Scheda: Tema - Tipo: Storia

Centuriazione

Difficile è ricostruire l’assetto della campagna di Augusta Taurinorum, che pure era essenziale per la sua stessa esistenza, poiché l’espansione urbana ne ha cancellato le tracce. Pochi indizi vengono da piccoli nuclei di necropoli o da qualche edificio rustico.


Periodo di riferimento: I secolo a.C. - I secolo

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  • carta archeologica

Introduzione

La conduzione della campagna in età romana era un vero e proprio affare di stato teso a creare le condizioni necessarie alla vita associata di una comunità stabile grazie a un migliore sfruttamento agricolo del suolo. La trasformazione del territorio, voluta e realizzata con i mezzi dello Stato, assunse in alcuni casi –di cui il più evidente e il meglio studiato è quello della pianura padana –l’aspetto di un vero e proprio “piano regolatore” e comportò spesso lavori idraulici, disboscamenti, messa a coltura di vaste aree precedentemente incolte, sistemazioni di reti viarie, costruzione o ristrutturazione di impianti urbani e di insediamenti minori. Nel complesso un progetto gigantesco e molto articolato che ha completamente ridisegnato ampi settori della Cisalpina e ne ha migliorato il sistema di sfruttamento delle risorse. Il grande rispetto degli agrimensori per la naturale morfologia del terreno si è rivelato l’elemento fondamentale perché sopravvivessero, attraverso i secoli, tante tracce indelebili e ancora oggi leggibili dell’organizzazione territoriale romana.

Il catasto dei terreni

Il risultato di tutto il lavoro veniva poi esplicitato nella forma, una sorta di pianta catastale, un documento con valore cartografico, ma soprattutto giuridico e amministrativo, nel quale si riportavano, oltre a una descrizione geomorfologica del terreno, i limiti della centuriazione, le misure dei terreni con i nomi dei proprietari, le superfici destinate a uso pubblico e le terre non assegnate; ogni forma era corredata da un commentario delle divisioni e delle assegnazioni, che doveva servire agli amministratori per avere un quadro della situazione, soprattutto per quanto riguardava le terre demaniali e i lotti liberi ancora da assegnare.

L'avvio del progetto

Le opere di centuriazione dipendevano da una commissione agraria che durava in carica per 3 anni, durante i quali i magistrati, coadiuvati dagli agrimensori, progettavano l’intero impianto, scegliendo e definendo un orientamento adatto alla morfologia del terreno e segnando gli incroci delle centurie principali con dei cippi in pietra sui quali una croce incisa serviva a indicare l’orientamento della maglia. Era poi necessario valutare pendenze e capacità di assorbimento del terreno, progettare un sistema di canalizzazione e arginatura che fosse funzionale, ma anche di agevole manutenzione, e procedere a misurazioni accurate per le quali bisognava spesso prevedere lavori di disboscamento e di regolarizzazione del suolo. Non è difficile immaginare come tutte queste operazioni risentissero, soprattutto al nord, delle avversità climatiche: vento, pioggia e nebbia impedivano un uso corretto della groma e rallentavano l’intero processo, al quale era possibile lavorare solo per periodi limitati.

La messa in opera

Dopo la stesura del programma si procedeva all’assegnazione dei primi lotti di terreno ai coloni, che erano incaricati di realizzare di fatto il progetto impostato a tavolino. Essi si trasferivano nelle nuove terre insieme alle famiglie, costruivano abitazioni e ricoveri per animali e sementi, procedevano alla delimitazione degli appezzamenti, all’apertura delle vie di accesso e all’impianto delle prime colture. Dobbiamo quindi immaginare una campagna punteggiata di piccolissimi insediamenti, fattorie, cantieri e campi parzialmente coltivati o usati a pascolo, in cui dei contadini/allevatori erano anche operai e lavoravano, oltre che per il sostentamento proprio e delle loro famiglie, anche per portare a compimento il piano di razionalizzazione agraria previsto per il territorio.

La metrica agraria

La misura fondamentale della metrica romana era il piede, che corrispondeva nominalmente a circa 29,6 centimetri. Per i terreni la misura di riferimento era l’actus, pari a 120 piedi (circa 35,5 metri), che derivava dalla lunghezza del solco che un aratro trainato da una coppia di buoi era in grado di tracciare con una sola spinta. Due actus quadrati erano invece la misura della superficie che, con la stessa coppia di buoi, poteva essere lavorata in un giorno, secondo un sistema di misurazione legato non all’area dell’appezzamento, ma al tempo impiegato per lavorarlo. Questo sistema si è mantenuto spesso attraverso i secoli e ancora oggi nella campagna piemontese si usa misurare i terreni a “giornate piemontesi” (3810 mq).

Luoghi correlati

Ente Responsabile

  • MuseoTorino
  • Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie