Scheda: Luogo - Tipo: Edifici

Biblioteca Civica Alberto Geisser

La  Biblioteca Civica intitolata ad Alberto Geisser, prima sede decentrata della Biblioteca civica centrale, fu inaugurata nel 1971. È situata all'interno del Parco Michelotti, in un edificio del 1953 e conserva un patrimonio di oltre 48.000 opere.


Lat: 45.06594740506758 Long: 7.703901934654141

Costruzione: 1953

Inaugurazione: 1971

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Categorie

  • parco | teatro | bocciofila | biblioteca

1. Storia dell'edificio *

La palazzina rientrava nel nuovo assetto assunto dal Parco all’inizio degli anni Cinquanta, fino ad allora utilizzato come giardino pubblico con attività legate al gioco delle bocce, alla balneazione del Po e per spettacoli teatrali, dal 1910 nel “Teatro Parco Michelotti” con 1000 posti di Umberto Fiandra.

Il termine della concessione data al signor Fiandra cambiò il panorama del Parco. Nel 1948 la S.I.S (Società di Incoraggiamento Sportivo) fece richiesta di costruire un edificio con destinazione bocciodromo e birreria; un ulteriore spazio venne concesso nel 1951 quandol’Associazione Provinciale dei Macellai chiese al Comune di poter edificare una propria sede; successivamente 1955 iniziarono i primi passi per la creazione del giardino zoologico, ampliato nel1957 sull’area del teatro. Il progetto della sede sportiva dell’Associazione del 1953 si deve a tre giovani architetti, Amedeo Clavarino, Renato Ferrero, Bruno Foà; le opere in cemento armato progettate e dirette dall’ing. Giorgio Gheorghieff.

L'edificio, completato nel 1954, è collocato nella parte centrale del parco, vicino all’ingresso. Ad esclusione delle opere eseguite nel 1984 per la messa in sicurezza dell’edificio, l’ascensore esterno collocato in un corpo completamente vetrato su un lato dell’edificio e il soppalco, la struttura della palazzina è sostanzialmente quella progettata nel 1953. E' costituita da un corpo lineare sviluppato su due livelli, uno seminterrato, finito ad intonaco con rivestimento lapideo e musivo, caratterizzato da ampie finestre "a nastro", terrazzi e tetti pensili di altezze diverse. Nel prospetto principale è inserita un'ampia rampa d’accesso.

L’edificio si caratterizza per l’attenzione ai materiali e per la definizione dello spazio in relazione all’uso, attraverso l'organizzazione planimetrica e distributiva e all’ambiente circostante con le grandi finestre attraverso le quali la luce viene distribuita all’interno e che sono anche un tramite visuale verso il giardino. Caratteristico è l'inserimento dell'elemento artistico come consuetudine, nelle nuove architetture di quegli anni, della collaborazione tra architetti e artisti. Nel 1960, alla scadenza della convenzione, la palazzina passò di proprietà alla Città di Torino, ma il circolo dall’Associazione Macellai, fruendo di una proroga, continuò ad occuparne i locali fino al 1965.

La società Terni-Molinar (zoo) da anni chiedeva al Comune di concedergli l’edificio; già nel 1956 ritenendo che dovesse essere annesso allo zoo, aveva proposto un nuovo uso della palazzina da destinare in parte a biblioteca, sala di lettura e aula per conferenze, in parte da riadattare ad acquario-rettilario, ultimo progetto questo che venne poi realizzato nel 1960 nel nuovo edificio commissionato all’architetto Ezio Venturelli. In un primo momento, nel 1965, l’Amministrazione pensò di concedere l’edificio all’Istituto di Genetica, quindi nel 1968 Arduino Terni, direttore dello zoo, chiese nuovamente al Sindaco l’assegnazione della palazzina da utilizzare per le attività didattiche e di laboratorio annesse allo zoo. Nel 1969 la Città concesse al signor Terni, fino al 1985, un’area di ca 1.100 mq ai lati della palazzina escludendo però il fabbricato che passò all’Istituto di Antropologia dell’Università con la formazione del Centro di Primatologia e Osservatorio di genetica animale. In coincidenza con le prime voci di dissenso nei riguardi dell’organizzazione e della metodologia dei giardini zoologici, la palazzina cambiò nuovamente destinazione ospitando, dal 1971 (1), la prima Biblioteca Civica decentrata della Città dedicata al filantropo torinese Alberto Geisser.

2. Soffiantino e la Geisser *

La collaborazione con Giacomo Soffiantino avvenne attraverso il rag. Benedetto Fiore dell’Associazione Macellai, collezionista di una delle più importanti raccolte d’arte del Novecento del secondo dopoguerra, in parte acquistata nel 1959 dalla GAM, autore di diverse preziose donazioni ai Musei Civici, socio dal 1940 della SPABA (di cui fu tesoriere dal 1947 al 1961), scomparso nel 1979. Il collezionista frequentava la galleria torinese La Bussola diretta da Luigi Carluccio dal 1947 al 1955; dal critico e mercante aveva acquistato il dipinto di Pierre Soulages, Compositon, oggi alla GAM, esposto alla 1° mostra Pittori d’oggi Francia-Italia, Torino 1951, con cui Carluccio aveva introdotto nell’ambiente torinese l’arte astratta di Hartung, Bissiere, Soulages, “scoperta” a Parigi nel suo soggiorno del ’50 (3). Gli interessi di Benedetto Fiore in quegli anni sono quindi rivolti allo stile internazionale delle “avanguardie”, l’Informale, proposto nel modello transalpino che a Torino viene portato da L. Carluccio “frammisto... al compromesso cubofauvista dei «Jeunes Peintres »”. Agli inizi degli anni Cinquanta, a Torino La Bussola era la galleria di questa fase di transizione e della pittura “neonaturalista” (una versione padana dell'informale) di Francesco Arcangeli; era lo spazio espositivo per giovani avviati all’Informale, intenzionati a proporre esperienze più nuove o comunque desiderosi di misurarsi con l'arte europea e americana. Nel 1954, grazie a Carluccio, Giacomo Soffiantino, Sergio Saroni e Piero Ruggeri furono i primi pittori italiani che ebbero un contratto con la galleria. Non a caso quindi per la decorazione della nuova sede dell’Associazione, la scelta di Benedetto Fiore cade su un artista della scuderia di Luigi Carluccio. Il murale dipinto da Soffiantino, si colloca nella sua primissima attività caratterizzata da una “grafia di estrema eleganza e di sottile incisività”, una vocazione al segno che sarà ricorrente in tutta la sua opera pittorica, e per il quale l’incisione calcografica è collocata su un piano assolutamente paritetico rispetto alla pittura. Una compresenza risolta in scala monumentale nel murale: un’ampia campitura monocroma bruna in cui la raffigurazione, tra figurativo e astratto, è affidata a un chiaro segno geometrico in cui l’artista sperimenta la scomposizione e lo smontaggio dell’immagine, ridotta a schema o struttura portante e alla frammentazione dei volumi, in linea con l’orientamento neocubista dell’esperienza torinese dell’astrattismo nel secondo dopoguerra.

3. Dipinto murale a soggetto taurino*

Il dipinto murale, posto all’interno della palazzina nel Parco Michelotti, attuale sede della biblioteca Geisser, fu eseguito dal pittore Giacomo Soffiantino per decorare il salone della allora appena terminata sede sportiva dell’Associazione Provinciale dei Macellai.

Il murale firmato, che occupa la fascia superiore di un muro interno, è di forma trapezoidale e segue l’inclinazione del soffitto, con leggera spiovenza verso sinistra. E’ dipinto a monocromo bruno uniforme con figure profilate a risparmio sul fondo beige, riprese in finitura; raffigura, in sviluppo orizzontale, il bue nella mitologia delle civiltà antiche e nella cristianità, dal Minotauro a San Bartolomeo, patrono dei macellai e dei conciatori, passando dalla costellazione astrale, al bue fenicio, Alpha, al Camadeva indù, al bue Api, al simbolismo astrale del toro di Mithra. Ogni immagine, senza soluzione di continuità, è accompagnata da scritte “α” -“TORO” -“α = BUE (Fenicia)”- “CAMADEVA”- “BUE API”- “M”- “S. BARTOLOMEO”.

Note

1) in "La Stampa", 2 dicembre 1971, p. 8

* La scheda riprende integralmente lo studio conoscitivo redatto nel 2013 da Caterina Thellung, Conservatore museale della Città di Torino, in occasione dell'intervento di manutenzione dell'edificio e del dipinto murale, a cura dei Servizi Tecnici Edilizia per la Cultura della Città.

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