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corridoio interno, lungo le cui pareti erano schierati coloro i quali avevano ottenuto

l'ambito privilegio di poter assistere da vicino a quella regia sfilata mattutina

l.

Le Roi - racconta lo scanzonato viaggiatore francese più sopra ricordato - assiste aux offices dans

une tribune d'assez mauvais goGt [.. .]; et les orgues, fort bel1es du reste, sont tel1ement rapprochées

de la famille royale, qu'en outre de l'étourdissement auquel el1es sont peut-etre habituées, le vent

déchainé des pédales basses doit souffler en plein sur les traits augustes de Leurs Majestés

2 .

Seguiva una prima, breve colazione che talvolta, nei giorni di magro, consisteva per

Carlo Alberto in una semplice scodella d'acqua calda in cui egli intingeva del pane

secco. Possiamo supporre che per la Regina la colazione fosse un po' più raffinata e

per i giovani principi un po' più sostanziosa.

Dopo di che Carlo Alberto si chiudeva nel suo studio e cominciava a scrivere. Scri–

vere era un po' la sua mania. Nel primo mattino egli si dedicava soprattutto a scrivere

lettere in quantità impressionante (non le dettava affatto, come facevano di solito i

grandi personaggi, ma le scriveva di proprio pugno) alle varie autorità dello Stato e

particolarmente ai suoi ministri che verso le 8 giungevano al Palazzo dei ministeri

3 ,

palazzo che era ed

è

tuttora collegato a quello Reale da ,un' ala che chiude la piazzetta

omonima a destra di chi guarda da piazza Castell0

4 :

dallo studio del Re agli uffici dei

ministri correvano quindi poche centinaia di metri. In quelle lettere il Sovrano entrava

molto spesso nei minimi particolari dei problemi di carattere amministrativo, finanzia–

rio o militare, come dimostrano le lettere al ministro degli Esteri Solaro della Margari–

ta, o al ministro delle Finanze Ottavio Thaon di Revel e soprattutto come confermano

le numerose lettere a quello che egli usava chiamare «mon ami Villamarina», suo mini–

stro della Guerra sino al novembre 1847, finché le loro relazioni non si guastarono e il

Villamarina fu licenziat0

5 .

Sbrigate le corrispondenze, le quali tuttavia lungo la giornata erano spesso seguite

da brevi biglietti aggiuntivi, il Re, se non si recava ad assistere alle manovre militari in

piazza d'armi con largo e pomposo seguito, come ricorderà Bersezi0

6 ,

cominciava il

ricevimento dei ministri, degli alti funzionari, dei diplomatici stranieri residenti a Tori–

no o di altre personalità di rilievo che avevano ottenuto il privilegio di essere presenta–

te al Sovrano, oppure partecipava alle riunioni del cosiddetto «Consiglio di conferen–

za», una specie di Consiglio dei ministri, a cui potevano partecipare di volta in volta

anche altre personalità, secondo i problemi che vi erano trattati. In queste riunioni

(come risulta dai verbali, solo in parte studiati e in minima parte pubblicati)7, ciascuno

l

Era questo il corridoio lungo il quale, nel settembre

1833, Antonio G allenga, armato di un pugnale che gli

aveva mandato appositamente Mazzini dalla Svizzera e

con un permesso di ingresso concessogli molto incauta–

mente, doveva uccidere il Re al momento del passaggio

verso il Duomo. Ma quando il Re passò, Gallenga non

ebbe il coraggio di compiere l'eroico gesto dalla cui rea–

lizzazione Mazzini pensava di raccogliere chissà quali van–

taggi per la causa della Giovine Italia.

È

inutile dire che

da allora Mazzini e Gallenga diventarono inconciliabili

nemici. Si veda ALDO GAROSCl,

Antonio Gallenga. Vita

avventurosa di un emigrato dell'Ottocento,

Torino, Centro

Studi Piemontesi, 1979, val. I, p. 29 e sgg.

2

Si veda JULES DE GÈRES,

Récits de Suisse et d'ltalie,

Paris-Bordeaux, Ledoyen et Giret, 1854, p. 98.

3

Questo palazzo è ora sede della Prefettura e dell'Ar–

chivio di Stato di Torino.

4

In quest'ala Carlo Alberto aveva fatto compiere un

ampio lavoro di ristrutturazione architettonica per collo–

carvi la sua Armeria e la sua splendida Biblioteca, che

sono colà tutt'oggi a disposizione del visitatore o dello

studioso.

5

Le più importanti raccolte di lettere di Carlo Alber–

to già edite sono elencate in NARCISO NADA,

Il Piemonte

sabaudo dal

1814

al

186 1, in

Storia d'Italia

diretta da GIU-

114

SEPPE GALASSO, val. VIII, tomo II, Torino, UTET, 1993,

p. 450. Quelle al Villamarina sono conservate fra le

Carte

Villamarina

che alcuni anni or sono vennero donate

all'Archivio Storico della Città di Torino. Di queste carte

esiste un inventario molto sommario, da me stesso redatto

e che meriterebbe di essere sostituito da un inventario

analitico. Purtroppo però le lettere di Carlo Alberto con–

servate in tale archivio giungono sino al 1845. Dove sono

finite quelle degli importanti due anni successivi? Le

copie di alcune di esse si trovano comunque nell'Archivio

di Stato di Torino, fra le

Carte Nicomede Bianchi;

una di

esse è riprodotta fotograficamente, nel testo originale, in

NICCOLÒ RODOLlCO,

Carlo A lberto negli anni di regno

1843-1849, Firenze, Le Monnier, 1943, pp. 484-485.

6

Si veda NARCISO NADA,

Carlo Alberto in una appas–

sionata rievocazione di Vittorio Bersezio,

in «Studi Pie–

montesi», novembre 1996, val. XXV, fasc. 2, p. 38l.

7

L'attenzione degli studiosi si è in particolar modo

concentrata sui verbali delle riunioni in cui venne prepa–

rato lo Statuto. Si veda da ultimo GUGLIELMO NEGRI e

SILVANO SlMONI (a cura di) ,

Lo Statuto albertino e

i

lavori

preparatori,

Torino, Fondazione dell'Istituto Bancario San

Paolo di Torino per la Cultura, la Scienza e l'Arte, 1992.

Per quanto riguarda l'azione svolta dal Consiglio comuna–

le di Torino per spingere Carlo Alberto a superare le sue