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Torino raccontata IV
Dal 12 giugno 1940 al 5 aprile 1945 Torino subì decine di bombardamenti da parte delle forze alleate. Una piccola selezione di testimonianze, memorie e brani letterari ci aiuta a ripercorrere quegli anni, rievocando una stagione drammatica per la popolazione civile che si trovò coinvolta, in un modo che non aveva precedenti, nelle vicende belliche.
01. Le prime incursioni
Le prime incursioni trovarono una città ancora impreparata. La rete di ricoveri antiaerei messa a disposizione dei cittadini (i rifugi) giunse tardiva e fu comunque insufficiente a garantire una protezione adeguata a tutti i torinesi.
«In ogni casa, al buio, s’accostano con cura finestre ricoperte da una carta oleosa, spessa e scura che non lascia filtrare un solo raggio di luce: qualcuno gira allora gli interruttori e le donne, senza parlare, mettono in tavola la magra sconditissima cena che il tesseramento consente.»
Alfredo Toniolo, Ci sono anche gli altri, Daniela Piazza ed., Torino 1983
«E quando suonava l'allarme, prima cosa aprire le finestre perché lo spostamento d'aria delle bombe spaccava i vetri, poi andare nel rifugio, magari con una coperta. Sempre con questo senso di angoscia, di tremenda angoscia per il clima nel quale vivevi, che era un clima terribile.»
A. Bravo, D. Jalla, La vita offesa. Storia e memoria dei lager nazisti nei racconti di duecento sopravvissuti, Franco Angeli, Milano, 1988. Testimonianza di Francesco Albertini.
«Se nel corso della notte vi era stato un allarme aereo, a seconda di quand’era suonato il cessato allarme, prima o dopo la mezzanotte, si poteva andare a scuola con più o meno ritardo. L’insegnante insisteva nel ripetere come, a ogni allarme, sia che fossimo a casa, sia che ci trovassimo a scuola, occorreva scendere in rifugio rapidamente ma con ordine. Ci veniva pure raccomandato di insistere perché a casa, all’ingresso del rifugio, ci fosse sempre almeno un secchio colmo d’acqua e una riserva di sabbia, per spegnere eventuali incendi. Precauzioni che si rivelarono ridicole quando i bombardamenti si fecero più intensi e gli spezzoni incendiari piovvero sempre più numerosi appiccando il fuoco a soffitte e sottotetti. […] La maschera antigas costituì a scuola una grossa e divertente novità. L’insegnante tenne due lezioni “rubate” alle ore di ginnastica per dirci che “inglesi e francesi sono assassini e certamente potrebbero adoperare i gas asfissianti pur di vincere la guerra che tuttavia hanno già perduto. La guerra la vinceremo noi, la vincerà l’Asse Roma-Berlino, ma dobbiamo essere pronti a tutto, anche ai gas, e perciò occorre imparare ad adoperare la maschera”».
Renzo Rossotti, Se c’era la luna. Torino sotto le bombe, Fògola, Torino 1993
02. Colpire l’industria, terrorizzare i civili
Se le fabbriche e la rete delle comunicazioni furono il primo obiettivo dei bombardamenti, essi ebbero anche, soprattutto tra la fine del ‘42 e l’estate del ’43, la funzione di terrorizzare la popolazione civile, colpendo la città a tappeto. Alla fine della guerra, quasi il 40% delle abitazioni risultava inutilizzabile. La fame, il freddo, il buio, le sirene che annunciano un’incursione divengono esperienze comuni in una città sconvolta sin dalle fondamenta.
«Questo pensai, sul marciapiede sotto il viale, davanti al palazzo sventrato. In fondo al viale, tra le piante, si vedeva la gran schiena delle colline, verdi e profonde nell’estate. Mi chiesi perché rimanevo in città e non scappavo lassù prima di sera. Di solito l’allarme veniva di notte; ma per esempio ieri a Roma era toccato a mezzogiorno. Comunque, i primi giorni della guerra non scendevo nel rifugio; mi costringevo a stare in aula a passeggiare e tremare. A quei tempi gli attacchi facevano ridere. Adesso ch’erano cose massicce e tremende, anche la semplice sirena sbigottiva. Se restavo in città fino a sera, non c’era un motivo. Tutta una classe di persone, i fortunati, i sempre-primi, andavano o se n’erano andati nelle campagne, nelle ville sui monti o sul mare. Là vivevano la solita vita. Toccava ai servi, ai portinai, ai miserabili, custodirgli i palazzi e, se il fuoco veniva, la roba. Toccava ai facchini, ai soldati, ai meccanici. Poi anche costoro scappavano a notte, nei boschi, nelle osterie. Dormivano poco. Ci bevevano sopra. Discutevano, dieci in un buco. Mi era rimasta la vergogna di non essere dei loro, e avrei voluto incontrarne per i viali, discorrere. O forse godevo soltanto quel facile rischio e non facevo proprio nulla per cambiare. Mi piaceva star solo e immaginarmi che nessuno mi aspettava.»
Cesare Pavese, La casa in collina, Einaudi, Torino 2008 (1° ed. “La casa in collina”, in Cesare Pavese, Prima che il gallo canti, Einaudi, Torino 1948)
«Nel 1942, dopo l’ultima estate tranquilla, cominciò l’epoca insonne di rombi, ululi e tuoni delle incursioni aeree, ci si abituò a notti di bombe: a Torino, ogni mattina, la vita riprendeva sempre più stanca. L’intensità dell’attacco veniva misurata due giorni dopo con un’occhiata allo Stato Civile che riportava in grassetto i nomi dei defunti: quelle colonne, proibite dal fascismo quando il regime si accorse che “influivano sul morale della popolazione”, indicavano che cosa era successo durante l’orribile notte senza sonno; si sussultava alla lettura di nomi amici, e la gente, sui tram e nelle case, chiudeva di scatto il giornale e gli occhi e mormorava: “Anche loro, Dio mio, anche loro…”. Si moriva per famiglie e senza funerali: quelli il regime li aveva proibiti subito. L’inesistenza di difesa antiaerea fu mascherata con alcune batterie della Flak, l’artiglieria tedesca con lunghi cannoni verticali, e la costruzione di uno scalcinato reparto di soccorso semicivile e semimilitare, l’Unpa, che intralciava l’opera dei pompieri, quelli sì onnipresenti, bravi e coraggiosi, che sulle scale spegnevano incendi, ombre nere durante i bombardamenti.»
Aldo Zargani, Per violino solo, Il Mulino, Bologna 1995
«Sino alle cinque del pomeriggio qualcuno sorride a Torino. Dopo, negozi e facce si chiudono. Incombe il terrore delle incursioni aeree. Chi può sfolla in campagna, chi non può smette di sorridere.»
Valdo Fusi, Fiori rossi al Martinetto. Il processo di Torino: aprile 1944, Mursia, Milano 1968, p. 36
«27 novembre 1942. Il 18 e 20 novembre abbiamo avuto a Torino il nostro collaudo. Il primo bombardamento effettuato nella notte sul 19 per una durata di circa tre quarti d’ora causò danni notevolissimi: il secondo dei danni addirittura terrificanti. […] Lo spettacolo di Torino notturna è stato qualcosa di apocalittico: ne ho fatto la triste esperienza avendo dovuto girare la città dalle due alle otto, per trovare dei mezzi di soccorso per la Comet che bruciava. Fiammeggiare di incendi. Spezzoni che scoppiano per le strade, gente accompagnata lungo i controviali di corso Vittorio Emanuele, mobili che vengono gettati dalle finestre, via vai di gente alla ricerca di notizie sono altrettanti quadri che non dimenticherò - credo - tanto facilmente. […] L’esodo dalla città ha assunto proporzioni che superano ogni immaginazione: qualunque mezzo è buono, dall’autocarro al triciclo, dal carro alla bicicletta. Signore in pelliccia sedute sui carri, donne in bicicletta con caricata una coperta e qualche masserizia indispensabile, è una confusione generale di tutti i ceti sociali, riuniti da un unico comune denominatore: il panico.»
Carlo Chevallard, Diario 1942-1945. Cronache del tempo di guerra, Blu Ed., Torino 2005, pp. 26, 27
«La mattina del 21 novembre una parte cospicua di torinesi, praticamente tutti, stabilì perciò di andarsene. Correndo verso la stazione, mentre la folla s’infittiva, potei vedere di sfuggita in via Principe Tommaso gli inutili soccorsi al Politeama Chiarella, dove perirono seppelliti dai tetti e dalle mura spettatori, comici, attrazioni e ballerine, troppo presi dallo spettacolo per accorgersi del pericolo. La voce popolare parlò di una ballerina, mutandine e reggiseno di lamé, estratta dopo tre giorni dalle macerie, che morì in una fuga disperata all’aria aperta, urlando il suo terrore, i capelli divenuti tutti bianchi.»
Aldo Zargani, Per violino solo, Il Mulino, Bologna 1995
03. Luglio 1943: l’incursione più pesante
Nella notte tra il 12 e il 13 luglio 1943 Torino subì il più grande bombardamento aereo mai compiuto in Italia: 762 tonnellate di bombe dirompenti e di spezzoni incendiari furono scaricati sulla città.
«13 luglio 1943. Torino stanotte ha subito una violentissima incursione, effettuata, sembra, da bombardieri americani: violentissima perché equivalente ad almeno tre o quattro delle pur già terribili incursioni dell’inverno. Lo spettacolo di Torino è il solito spettacolo di incubo dell’indomani delle incursioni: gente errante per le strade con carichi di masserizie, mancanza totale di tram, fumigar d’incendii da tutte le parti, zampilli d’acqua in mezzo alle strade. […] Vittime molto numerose perché sono state colpite la zona collinare e la zona di Po, che finora erano state risparmiate. Inoltre, siccome l’allarme è stato dato pochi minuti prima dell’arrivo degli aerei, molta gente che attraverso il Valentino e il ponte Isabella si dirigeva verso la collina è rimasta vittima delle prime bombe. […]
15 luglio 1943. I danni dell’incursione su Torino sono enormi. […] Il gas mancherà per due o tre mesi perché il gasometro è danneggiato assai gravemente […]. Incendii seguitano a fumare ed a scoppiare, favoriti dal tempo asciuttissimo e dalla mancanza d’acqua».
Carlo Chevallard. Diario di guerra 1942-1945. Cronache del tempo di guerra, Blu Edizioni, 2005
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Bombardamenti a Torino
La notte tra l’11 e il 12 giugno 1940 si abbatte su Torino la prima incursione alleata. Le bombe cadono sulla città fino al 5 aprile del 1945, colpendo, oltre alle fabbriche, anche case, edifici pubblici, monumenti e strade, e provocando centinaia di morti tra la popolazione civile.
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Scuole in guerra
Durante la Seconda Guerra Mondiale le scuole svolgono un'importante funzione sociale, aprendo le proprie porte alla cittadinanza e trasformandosi in rifugi antiaerei, luoghi di ricovero per i sinistrati e ambulatori.
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Sfollamento di uomini e decentramento degli impianti
L’incedere dei bombardamenti alleati porta un gran numero di torinesi a lasciare la città: nell’estate del 1943 circa la metà dei torinesi sfolla verso i centri minori considerati più sicuri. Anche alcune industrie, per timore dei danni delle bombe, decidono di decentrare parte della propria produzione.
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Le sirene d'allarme antiaereo
L'allarme antiaereo in città era dato dal suono contemporaneo di 57 sirene dislocate su vari edifici, in particolare scuole, nel 1942-1943. Le sirene sono state rimosse nel 1946-1947.
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Rifugi antiaerei
Quasi tutti i ricoveri pubblici di protezione antiaerea (PPA) vengono costruiti in città tra il 1942 e il 1944 con tecniche antibomba e anticrollo.
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Bombardamenti sulle fabbriche
Obiettivi principali dell’aviazione alleata, le fabbriche torinesi sono al centro dei bombardamenti che si abbattono sulla città. Dopo una prima fase, le incursioni si fanno più frequenti a partire dall’autunno del 1942, provocando ingenti danni agli apparati e ai macchinari degli stabilimenti, che restano sotto il fuoco dei bombardieri alleati fino al 1945.
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Bombardamento 13 luglio 1943
La notte tra il 12 e il 13 luglio 1943 Torino è colpita da una delle più violente incursioni aeree portate avanti dall’aviazione inglese. Sulla città cadono 763 tonnellate di bombe, che provocano la morte di 792 persone e ingenti danni a edifici, infrastrutture e stabilimenti industriali.
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Suggerimenti di lettura
- De Luna, Giovanni, I bombardamenti, in Boccalatte, Luciano - De Luna, Giovanni - Maida, Bruno (a cura di), Torino in guerra: 1940-1945. Catalogo della mostra Torino, Mole Antonelliana, 5 aprile - 28 maggio 1995, Gribaudo, Torino 1995, pp. 21-26
- Baldoli, Claudia, I bombardamenti sull'Italia nella seconda guerra mondiale. Strategia anglo-americana e propaganda rivolta alla popolazione civile, in «DEP Deportate, esuli, profughe. Rivista telematica di studi sulla memoria femminile», n. 13-14, Luglio, 2010, Venezia, pp. 34-49
- Gallo, Marzia, Quel che resta oggi dei rifugi in I rifugi antiaerei di Torino , Persiani, Bologna 2018, pp. 263-299
- I rifugi antiaerei di Torino, Persiani, Bologna 2018
- Imarisio, Elena - Sartoris, Letizia - Sforza, Michele, Salvare Torino e l'arte: storie di interventi per la tutela del patrimonio umano e artistico durante la II guerra mondiale, Graphot, Torino 2018
- Torino, 12 giugno 1940 - 5 aprile 1945: i bombardamenti sulla città, Museo diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà, Torino 2018