Scheda: Soggetto - Tipo: Persona

Daniele Manin (Venezia 13 maggio 1804 – Parigi 22 settembre 1857)

Patriota italiano, malinconico e insicuro in privato, oratore vivace in pubblico, assunse una posizione di aperta critica alla politica asburgica, tanto da essere oggetto di sorveglianza da parte della polizia.


Nascita: 13 Maggio 1804

Morte: 22 Settembre 1857

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Nacque a Venezia il 13 maggio 1804. Suo primo maestro fu il padre Pietro (1762-1829), avvocato di fede repubblicana e democratica. All’età di quattordici anni si iscrisse all'Università di Padova dove si laureò in giurisprudenza nel luglio del 1821, con una tesi di diritto romano sulla Lex regia. Nel febbraio del 1831, alla notizia dei moti dell'Italia centrale, cercò con alcuni amici di provocare un'insurrezione anche a Venezia, stampando clandestinamente un proclama. La provocazione non ebbe alcun seguito, né la polizia austriaca venne mai a capo degli autori del gesto. Malinconico e insicuro in privato, oratore vivace in pubblico, non perdeva occasione di criticare la politica asburgica, al punto che la polizia ne decise il pedinamento. La sua posizione emerse chiaramente nel saggio Giurisprudenza veneta contenuto nella guida Venezia e le sue lagune, pubblicata in quattro volumi a Venezia nel 1847, dove coglieva l'occasione per paragonare diritto e procedure veneti alla legge austriaca. Con la crisi rivoluzionaria, parallelamente all'azione di Cattaneo a Milano, Manin rafforzò la lotta legale, unendo alle richieste economiche la contestazione delle mancate riforme promesse nel 1815. Il 30 dicembre Tommaseo pronunciava nell'Ateneo veneto il celebre discorso sulla censura, Dello stato presente delle lettere in Italia. Ormai il movimento era esteso: l'8 gennaio 1848 Manin rinnovò alla Congregazione centrale una serie pressante di richieste per la concessione di interventi in favore dello sviluppo dei traffici, delle finanze, dell'Esercito e della Marina in chiave "veramente nazionale e italiana", libertà di parola, ingresso nella Lega doganale italiana, abolizione dei privilegi feudali che ostacolavano l'agricoltura, emancipazione degli ebrei, riforma del diritto. Il 18 gennaio venne arrestato insieme con Tommaseo. Liberato il 17 marzo 1848, il suo progetto politico venne rapidamente meno giacché l'isolamento di Venezia rese impossibile ogni ipotesi federalista e repubblicana. Mentre la Lombardia e la parte del Veneto ancora libera scelsero la fusione col Regno dell'Alta Italia, a Venezia, nonostante Manin e Tommaseo cercassero invano di rinviare la questione istituzionale alla fine della guerra, Castelli, Paleocapa e Avesani spinsero per la fusione, ratificata dall'Assemblea il 4 luglio 1848. Manin invitò i più fedeli repubblicani ad accettare la fusione e lasciò il governo a Castelli, in attesa dell'arrivo dei rappresentanti sabaudi. Morì a Parigi il 22 settembre 1857.

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