

quol sublime risveglio di tutto
UII
popolo quanto
imp eto d'affetti, quanta generosità di propositi!
Milano l' eroica, Milan o combatte per cinque giorni
sola cont ro uno degl i eserciti più ag gu erriti. Carlo
Alberto accorre coi suo i soldati a porgere
l'aiuto
che il fratello porge al frate llo.
La vittoria a rrid e alle primo pr ove, ma vengono
ben prest o le gior nate fatal i di Custoza e di Mi–
la no, e dopo di esse l'armistizi o, c dopo l'armi–
stiz io il tent ativo au dace della ' riscossa che si
rompe a Novara.
Fu' sopra quel cam po, desola to dalla mitraglia,
in una notte fitta di tenebre e di a ngosc ie, che
Carlo Alberto compiva
il
supremo dei sac rifici.
Ma nel momento stess o in cui l'infelice Monarca;
deponendo la cor ona, ne faceva oloca usto alla sal–
vezza del Paese, in quel moment o risorge più vi–
gorosa la fede nei destini della patria e.ricomincia
l' opera coraggiosa.
Vittorio Emanuele raccog lie la corona, ma giu ra
di sciogliere il voto del padre e colla corona sol–
leva la ba ndiera della nazione. E comincia allora
que l periodo di storia italiana ve ramente grande,
nel quale si maturan o le sorti d'I talia.
Mentre nelle altre Provincie imperversa, assetata
di vende tt a, la più t riste delle reazioni, il piccolo
Piemonte, sorretto dalla
virtù
del Principe e del s uo
.Parlament o, ricompone il suo ese rcito, riforma le
sue leggi, attende allo svi luppo delle sue relazion i,
dei suoi commerci, delle sue industrie ; apre un
asil o ai prosc ritti c riesce a tener alto l'onore del
nome ita lia no, invia ndo i suoi soldati a combatte re
a fian co di poderosi ese rciti sui campi della Tauride,
Da quel giorno il piccolo Piemont e diventa
grande pel' le idee ,
alle quali pr incipe e popolo si
sono concordemente votat i.
Vitto rio Ema nuele e Camillo Cavour compio no
l'opera meraviglio sa. L' ese rcito ital iano può, in
un ione all'esercito della Fran cia alleat a,ripigliare
la via sacra, già altra .volta percors a, procedendo
di vittoria in vittoria .
E dopo il 1859 i pru denti avvedi menti e le audacie
generose del 1860; tut ta Italia si leva e manda
il
fiore della sua gioventù nelle file dell'esercito ita–
lian o e fra le legge nda rie . sq uadre di Ga ribaldi,
Una g ran parte d'Ital ia è liber a. Manca Venezia,
manca Roma, ma in brevi a nni anch 'esse possono
ricongiun gersi alla famiglia italiana e allora Vittorio
Emanuele può, con sentimento di nobile .orgoglio,
proclamare che egli aveva sciolt o il voto al quale
aveva consac ra ta la sua vit a. E la stupenda vi sione
non è finita.
Mentre l'Italia cospira e consacra le sue forze a
raggiungere
l'unità
politi ca qual e e quanto lavoro
per costituire la sua unità morale, quale c quanto
lavoro per compo rre que l patrimonio economico
se nza il quale l'esistenza di una Nazion e è posta
al cime nto di gravi pericoli. Tutto era da fare.
Mancavano le scuo le, mancava no le stra de, con–
veniva dare al nu ovo cor po sociale il suo as setto
naturale violent emente turbat o; bisognava munire
il nuovo Stato di val ida difesa ;' comporre un
esercito .che fosse scu ola e palestra di virtù citt a–
dine e fondesse in una compa tta compagine i vari
eleme nti raccolti dalle più lontane te rre ; comporre
un ' armata che lfosse verame nte deg na delle nostre
g randi tradizioni ma rittime ; costrurre ripari, mu–
nire fortezze; dare ai nuovo Reg no sicurezza e
cosc ienza della sua robusta costituzione.
Vittorio Ema nuele ebbe in
U~berto
I l' interprete
fedele e il valoroso continuatore dell'opera sua , Egli
che aveva primo nelle battaglie ricev uto il suo bat–
tesi mo di sangue, seppe deg namen te emu la re le
virtù del pad re continuando indefesso l' oper a rist o–
ratrice, l'afferma ndo le libere istituzioni, da ndo tutto
il
suo cuore alla causa dei dere litti.
Abb iamo avuto an che noi le nostre giornate di
. stanchezza e di sconforto; anche per noi vi furo no
er rori e colpe, insuccessi, e ore di profonda ango–
scia, ma vi furono anche generose iniziative. atti
di eroismo. lotte audaci e vittorie. In 50 anni noi
abbiamo visto avverarsi il desiderato di secoli, e
quest' Italia ordinata a Governo prendere il suo
posto d'onore fra le Grandi Potenze.
Poteva Torino non ricordare cllEi la maggior parte
di quegli avvenimenti erasi compiuta nelle sue
mura? Pot eva essa dimenticare che lo Statuto pro–
clamato 50 anni fa ed al quale Principe e Popolo
hanno legata la loro Cede fu la base fondamentale,
la pietra an golare sulla quale ebbe ad elevarsi in
tutta la sua ampiezza l'edificio dell'unità italiana?
Poteva essa dimenticare che a quel patto, leal–
mente mantenuto, si erano associate tutte le pro- o
vincie italiane colla solenne emanazione dei plebi–
sciti? Che in esso e per esso sono garantite le
pubbliche libertà? che in esso e per esso. vi è 'campo
aperto per quelle lotte che un giorno si conclude–
vano cogli orrori e colle rovine fratricide, ed ora
si svolgono nei comizi e nel regolare avvicendarsi
dei partiti? che in esso e per esso finalmente non
vi è riforma civile, non progresso sociale che non
possa ricev ere la' su a consacrazione?
Torin~
ha
ri cordato' ed ha sentito che anche questa volta era
chiamata 'ad adempiere ad un alto dovere.
Essa comprese che in nessun altro momento po–
teva essere più opportuno che si levasse la sua voce
per chiedere a tutto il paese uno di quegli istanti
di severa meditazione, nei quali si matura spesso
la ris olu zione dei più difficili problemi.
In nome della patria, miracolosamente redenta,
in nome dei sacrifici secolari, in nome dei martiri
nostri, per l' avv enire che ancora ci sorride, per i
figli nostri, per ci ò che ciascuno ha di più caro
nella vita; per gli '-àffett i più sacri che ad essa ci
avvincono, essa c; invita a gettare uno sguardo su
questi 50 anni che stanno per essere consegnati alla
storia; uno sguardo solo, ma uno di quegli sguardi
.profondi, sereni, che afferrano ad un tratto le cause
e gli effetti; che sono la sintesi di un periodo sto–
rico; che sia ad un tempo lo spec chio fedele di
ciò che fu, la rivelazione di ciò che sarà.
E per chè rimanga memoria di questo momento
solenne, Torino segna con una colonna commemo–
rativa questo primo stadio della via per corsa, e
invita gli italiani a venire qui fra le sue mura, alla
gran festa consacrata ai trionfi del lavoro. Questa
festa non poteva esser e inaugurata che sotto gli
. auspici del Re e consacrata in mezzo a questa lieta
famiglia di lavoratori, che al grido di:«Viva il Re!
».
Oh sì, la sciate, o Sire ! lasciate che dal mio petto
prorompa questo solo grido:« Viva il Re!
».
Viva
il Re, in Italia, vuoi dire viva l'unità e la libertà
della patria, l'unità della patria nella maestà delle
sue leggi, nell' affermazione del suo diritto, nella
concorde cooperaxione di tutti alla sua prosperità
ed alla sua grandezza.
Viva il Re, è la formola schietta ed eloquente
che si scioglie da ogni inv iluppo di definizioni e di
distinzioni dottrinal i, dietro le quali le coscienze
malfide cercan o un riparo; che sfugge ad ogni
artificio di sottintesi, che esclude ogni possibilità
di facili transa zioni e di simonie politiche; che '
ri afferma dinanzi all'Italia la fede nei suoi gra ndi
istituti.
Questa
è
la formola che è compresa da tutti,
perch é erompe dall' anima del. popolo ital ian o ,
che nel mirabile intuito della mente e del cuore
sente essere necessario che tutte le for ze della na–
zione siano riordinate ad un concetto chiaro e
sempli ce: la monarchia itali ana; cio è l'unità della
patria libera, saldamente difesa, che ammette ogni
larghezza di riforme civili e sociali, che tro va nello
svi luppo logico, ir res istibile delle sue tradizioni la'
sua legge d' indefettibile continuità e di progresso;
con dizione esse nziale
perch è
le lotte dei pa rtiti ab–
biano un freno modera tore, un potere che serviva
alle loro. defezioni ed alle loro cadute'; un potere
che valga a conse rvare le t radizioni, a respin ger e
ogni eccesso che volg a ad offesa dell'ordine e della
libertà.
Dal giorno in cui il primo degli Umberti là dai
monti della Moriana sentì la potente attrattiva di
questa terra felice e dei suoi orizzonti caldi di luce,
e compose nell'animo suo il desiderio di scendere
alle pianure d'Italia, al giorno in cui, gettandosi
fra le lotte feudali, assunse la difesa dei comuni
contro la prepotenza dei signori e compose il primo
nucleo di uno Stato, e, composto lo Stato, lo difese
dalle ambizioni dei vicin i, allargandone ad ogni
evento i confini, sfogliando con persistente costanza
il simbolico carciofo, e passò attraverso i mari
portando la croce bianca alle più avventurose im–
prese; che, dopo di aver cinta la corona dei Re,
seppe conquistare autorità e potenza, e farsi grande
dell' affetto della nazione, e raccogliere da essa il
desiderio maturato da secoli, ed associ ossi ad essa
per compierlo e compiere così il'voto dei suoi pen–
satori e dei suoi poeti, il pensiero di Dante e di
Michelangiolo; dà Umberto ad Emanuel Filiberto,
ad Amedeo, a Carlo Emanuele III, a Vittorio Ema–
nuele, ad Umberto I, la Casa di Savoia, che a buon
diritto è
Casa d'Italia,
non si
è
mai dissociata dal
popolo, del quale visse la vita, sentì la passione,
difese il diritto.
E questa Casa, che è oggi allietata da un fausto
connubio, non può non aprirsi alla più lieta com–
piacenza del cuore vedendo ehe, provvidenzialmente,
il primo saluto che i giovani Sposi ricevono ' dal–
l'antica città natale è assocìato alle voci inneggianti
al
primo giubileo delle nostre libertà statutarie.
In un momento di dolorosa angoscia, e quando
il sentimento popolare era profondamente turbato
da una immane sciagura, un raggio di luce venne
a rompere il tristo marasma. Era l'annunzio che
il
giovane principe, educato con tanta cura alle
discipline .del dovere e delle virtù militari, iniziato
al culto delle scien ze e del lavoro, associava la sua
vita a quella di una principessa gentile, discendente
di una stirpe di forti, e predestinata a difendere fra
le giogaie dei suoi monti le sue antiche libertà e
con esse la causa della civiltà cristiana contro il
fanatismo mussulmano.
L'Italia salutò con sentimento di vivo affetto il
geniale connubio, felicitandosi di ciò, che esso fosse
arra sicura che la nuova progenie sarebbe degna
dei padri e rispondente alle speranze della Patria
contristata.
A quel saluto Torino aggiunse la sua voce, ed
oggi rinnova il suo plauso affettuoso, lieta che la
festa del lavoro nazionale, alla quale preludia il
festante concorso delle nostre Associazioni operaie,
sia auspicata dalla santa e benefica iride di spe–
ranz e e di promesse che circonda i giovani Sposi.
Con questo lieto presagio, che risponde ai sacri
affetti del Re e del Padre, io prego la Maestà Vostra
di voler suggellare nel granito, sul quale sor gerà
la colonna commemorativa del primo cinquante–
nario dello Statuto, un attestato della Vostra so–
vrana compiacen za .
Augurio felice, che a questa prima colonna mi–
liare altre in infinito ne vengano innalzata dai figli
e dai più tardi nipoti, a dar fede sicura che l'Italia
non ha fallito a quell'avvenire di pace e di pro–
sperità che è nel cuore e nella mente del Re, che
è
nel cuore e nella mente della Nazione.
Il discorso dell' onoVilla è coronato da
applausi e da grida di
Viva il Re
l;
i So–
vrani ed i Principi stringono la mano del-
l'oratore.
.
L'avv. Bona dà quindi lettura dell' atto
(autenticato dal notaio Vaccarino) che deve
ricordare l'avvenimento e che già firma–
rono i pre sidenti dei Sodalizi rappresentati
alla cerimonia.
Vi appongono pure i loro nomi:
il
Re,
la Regina , il Principe e la Principessa di
Napoli , la Principessa Lsetitia ,
il
Duca e