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AKAZ7I TORINFSI

quella delle tappezzerie delle serie « Sto

riche ».

Certo queste ultime sono generalmente

le più apprezzate, perchè hanno quel ca

rattere di solennità e di lusso che si richie­

de appunto agli arazzi ; ma poiché essi in

fine sono delle opere d ’arte destinate ad

uno scopo puramente decorativo, ne deriva

che quando una tappezzeria raggiunge pie­

namente questo scopo, bisogna riconoscer­

ne i pregi anche se non sia del genere sto­

rico.

E pregi non mancano negli arazzi tori

nesi della serie « Scene campestri », per­

chè pittori ed arazzieri, profondi conosci­

tori della tecnica degli arazzi, hanno con

dotto il loro lavoro in modo da riuscire a

darci pezzi con scene graziose, fresche, pie­

ne di vivace naturalezza e di un gran va­

lore decorativo.

Se. considerando l ’epoca della fabbrica

zione di ciascun arazzo, si confrontano gli

" storici » con quelli con scene campestri

si avverte questa particolare caratteristica.

Mentre gli uni, ottimi fin dai primi pezzi

tessuti dalla fabbrica, vanno mano a ma­

no peggiorando fino a giungere ad un prò

dotto addirittura scadente, quelli » campe­

stri », rappresentati da principio da pezzi,

dal punto di vista decorativo, poco interes

santi, migliorano progressivamente fino a

che gli ultimi sono veramente squisiti e pre­

gevoli.

Questa diversità di valore delle due se­

rie di arazzi è però spiegabile. Per le tap­

pezzerie del genere storico si ebbero subito

modelli dipinti da artisti di gran valore, —

basta per tutti citarne uno : Claudio Beau-

mont — ; per quelle invece « campestri »

un vero e proprio pittore di « cartoni » non

si ebbe che tardi e fu Vittorio Amedeo Ci-

gnaroli.

Risulta infatti che per questa ultima serie

lavorarono da principio ad approntare mo­

delli artisti assai modesti, quali Angelo Pa

lanca e Francesco Antoniani, i cui dipinti.

conservati tuttora nella palazzina di Stupi-

nigi, testimoniano tutta la loro mediocrità.

1 Cignaroli invece, valente pittore pae­

saggista. di una grande naturalezza e spon­

taneità, fu l’autore degli ultimi bei cartoni,

dai quali ai mastri arazzieri torinesi riuscì

facile, con la loro consueta perfezione te­

cnica. ricavare i migliori arazzi del genere

campestre.

1 cinque arazzi di questa serie, restituiti

ora a 1orino, recano i seguenti soggetti :

Giocoliere che fa ballare un finto orso -

Viandante assalito da un cane - Giocolieri

girovaghi che chiedono informazioni ad un

mendicante - Giovanetto che fornisce indi­

cazioni ad una donna -Giovanetto che pe­

sca in un torrente.

Se un artista di valore dipinse i « carto­

ni », altrettanto valente fu il mastro araz­

ziere ch’era alla direzione della manifat

tura quando gli arazzi vennero tessuti. Fu

questi Francesco Demignot (1744-1784), il

più provetto fra i ■<mastri » torinesi, al

quale sono dovute le più belle tappezzerie,

e non della sola serie campestre, uscite dal­

la fabbrica del re di Sardegna.

I cinque arazzi, di cui mi occupo, son

di differenti grandezze. Tessuti per deco

rare nel palazzo di Torino le pareti di una

sala dell’appartamento d estate del re, al­

cuni di essi sono di grandi dimensioni, al

tri, i così detti laterali o lesene, sono più

alti che larghi, perchè destinati ad essere

appesi su pareti poco vaste, quali quelle

poste fra le aperture di finestre o di porte.

Tutti rappresentano fresche e graziose

» boscarecce » e sono di una gran vivacità,

di una sciolta naturalezza ed hanno effetti

luminosi ben riusciti. Esaminiamone i mi­

gliori.

Nel giocoliere che fa ballare un finto

orso, il paesaggio che fa da sfondo è chia­

ro ed arioso ; naturali sono gli atteggiamen

ti dei personaggi ; nei volti dei due bambi­

ni è meravigliosamente ritratto lo stupore

per la vista del minuscolo orso ballerino.