I moti: i Cavalieri della Libertà e il "groviglio delle sette" del 1830 - 1831

I moti rivoluzionari del 1830-1831 non furono molto sentiti a Torino ed ebbero esiti fallimentari per la molteplicità di sette non coordinate che resero difficile anche l’azione dei mazziniani.
Nel 1830 Torino pare essere stata meno interessata del resto del Regno dallo spirito dei moti, ma le discussioni fervevano nei caffè Fiorio, San Carlo e in tutti quelli frequentati dai liberali, soprattutto giovani borghesi.
In città fioriva un «groviglio di sette», tante minuscole e incapaci di coordinarsi che, accanto ai contrasti tra buonarrotinai e mazziniani, ostacolarono l’azione della Giovine Italia, i cui affiliati rimasero pochi.
La congiura dei Cavalieri della Libertà fu scoperta per la banale ingenuità d’un partecipante e nel 1833 fallì il tentativo del mazziniano Antonio Gallenga giunto a Torino con l’intento di pugnalare Carlo Alberto.
I ceti elevati preferirono impegnarsi in istruzione, assistenza, discussioni intellettuali attraverso circoli, associazioni, accademie piuttosto che nella rivoluzione.