

Protagonista dello
"ito
no%iono'e, occupo"o un gran posto n e llo
spirito
d ei torinesi
Ricordo
di
l'ittorio
l'alletto
Uomo moderno, Vittorio Valletta intese e praticò il lavoro come forma suprema di solidarietà umana
Immagino che a molti di noi torinesi, in questo tri–
mestre, sia accaduto di chiederci che cosa rappre–
senti, al di là della fatale scadenza umana, la morte
di Vittorio Valletta. I necrologi e le commemora–
zioni o rievocazioni di quei giorni d'agosto (alcune
di qualità molto alta) non offrono una risposta;
l'emozione - naturale anche negli avversari - per
Ia
scomparsa di un protagonista così rilevante della
vita nazionale, non consentiva un discorso che in–
quadrasse
il
fatto biografico in una prospettiva piti
ampia. Soprattutto nello spirito dei torinesi, al di
là di ogni giudizio o simpatia personale, Valletta
occupava un gran posto . La sua figura - e non
solo per l'inevitabile identificazione Torino-Fiat -
spiccava con straordinario rilievo sulla vita della cit–
tà, malgrado la discrezione dell'uomo (a buon di–
ritto si sono ricordati, parlando di lui e di Giovanni
Agnelli,
i
principi illuminati del Settecento); ed
attorno al «Professore» - in Fiate fuori, non
occorreva altro nome per indicarlo -- si era creata
una leggenda. Oggi a tre mesi di distanza, vediamo
meglio che la scomparsa di Valletta segna la fine
di un'epoca, chiude un lungo capitolo della storia
economica dell'Italia.
La "civiltà del cavallo"
Nato nel 1883, aveva fatto gli studi tecnici negli
anni in cui il nostro paese, in tanto ritardo sull'Oc–
cidente europeo, era ancora impegnato nel primo de–
collo industriale; è morto mentre l'ItaHa, entrata
ormai nella pattuglia di punta delle nazioni moderne,
sta affacciandosi alla semnda rivoluzione industriale.
Era arrivato in Piemonte dalla natia Liguria a sette
anni, quando durava ancora la « civiltà del cavallo »,
quasi un decennio prima che nascesse la Fiat; alla
sua morte - ed in larga misurà per opera sua --
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