L'emarginazione e l'assistenza
Con l’aumentare dell’immigrazione dalle campagne verso Torino peggiorarono le condizioni di vita urbana. Le risposte di ordine pubblico e igiene non tardarono, così come gli interventi nell’ambito dell’assistenza.
La crescita della popolazione di Torino nell'Ottocento si dovette soprattutto all’arrivo di immigrati da campagne e provincia. La vita degradata nei quartieri periferici, oltre a porre problemi di ordine pubblico e igiene, sollecitò interventi di tipo assistenziale da parte di privati e istituzioni pubbliche.
Assai numerosi erano i poveri in città e nel corso del secolo si fronteggiarono spesso coloro che sostenevano per costoro l’esclusivo intervento di istituzioni pubbliche laiche e quanti appoggiavano invece Opere pie e assistenza religiosa.
Dopo il 1850 le opere assistenziali private, religiose (incluse quelle di ebrei e valdesi) e laiche erano circa un centinaio. Nel 1890 parte di esse fu concentrata nella pubblica Congregazione di carità. I diversi istituti si occupavano di mendicanti, donne «perdute» o «pericolanti», anziani e inabili, bimbi abbandonati (con estensione ad asili infantili e scuole per poveri).
Le trasformazioni innescate dal consolidarsi della società industriale avrebbero presto portato nuove povertà e nuove emergenze.
Bibliografia
- Silvana Baldi, Beneficenza e assistenza, in Umberto Levra (a cura di), Storia di Torino. Da capitale politica a capitale industriale (1864-1915), Vol. VII, Einaudi, Torino 2001, pp. 401-430
- Ivana Villar, Criminalità e emarginazione, in Umberto Levra (a cura di), Storia di Torino. Da capitale politica a capitale industriale (1864-1915), Vol. VII, Einaudi, Torino 2001, pp. 343-362