Scheda: Luogo - Tipo: Edifici

Il Centro direzionale di Torino: il concorso del 1962

Nel 1962 il Comune bandisce un concorso per la progettazione del nuovo centro direzionale della città, a cui partecipano numerosi gruppi di architetti torinesi e nazionali. Previsto nell’area occidentale, non verrà realizzato, ma sollecita il dibattito intorno allo sviluppo verticale dell’edilizia torinese.


Lat: 45.067944 Long: 7.658494

Progetto: 1962
Anno del concorso

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Il Centro direzionale di Torino nella collocazione tra i corsi Francesco Ferrucci e Inghilterra, mai realizzato ma oggetto di un concorso nazionale nel 1962 cui partecipano alcuni dei maggiori progettisti non soltanto torinesi, è per la prima volta ipotizzato dal Piano regolatore generale del 1956, approvato tre anni più tardi. Il concorso è il simbolo evidente, nel dibattito dei primi anni Sessanta, della terziarizzazione di Torino nel pieno del boom economico, e nello specifico dell’area occidentale della città che – al centro di imponenti piani di trasformazione e sviluppo a partire dal piano Astengo (1947), grazie al previsto asse di attraverso nord-sud – sarà poi la sede del grattacielo Sip di Ottorino Aloisio (1964). Il concorso è anche luogo significativo di elaborazione progettuale nel campo dell’edilizia pluripiano con funzioni terziarie direzionali.

I partecipanti al concorso

Il concorso bandito dall’Amministrazione comunale nel 1962 vede protagonisti architetti e urbanisti tra i più significativi del panorama nazionale. Ludovico Quaroni è il capogruppo del progetto vincitore (motto «Akropolis 9», con Mario Bianco, Sergio Nicola, Nello Renacco, Aldo Rizzotti e Augusto Romano), che propone la novità, pressoché assoluta per la città, del grappolo di torri riunite in un contesto organico e coerente di blocchi pluripiano. Sono 14 gli edifici da 120 metri che emergono da una grande piastra, poste al centro dell’intervento e destinate a funzioni direzionali essenzialmente private. Gli altri gruppi partecipanti, per quanto in molti casi propongano soluzioni dalle dimensioni molto cospicue anche in altezza, tali da costituire un segno spesso evidentissimo nello skyline cittadino – sono in particolare i casi dei progetti di Giovanni Astengo con Gianfranco Fasana e Giuseppe Abbate («Operazione 70», terzo premio), di Carlo Aymonino e Franco Berlanda («Badeba», quarto premio), di Gianugo Polesello, Aldo Rossi e Luca Meda («Locomotiva 2», un blocco a corte di 140 metri d’altezza) e del gruppo guidato da Guido Canella («Incentivo 1970») – soltanto eccezionalmente prevedono edifici emergenti nel nuovo tessuto e dallo spiccato carattere di “segno urbano”. Lo fa Nicola Mosso («Torino 11») che progetta, all’interno di un sistema di edifici alti, due blocchi speculari di 100 metri e una lama a ponte su corso Ferrucci: Claudio Dall’Olio («Nuova Augusta 999», progetto segnalato), con l’infilata di 5 torri distanziate lungo corso Inghilterra e un blocco isolato a doppio corpo; e Glauco Gresleri con Giorgio Trebbi («Toro seduto 12», segnalato), con la loro selva di torri attorno a un anello viario soprelevato. I gruppi di Cesare e Augusto Perelli e Giorgio Ponti («Pitré 78»), così come quello di Aymonino, destinano una torre isolata a nuova sede della Regione Piemonte: il possibile confronto con i progetti recenti di Massimiliano Fuksas è suggestivo,

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