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L’antica borgata Vittoria è una zona di Torino che ha mantenuto l’originario carattere popolare, tuttora ben leggibile nell’ambiente,
che esterna caratteristiche e usi dei suoi abitanti. Il modo di utilizzare gli spazi, aperti o chiusi, pubblici o privati, si manifesta
all’esterno attraverso immagini, suoni, odori, movimenti, con una spontaneità che nulla ha a che vedere con l’esibizione e che riesce
a esprimere l’autentico modo del “vivere” di quel luogo.
All’interno del tessuto urbano risultano ad esempio come elementi di forte caratterizzazione i numerosi spazi aperti per l’incontro e
l’aggregazione: tipico è il frequentato mercato di piazza della Vittoria, molto vivace è anche quello per il passeggio lungo l’asse di via
Chiesa della Salute, reso attraente dalla vista delle vetrine dei negozi, e molti altri spazi, un po’ ovunque, favoriscono in ogni caso la
possibilità di soffermarsi a parlare per strada.
Tra le varie abitudini locali si rileva inoltre una evidente frequenza del movimento pedonale e ciclabile, malgrado l’intenso traffico
veicolare che spesso congestiona le principali arterie di collegamento viario che attraversano il quartiere. Modi di vita tipici, dunque,
che si sono persi in molte altre parti della città, e che permangono nella borgata come uno dei fattori che ne definiscono il carattere
identitario, completandone l’aspetto materiale, creato dai complessi urbani degli spazi e delle architetture.
Tra i più significativi di tali complessi risulta l’area incardinata lungo lo storico asse delle vie Stradella, Giachino e Cesalpino – la
cosiddetta
Spina reale
– che appartiene all’aggregato primigenio della borgata: un settore nel quale permangono evidenti segni
dell’immagine passata non solo nell’affaccio principale ma anche nelle zone circostanti e lungo la ramificazione di via Chiesa della
Salute. Il nucleo è costituito da un tessuto minuto, per quanto riguarda sia l’estensione degli isolati sia la dimensione dell’edificato,
che è impostato in generale su un impianto planimetrico irregolare, in cui strette e brevi vie si articolano creando un disegno
urbanistico privo di una vera progettazione, caratterizzato da tagli obliqui, dovuti al permanere di antichi tracciati o alla originaria
tendenza a creare collegamenti polarizzati sulle piazze e vie più importanti.
Il costruito mostra edifici di varia fattura e stile (alcuni anche recenti), che propongono una caratteristica discontinuità dei fronti,
accentuata dalle altezze diverse e dalla posizione irregolare dei volumi rispetto al fronte strada; tuttavia, tale discontinuità appare
secondaria rispetto alla volumetria contenuta dell’edificato, che risulta dominante per la percezione ambientale complessiva. Questa
caratterizzazione omogeneizza interi spazi del settore, nel quale, pur inframmezzati da singoli edifici dall’identità autonoma, se ne
sono conservati molti tra i più antichi, accomunati sia dalla fattura architettonica essenziale, sia dal comparire spesso in serie. Si
generano così scorci con caratteri tipici di borgata, dominati dall’uniforme immagine dei piccoli aggregati rimasti, che si configurano
come il denominatore comune in grado di smorzare l’immagine stilisticamente variegata del costruito. L’edificato esterna infatti
le varie fasi di formazione e di completamento della borgata che, da fine Ottocento e lungo tutto il secolo successivo, ne hanno
RILIEVO URBANO
Complessi dal forte carattere identitario risultano
(a sinistra) il quartiere di edilizia popolare Q6 in
via Villar (1910) e la scuola elementare Allievo,
vie Vibò e Roccavione (1914).
L'edilizia industriale ha costituito il principale
elemento di caratterizzazione della borgata. Tra
i pochi fabbricati oggi riconoscibili: (in alto) le
ex concerie CIR nel fronte verso viale Madonna
di Campagna; la ex fabbrica Superga in via
Verolengo (1915-1928); le ex Rotative Caprotti,
via Villar 2 (anni trenta del Novecento).