

V eduta del complesso di T orino Esposizioni.
Il V alentino ormai non è più patrimonio
solo di T orino, ma patrimonio ideale
del Piemonte, d'Italia, del mondo,
essendosi connaturato
con le grandi manifestazioni internazionali
vale illustrative di altre edizioni del '400,
sì da formare quasi una silloge di quel–
l'arte nel XV secolo. E ancora , uno di
quei
Livres d 'Heures
in cui elemento
sacro e profano sono frammisti con inter–
pretazione affatto umanistica, secondo lo
spirito un po' scettico degli xilografi del
secolo.
Le ossa di Maria Cristina potevano fre–
mere di gioia nel loro sepolcro: anche
il Castello del Valentino, che essa per
testamento aveva lasciato alle principes–
se di Piemonte perché mantenessero « la
magnificenza delle sue idee », aveva at–
tuato
il
suo scopo, era ormai
il
Politec–
nico, e in esso sedeva la giuria interna–
zionale della Esposizione e vi si tene–
vano congressi di studi d'ogni genere. In
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quell'occasione vi si radunarono allievi di
tutte le scuole d'ingegneria del mondo, e
Paolo Boselli fece loro un'allocuzione
nella lingua universale del mondo civile:
« Juvenes humanissimi qui sodalium in–
vitatione acciti, Augusta Taurinorum
convenistis dum patria italica, facta di–
versis gentibus una et in libertatem vin–
dicata , dies festos celebrat, salvete! Haec
vetustissima urbs in pacifico omnium
gentium certamine novissima humanae
industriae incrementa et miracula osten–
dit , quae e vestrorum studiorum et ra–
tione praesertim pendere videntur ».
Il Pascoli
il
9 gennaio 1911 nella com–
memorazione del Centenario a Bologna,
diceva l'Italia opera di tutte le classi
e di tutte le città, ma
il
Peana a Torino
cantava: «Torino, prima di tutte, pronta
a tutti i sacrifici, capace di tutti gli eroi–
smi, ospitale a tutti gli esuli, fedele a
tutte le sventure..., felice di avere impo–
sto con la sua abdicazione la sola città
per la quale essa poteva abdicare; Torino
per la quale si potrebbe ripetere il mi–
stico enigma : Figlia di tua Figlia, Madre
di tua Madre : l'Italia ».
Le foglie dell'antico bosco sacro ripete–
vano il canto sussurrandoselo l'un l'altra
e vibravano sul capo dei cittadini del
mondo tra le sue piante secolari. Nel
mentre un piemontese partiva a guidare
la prima squadriglia della nuova Arma
azzurra , l'aviazione, verso i deserti libici,
e un altro piemontese costituiva il primo
Gruppo di aviatori civili. Al Valentino
c'era il Padiglione del cielo.
Lungo, ormai troppo lungo sarebbe rian–
dare a tutte le espressioni che
il
nostro
giardino fiorì della sua grazia, dei suoi
colori, dei suoi profumi, origine spesso
di Enti che mantengono tuttora la loro
vitalità.
Superiamo d'un balzo le due guerre,
tralasciamo tutte le istituzioni a carattere
artistico o sportivo che vi si sono impian–
tate, e veniamo al secondo dopo guerra.
Se il Museo Merceologico fu la realizza–
zione di un'idea della Società Italiana
d 'Incoraggiamento per l'Industria Nazio–
nale , ad opera degli operai piemontesi in–
viati alla Prima Esposizione di Londra,
1851 , presidente il Cavour, la riunione
del
lO
aprile 1946 di un gruppo di ope–
ratori economici alla Camera di Com–
mercio, fu il rilancio di Torino, ferita
dalla guerra, nel grande agone industriale .
Viene fondata la « Società del Palazzo del–
le Esposizioni
».
Dov'è questo Palazzo
nel quale si realizzano tutte le avanguar–
die tecniche? Al Valentino, dove nell'11
si era costruito il primo palazzo in ce–
mento armato, quello del Giornale, ac–
canto al Castello medievale, accanto al
Monumento.
Lì
sta la vedetta di Torino
industriale. E anche quando
il
vestire
diverrà attività industriale per il crescere
delle esigenze delle masse, la città del
buon gusto ne prenderà la direzione, per
dare uno stile anche alla massa. Si costi–
tuisce l'Ente Moda e poi il Samia che al
Valentino tengono le loro manifestazioni.
Il « Barba» di Belgrado scriveva in oc–
casione della storica Mostra del Cente–
nario, del 1961 : «Oggi è ancora To–
rino, mentre si annuncia l'era dell'auto–
mazione, ad indicare le strade future
sulle quali il mondo dovrà camminare
».
Storia, tradizione, evoluzione, trasforma–
zione: tutte le antinomie sono possibili
e si traducono in espressioni storiche di
vitalità attuale, immerse in un verde
senza tempo. Il Valentino ormai non è
più patrimonio solo di Torino, ma patri–
monio ideale del Piemonte, d'Italia e del
mondo, essendosi connaturato con le
grandi manifestazioni internazionali.
Ecco uno dei sensi che bisogna saper
cogliere, oltre quello naturalistico este–
tico o quello romantico, da queste zolle
di terra torinese impregnata di passato
e votata al futuro con vocazione ecume–
nica in una ideale continuità.
E il mondo affannoso della tecnica, della
velocità, degli affari, del lavoro, viene
a tuffarsi, a rinfrescarsi nell'eleganza di
un parco reale, nel quale il fasto delle
antiche corti rimane sospeso nell'aria
ad accogliere gli eterni ospiti stranieri,
ambasciatori ora del lavoro e della ci–
viltà, con la consueta, signorile ospitalità.
Piera Condulmer