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Il professar Vittorio Valletta

è

da considerare una delle personalità più rappresentative che Torino e

il

Piemonte ab–

biano dato alla vita nazionale. Nel 1950 gli venne conferit a la medaglia d'oro di benemerenza dell'Università di Torino

uomini di stato. Ma

«

il Professore» non aveva nulla

di teatrale; non condivideva il gusto dell'avventura,

del rischio,' del movimento, così evidente in un En–

rico Mattei;e, pur affrontandoli con molta autorità,

riduceva al minimo gli impegni pubblici . Lavorava

in ufficio, ad orario fisso , mme qualsiasi altro di–

rettore; del potere coltivava la sostanza, non iI pre–

stigio o le forme. Istinto, orgoglio, vocazione, abi–

tudine maturata negli anni di Iavoro accanto al « Se–

natore »; oppure desiderio, più o meno cosciente,

di coltivare la sua «leggenda»? Forse nemmeno gli

intimi saprebbero rispondere. Valletta, comunque,

anche per questi aspetti era un personaggio ecce–

zionale.

"Ai tempi di Valletta"

Sarebbe abbastanza facile raccontare la carriera del

« Professore» in una di quelle biografie edificanti

che 'andavano di moda nell'Ottocento, tipo

Volere

è

potere

di Michele Lessona, impostandola tutta su

pochi temi fondamentali: le virtù dell'uomo che si

è

fatto da sé, la passione e

la

mistica del lavoro,

la fedeltà quasi religiosa all'azienda, lo spirito uma–

nitario, il sincero desiderio di «far star bene la

gente ». Una simile biografia non 8'arebbe falsa; ma

sarebbe inesatta e deformata. Una personalità come

Vittorio Valletta

è,

naturalmente, molto più com–

plessa di qualsiasi visione oleografica. L'ingegno e

il lavoro non bastano a spiegare una grande carriera;

il segreto ultimo va ricercato in una forte passione.

Richelieu diceva che per un unico motivo era riu–

scito a diventare primo ministro: si era proposto fin

dal principio questo solo obbiettivo, e l'aveva perse–

guito con tutte le sue energie. Valletta si era dedi–

cato interamente al successo della Fiat, della « sua»

Fiat, per una serie di ragioni che possiamo intuire,

senza aver la pretesa di chiarirle interamente. Fra

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queste c'erano, non esiste dubbio, la convinzione

che l'automobile è progresso,

il

proposito di diffon–

dere il benessere, una certa fede calvinista (non estra–

nea al temperamento piemontese) nel valore del la–

voro e del successo industriale; ma doveva esserci

anche qualcosa della passione dei costruttori di im–

peri; ed un grande orgoglio. Dalle 21 mila vetture

costruite nel 1946, al milione del 1965: nel suo

ufficio di Mirafiori, Valletta aveva diritto d'essere

convinto di aver speso bene la vita.

Come tutte le personalità eccezionali , anche quella

del «Professore» offre aspetti contradditori, alme–

no in apparenza. Dopo trent'anni al vertice di un

organismo quale la Fiat, non poteva avere molte

illusioni sugli uomini; e tuttavia non perdette mai

(dicono quelli che gli furono vicini) il suo solido

ottimismo: è la forza anche dei grandi

leaders

pc–

litici. Esperto di economia, già do::ente universitario

di organizzazione e tecnica industriale e bancaria,

non rivelava nulla dello scienziato; certo aveva fidu–

cia più nel suo

«

fiuto» che nelle ricerche e nelle pre–

visioni dei cervelli elettronici. Capo di un'azienda

d'avanguardia, direttamente legata alla rapida evolu–

zione della politica interna ed internazionale, segui–

va una linea di paternalismo umanitario, che

ci

riac–

costa

il

principio del secolo: e c'era qualcosa di

deamicisiano nei suoi rapporti, di affetto sincero, con

gli «anziani ». Ma anche nelle vertenze di lavoro

era un combattente tenace, duro, mai sfiorato dal

dubbio sulla bontà della sua causa.

Visto in una prospettiva che non può 'ancora dirsi

storica, ma non

è

più di cronaca quotidiana, Vitto–

rio Valletta ci appare una delle personalità più rap–

presentative del secondo terzo del secolo ventesimo;

certo la più rappresentativa che Torino ed il Pie–

monte abbiano dato alla vita nazionale. Non mi stu–

pirei se fra due o tre lustri, indipendentemente da

ogni giudizio di merito, un buon numero di noi

torinesi dicesse quasi senza ,rendersene conto, per

indicare il periodo attorno agli anni cinquanta: «ai

tempi di Valletta .. ».

Carlo Casalegno