenta sensibilità e felice in–
tuito, la raccolta « Vita di giornalista
»,
(Edizioni Aiace - Torino, prezzo 2200)
che riassume una parte significativa e
illuminante degli scritti dell'amico Ar–
genta, nella prefazione dice: «Al suo
stile, Argenta non metteva la vernice, lo
smalto: è una scrittura qualche volta
neutra, non di rado curiale, dove la
psicologia si adegua finanche a un livello
biologico, ma che appunto per questo
scava nella verità; una scrittura mai
ghiribizzosa, che dimostra sempre i suoi
assunti di contestazione d'una società
che non è più malata di quella di ieri,
ma che ha uno spropositato gusto del
fallimento
».
Caballo prosegue: «In
un'epoca nella quale danno meno fasti–
dio i peccati della virtù, Argenta si è
allineato su un corso morale, opponen–
dosi con coraggio sia agli apocalittici,
sia ai lassisti, un coraggio freddo in mez–
zo a gente che vive di commozioni per–
petue ed ha bisogno di miti e di eventi
per usurarli, ridurli alla corda.
Non era un uomo comodo, e perciò non
fu
sempre compreso. Ma chi ebbe la for–
tuna di frequentarlo ne rubrica il nome
tra gli amici, ne ricorda il dialogo stoc–
cante su nodi essenziali e le risposte che
implicavano nette responsabilità. Argen–
ta ci dava l'impressione di essere nato
maturo a giudicare da certe sue sottili,
insistite analisi coscienziali
».
A chiusura della bella prefazione, Ca–
ballo avverte che tutti gli articoli rac–
colti nel volume sono tratti da
La Stampa,
eccetto i pochi
dell'Antologia degli anni
venti
apparsi sull'« Ascesa
».
I temi magg iori
La parte migliore della sua mente - con–
clude - è in questo libro come negli
altri ancora da montare, aleatorÌ, che
si trovano negli archivi di famiglia. Ora,
la morte di Francesco Argenta ci dà
maggiore tristezza se ripensiamo a un
giudizio di Benedetto Croce nel quale
è detto all'incirca: è più probabile ormai
che nascano buoni scrittori che non buoni
giornalisti.
Caballo ha incorporato nel volume i temi
maggiori trattati dall'Argenta, riuscendo
a conservarne la dialogicità interiore ed
a rispettarne i significati centrali. Si rileg–
gano, ad esempio, le pagine del
Processo
di. Verona.
Un recensore ha detto giusta–
mente: «hanno la forza, anche la solen–
nità di un giudizio di posteri, in cui si
mira soltanto ai diritti della storia
».
Argenta, in quelle pagine, ha saputo
restituire a distanza, tutto il clima dis–
sennato e il senso di tragedia del tempo
in cui si svolse il processo contro Ciano,
De Bono e gli altri membri «eretici»
del gran consiglio. Testimone oculare egli
ha lasciato un resoconto esemplare che
sarà certamente oggetto di indagine e
strumento di lavoro per gli storici di
quel periodo « d'eclisse
».
Nei vari capitoli Argenta attinge ai ver–
tici della cronaca classica con lo stile
che ha la semplicità incalzante e incisiva
della sintesi umana. Ma in quell'occasio–
ne, come pure per il processo Graziani,
l'Autore non si lascia travolgere dagli
avvenimenti o aggredire dalla pigrizia di
un resoconto
f~cile
perché pieno di fatti
di per se stessi emozionanti : li coordina,
ne enuclea la verità che essi contengono.
sul versante della narrativa,
torinese Francesco Argenta
Caballo, nel curare il volume, è riuscito
in un'opera non facile . Ha saputo dar
vita ad un libro non fatto di articoli, nel
consueto sistema dei
collages,
bensi com–
posto organicamente di capitoli. Si ve–
dano le sezioni dedicate al delitto assi–
curativo, ai testamenti bizzarri : c'è sem–
pre, anche nei casi limite, l'impegno di
montaggio attento, rigoroso della realtà.
Le inchieste
Vendetta in Barbagia
(di
un'attualità che non si consuma mai), di
Emilia inquieta,
pongono l'accento su
quella investigazione sociale che, almeno
in Italia, è praticata maggiormente dal
giornalismo che non dagli specialisti,
tranne poche eccezioni.
In Argenta è da sottolineare questa mo–
dernità di prospettive, tenuto conto de–
gli anni della sua formazione, quando gli
inviati erano inclini a una prosa colo–
ritissima che prestava attenzione agli
elementi geografici o folcloristici, assai
più che alla condizione dell'uomo e alla
trasformazione in atto dei canoni di vita.
Argenta ci dà anche esempi di control–
latissimo humour (specie nel
Bacio e il
Codice Penale,
nei
Legislatori burloni,
nel
Codice della vita coniugale)
supe–
rando cosi quel territorio di sentimenta–
lismo nel quale avevano spaziato tanti
giornalisti nella prima metà del Nove–
cento.
Se si crede in una letteratura nuova, be–
ninteso non sul versante della narrativa,
bisogna farne un accredito di pioniere
a Francesco Argenta.
Nato ad Asti il 9 luglio 1900, si era
orientato giovanissimo verso il giorna–
lismo, fondando, tra l'altro, una rivista
mensile,
L'Ascesa,
a cui collaborarono
Piero Gobetti, Filippo De Pisis, Giovan–
ni Boine, Cesare Giardini, Luigi Emery
e, con disegni, Felice Casorati.
Conseguita la laurea in giurisprudenza
all'Università di Torino, è abilitato alla
professione forense. Abbandonò però
quasi subito questa strada per seguire
la bruciante passione del giornalista.
Per
La Stampa
-
che lo aveva avuto
corrispondente da Asti - segui i più
famosi processi dell'epoca: Canuto, Pol–
lastro, Bruneri-Canella, Binin, Vercesi,
Francesco Argenta, il giornalista torinese cui
è dedicato il libro di Ernesto Cabalto
dandone resoconti di un asciutto tono
descrittivo che sono anche acute radio–
grafie di anime moralmente e fisiologi–
camente minate.
Allargò presto il suo campo d'azione,
redigendo inchieste, rapporti sulle nuove
concessioni del diritto, sui nuovi modi
di studio della giurisprudenza. Pubblicò
servizi sulla industrializzazione e sull'ur–
banesimo e molti di quegli articoli hanno
il taglio magistrale dello studio sulla
patologia di una nuova società. Parte–
cipò a importanti congressi di diritto
penale, criminologia, medicina legale, in
Italia e all'estero.
Nel 1943-45 collaborò con il CLN pie–
montese. Con il prestigio della sua per–
sona contribui alla ricostruzione degli
organi democratici dell' Associazione
Stampa Subalpina che lo ebbe Consi–
gliere delegato e Presidente. Diede
Wl
valido apporto sindacale per la stipula–
zione dei primi contratti di lavoro della
categoria. Per
La Stampa,
studiò i mol–
teplici aspetti del faticoso assestamento
democratico del Paese nel dopoguerra.
Sono anni di fervido lavoro che gli val–
gono
il
conferimento della medaglia d'ar–
gento al merito della redenzione sociale.
Muore a Torino, il2 novembre 1965, per
postumi di un grave investimento auto–
mobilistico ' avvenuto dieci anni prima.
Sergio De Veccbi
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