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Torino ha la più grossa industria automobilistica eu·

ropea, la quarta del mondo. Aveva appena preso

il

diploma di ragioniere quando, all'alba del nostro se–

colo, con

il

ministero Zanardelli - Giolitti le orga–

nizzazioni sindacali dei lavoratori finirono d'essere

considerate movimenti sovversivi,

E:

lo sciopero non

fu più un reato ; è scomparso in pieno neo-capita–

lismo, e dopo 'aver fatto della Fiat l'esempio più

rappresentativo dello spirito neocapitalistico in Ita–

lia. Incominciò a lavorare mentre banche tedesche

e brevetti francesi avevano una parte primaria nel–

l'industrializzazione italiana; l'ultima sua impresa di

grande rilievo, prima di lasciare la presidenza della

Fiat, fu l'accordo per la costruzione di una fabbri–

ca di automobili italiane nell'Urss.

La carriera che Valletta percorse in oltre sessant'anni

di lavoro, può dunque essere vista, simbolicamente,

come un ponte tra l'Italia del passato e l'Italia del

futuro; eppure si ha la certezza che egli appartiene

ad un tempo ormai chiuso. Dirigenti industriali come

«il Professore» non ce ne saranno più, perchè il

mondo dell'economia ha assunto caratteristiche nuo-

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ve. In certo senso, Vittorio Valletta appartiene al

passato non meno di Giovanni Agnelli.

Il fondatore della Fiat, 1« il Senatore », è

il

mas–

simo rappresentante della generazione che creò in

Italia la grande industria moderna, il più notevole

tra i «solitari eroi del capitalismo» di cui scri–

veva Piero Gobetti.

J

morenditore dalle intuizioni

geniali, abile uomo

d'affa~i,

appassionato del lavoro

e della produzione, Agnelli era entrato nell'industria

come in un'avventura, con lo spirito del pioniere,

dello sportivo, ed in certo modo del dilettante; ri–

mase fino alla fine il «padrone ». Valletta era un

professionista ed un «manager »: probabilmente

il

maggior « manager» che abbia avuto l'Italia. Entrò

in Fiat nel 1921, di quasi quarant"anni, avendo

alle spalle una vasta preparazione di professore, di–

rigente, commercialista; pensiamo che Agnelli lo

volle accanto a sé proprio perché esperto di orga–

nizzazione e di tecnica industriale. E Valletta indub–

biamente aveva lo spirito dell'alto funzionario, non

del capitalista ; lo appassionava la direzione, non la

proprietà di un'azienda;

il

lavoro lo interessava più

A sinistra: la firma a Torino

dell'accordo tra l'URSS

e la Fiat per la costruzione

sul Volga di un grandioso

impianto per produzioni

automobilistiche.

Sopra: Valletta ed Agnelli

in udienza da Paolo VI

del denaro. Viene spontaneo di paragonarlo, più che

ad un imprenditore, a uno di quei «grands com–

mis de l'État », che furono la forza delle migliori

burocrazie ottocentesche. Ma anche Valletta fu, a

modo suo, un «capitano solitario ». Per vent'anni,

dopo la scomparsa del senatore Agnelli, governò la

Fiat con un'autorità personale piena ed assoluta, con

poteri di decisione e di comando quali nessun diri–

gente industriale, alla testa di un'azienda da mille

miliardi di fatturato all'anno, mai più potrà avere.

Leader

UniCO

La «direzione collegiale» era assai lontana dallo

spirito di Valletta; e la direzione collegiale, secondo

gli esperti, è diventata una necessità nelle grandi

industrie in quest'ultimo terzo del '900.

Naturalmente, a spiegare l'opera di Vittorio Val–

letta non bastano le caratteristiche dei suoi tempi: