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ARAZZI TORINI SI

riordinando e riassettando. E noto infatti

che le sale del piano nobile di detto palaz­

zo, cedute dallo Stato alla città di Torino,

diverranno presto degna sede di rappre­

sentanza del Municipio.

Il proposito di far tornare da Milano i

dieci arazzi incontrò pieno il favore di A r­

duino Colasanti, Direttore generale delle

Belle Arti, il quale riuscì ad ottenere in

merito l’adesione di S. E. Fedele, Ministro

dell’ Istruzione.

Sicché, quando il Podestà di Torino,

conte di Sambuy, cui sta sommamente a

cuore la ricostituzione del piano nobile di

palazzo Madama, avanzò ufficialmente la

richiesta a Roma, trovò favorevole il terre

no ed il Governo Nazionale esaudì senz’a l­

tro la domanda.

Ora i dieci arazzi sono già stati traspor­

tati a Forino e prima che il pubblico possa

ammirarli appesi sulle pareti del monu­

mentale palazzo, voglio che ne faccia la

loro conoscenza, che sappia la loro storia,

che gli siano ben noti i soggetti e gli artisti

che v’hanno lavorato.

Trattasi, come ho già detto, di dieci pez­

zi : cinque appartenenti agli arazzi della

serie » Scene campestri o villerecce » e cin­

que alla serie delle « Architetture ».

* * *

Com e noto la manifattura torinese non

ebbe lunga vita. In un primo periodo, quel­

lo che può dirsi aureo, fu in attività dal

1737 al 1798: in seguito, dopo la Restau­

razione, la fabbrica ebbe una ripresa; fu

riaperta per dieci anni (1823-1833), ma

questa sua seconda esistenza fu stentata e

poco gloriosa.

Ora in un periodo di vita che non può

certo dirsi lungo, specie se si pensi al tem

po che richiede la tessitura di un arazzo.

Torino fabbricò settantanove pezzi, tutti

giunti fino a noi ed in buono stato di con­

servazione.

Di questi quarantanove appartengono

alle serie così dette « Storiche », perchè ri­

producono soggetti tratti da episodi e fatti

della storia greca e romana : i rimanenti

formano le serie delle Scene campestri,

delle Architetture, delle Marine e degli

Stemmi.

Fra gli arazzi di queste ultime serie i più

importanti sono quelli con scene campe­

stri, ai quali, unicamente per la originalità

dei loro soggetti, tengono subito dietro le

» Architetture ».

Specie nel primo periodo di vita l’araz-

zeria torinese dispose di eccellenti mae­

stranze : i mastri arazzieri provenivano dal­

le rinomate manifatture di Roma e di Fi­

renze; la maggior parte del personale d i­

pendente aveva in queste fabbriche eserci­

tato il proprio tirocinio.

Ma ciò non sarebbe bastato per darci la

pregevole produzione uscita dalla fabbrica

di Torino : una parte del merito spetta sì

alle maestranze, ma una gran parte di esso

bisogna riconoscere ch e dovuto alla valen­

tia dei pittori che eseguirono i modelli o

<>cartoni ». Questi sono, com e noto, delle

tele dipinte ad olio della medesima gran­

dezza delle tappezzerie, tele che l’arazzie­

re aveva poi sott’occhio mentre attendeva

al paziente lavoro della spola e del telaio.

Ma un’altra ragione ancora ha fatto sì

che gli arazzi torinesi siano rimasti eccel­

lenti e ciò è dovuto alla originalità dei sog •

getti. A Torino infatti, a differenza di

quanto si è praticato nelle altre manifattu­

re, non vennero tessuti arazzi ricopiando

quadri o tappezzerie già esistenti; qui per

ogni arazzo fabbricato venne sempre ap

prontato l’apposito modello, che, condotto

dal pittore con tecnica tutta speciale e di­

versa da quella dei dipinti fine a loro stessi,

ha consentito all’arazziere di raggiungere

grandi effetti decorativi, di prospettiva e di

colore.

t.a fabbricazione degli arazzi della serie

« Scene campestri >» venne iniziata nel

1739, quasi contemporaneamente cioè a