

Il monumentale catalogo delle Cinquecentine piemontesi offre un ampio panorama edi–
toriale regionale fino al 600, di una vastità insospettata; testimonianza preziosa dello svi–
luppo commerciale e industriale dei nostri centri maggiori e minori . Uno dei molti
aspetti della nostra storia e delle nostre città che le lunghe fatiche di Marina Bersano
Begey e di Giuseppe Dondi ci consentono di meglio valutare o addirittura di scoprire
Quasi un'anomalia è apparsa a studiosi
e bibliofili l'esistenza e l'a ttività nel
primo secolo della stampa d'una fami–
glia di editori e tipografi originaria e lar–
gamente operosa dentro e fuori di un
comune ai margini del marchesato di
Monferrato, Trino. Ci si è stupiti di
non trovarne le intraprese legate ad un
particolare fiorire di studi, per il quale
la zona geograficamente al centro della
regione piemontese brillasse per una sin–
golare luce di cultura umanistica (1).
Eppure nè questa riassumeva in sè, a
tutti i livelli, quella del tempo - meno
che meno in un angolo dell'Italia set–
tentrionale aperto solo con qualche ri–
tardo alle novità provenienti dalle al–
tre regioni - nè agli studi letterari ap–
paiono necessariamente legati, secondo
una relazione di causa ed effetto, l'intro–
duzione ed i primi sviluppi della stam–
pa . Si direbbero anzi condizionati , con
maggior frequenza, da incentivi di tut–
t'altro genere: la presenza delle indu–
strie fornitrici della principale, più co–
stosa e ingombrante, materia prima, cioè
delle cartiere ; l'esistenza di nutrite cor–
renti di traffici delle quali potersi av–
valere per lo smaltimento dei prodotti,
le attitudini e l'ingegnosità di un diffuso
artigianato e lo stesso spirito di inizia–
tiva , indispensabile per cimentarsi in
un 'impresa di tipo nuovo, affascinante
quamo si vuole ma dalle prospettive
ancora incerte ed aleatorie, quali sol–
tanto si potevano trovare in una zona
magari non particolarmente doviziosa,
ma già fervida di industrie e di com–
merci anche transalpini .
Attestano l'esistenza, fin dall 'origine , di
questo spirito imprenditoriale così la
diecina di località del Piemonte odierno
da cui uscirono libri, fra il 1472 e il
1486, come il non esiguo manipolo di
stampa tori per lo più oriundi della pro–
vincia di Vercelli, che operarono fuori
di quei limiti, a Savona, a Brescia, a Ve–
nezia , a Lione, fin dagli ultimi decenn i
del '400. Ed il monumentale catalogo
delle
Cinquecentine piemontesi,
ora por–
tato
a
compimento da Marina Bersano
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Begey e da Giuseppe Dondi in tre gros–
si volumi splendidamente illustrati (2),
offre un ampio panorama della produ–
zione editoriale regionale fino al '600,
di una vastità insospettata anche negli
anni fortunosi e travagliati della prima
metà del secolo: tes timonianza prezio–
sa dello sviluppo industriale e commer–
ciale dei nostri centri maggiori e minori,
e anche della loro apertura a corremi
culturali di vario genere, della loro par–
tecipazione ad una comune evoluzione
sociale e intellettuale. Un panorama for–
se un po' difficile da coordinare nell'or–
dinamento alfabetico delle opere pub–
blicate nelle singole località, inerente
al carattere di repertorio (invero pre–
ziosissimo) dell'opera; ma pur sempre
ricostruibile con l'aiuto delle tavole
cronologiche della produzione dei sin–
goli tipografi e dell'indice cronologico
generale alla fine del terzo volume.
Sostanziale unità
Il quadro che ne risulta non è utile sol–
tanto per i bibliofili affascinati dalla
singolare e non più ritrovata bellezza
delle edizioni del secolo XVI , svincolate
dall'imitazione pedissequa del mano–
scritto, ma non dal gusto schietto e so–
vente estroso dell'ornamentazione e del–
l'armonica composizione della pagina.
Rispecchia meglio di qualsias i altro la
sos tanziale unità della nostra regione,
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ritardo rispet to al rimanente
d'Italia sul cammino dell'unificazione
poli tica, eppure attingente non illusorie
affinità etniche, linguistiche, economiche
dal periodo precedente alla divisione
delle marche, cioè dal secolo XI. Affinità
di condizioni che aiutano fra l'altro a
comprendere perchè mai si sia avuta
una più che discreta fioritura di stam–
perie, secondo ritmi e caratteristiche–
analoghi, quasi in ogni angolo delle pro–
vince piemontesi, fra l'ultimo tren–
tennio del '400 ed il primo del '500.
Frontespizio
di
Statuta Sabaudiae
stampato a Torino dai De Silva
(1505,
1513,
1520, 1530)
Alla base di questa fioritura vi sono na–
turalmente dei presupposti di carattere
pratico, artigianali ed economici, come
s'è già accennato: primo fra tutti la vi–
cinanza alle fonti di produzione della
materia prima, incidente sul cos to to–
tale in una misura sovente superio–
re alla composizione ed alla faticosa
tiratura a braccia (3). In Piemonte le
cartiere erano state impiantate assai
presto - a Caselle prima ancora del
'300 - e s'erano moltiplicate quasi a
tutti gli sbocchi di valle, a Pinerolo,
nel Cuneese, nel Biellese; è chiaro che
dovevano lavorare soprattutto per il
mercato francese, largamente importa–
tore di carta fino al '600. Perfettamente
naturale che all'esportazione di carta
grezza si accompagnasse anche quella
di carta stampata, nell'accezione più
umile del termine - sotto forma, vale a
dire, di riedizioni modeste dei testi più
largamente richiesti dal mercato.
È
il
carattere prevalente delle prime edi–
zioni quattrocentesche (il
Confessionale
di Sant'Antonino a Mondovì , il
Manua–
le dei Curati
di Guido di Montrocher,
l'operetta
sulle quattro parti della messa
di Ugo di Saint Cher, lo
Specchio della
vita umana
di Rodrigo Sanchez di Are–
valo edi ti dal saviglianese Cristoforo
Beggiamo, il
Breviario romano
a Tori–
no ), riscontrabile per quasi tutto
il
Cin–
quecento , quasi senz'altre variazioni di
quelle dovute all'evoluzione dei gusti di
un pubblico gradualmente più vasto.
Se ci accingiamo a seguire luogo per
luogo, almeno nelle sue espressioni più
cospicue, la produzione libraria piemon–
tese del secolo XVI , troviamo natural–
mente qualche eccezione a queste leggi
di mercato, come a Saluzzo dove la
liberali tà dei marchesi venne esplicita–
mente indicata (4) quale stimolo alla
pubblicazione dei testi provenienti dal
solido nucleo di cultura fo rmatosi in
quel centro negli ultimi decenni del
Quattrocento. Da Saluzzo erano usciti ,
sembra, tre incunaboli: e tre sole furo–
no le cinquecentine, uscite fra
il
1503 e
il 1507 dai torchi di tre diversi tipo-
grafi, Simone Bevilacqua da Pavia, i
fratelli Le Signerre da Rouen, residenti
e operanti a Milano (e già stampatori,
nel 1500, dell'ultimo di quegli incuna–
boli), Giacomo de' Chirchis da San Da–
miano d'Asti ,
il
quale aveva rilevato
l'attrezzatura e gli splendidi legni incisi
dei predecessori associandosi con Sisto
de' Somaschi di Pavia. Le due ultime,
le quali sono anche le più belle edizio–
ni illustrate uscite dai torchi piemontesi,
non contenevano testi classici o di uma–
nisti , bensì
l'Aureum opus de veritate
contritionis
ed alcuni trattati ed episto–
le, riuniti sotto il titolo di
Opus regale,
di un domenicano venuto da Mondo–
vì, Giovanni Ludovico Vivaldi, defini–
bile piuttosto come « anello di congiun–
gimento fra la cultura teologica tradizio–
nale e la cultura propriamente umani–
stica »( 5). Pure, anche quest'eccezione
venne rapidamente assorbita nella più
corrente produzione a carattere popo–
lare. Cessata come si è detto ogni atti–
vità tipografica a Saluzzo, il materiale
già dei Le Signerre e poi di Giacomo
de' Chirchis
fu
portato dai Berruerio
nel 1508 a Mondovì « in plano vallis »,
e poi, dopo il 1521 , a Savona ; e servì
per parecchi libriccini - insieme, si di–
rebbe, con più rozzi legni impiegati
p~r
immagini religiose.
Per entrambi i tipi di produzione Vin–
cenzo Berruerio (menzionato fino al
1512) ed i suoi successori Giuseppe e
Girolamo, usciti da famiglia notabile
monregalese, dovettero raggiungere una
larga riputazione, riecheggiata nel poe–
metto celebrativo del Piemonte, «pri–
mo fiore» fra tutti i paesi, pubblicato
verso il 1520 a Torino da Pietro Gia–
comelli (6), dove Mandovì viene lodata
in questo modo:
De citadini a l'è ornato
qual sono franchi scuderi
stano tuti in bono stato ,
fano honor a li forestieri ,
de virtute sono altieri,
se delectono in bona arte,
fano stampar foglieti e carte
e libri che gli fano honore.